12/11/14

L’Italia tra alluvioni, frane e valanghe: i numeri di un continuo disastro annunciato

In 100 anni si contano più di 10.000 tra morti, dispersi e feriti. L’82% del territorio nazionale è a rischio idrogeologico, per metterlo in sicurezza ci vorrebbero 40 miliardi, ma lo Stato italiano in 20 anni ne ha messi appena 8.

L’Italia tra alluvioni, frane e valanghe: i numeri di un continuo disastro annunciato.
Alluvioni, frane e valanghe che sommergono persone e città. L’ultimo caso è Chiavari, in Liguria, con il centro storico allagato ieri notte dopo un’ondata di maltempo, con persone tratte in salve dai sommozzatori dei vigili del fuoco. Un territorio in gran parte in dissesto, quello italiano, caratterizzato anche da spregiudicatezza nelle costruzioni di case ed edifici. Oggi il governo Renzi presenta “Gli stati generali contro il dissesto idrogeologico“. L’obiettivo, dicono gli organizzatori, è «far si che le nostre città non siano più indifese» verso questi fenomeni atmosferici. Ma la mappa del dissesto idrogeologico in Italia è allarmante, con i governi e gli enti locali che negli anni non sono stati all’altezza o hanno sottovalutato la gravità della situazione.
Il caso Genova
Appena un mese fa Genova e provincia venivano sommersi da fango e detriti. Nel capoluogo ligure, dopo una grande pioggia, sono esondati alcuni torrenti che attraversano la città, come il Bisagno e il rio Ferragiano. Una stima precisa dei danni economici deve essere ancora fatta, ma si parla «di 10 milioni di euro per la viabilità nella città metropolitana di Genova, 2 milioni e 500 mila euro di interventi urgentissimi, 7 milioni di somma urgenza». Inoltre, la Regione ha calcolato un costo per la parte pubblica di 250 milioni, mentre le associazioni di categoria hanno stimato in 100 milioni i danni per le attività commerciali e produttive. Oltre il dato economico, c’è anche anche quello umano con un morto e circa 100 famiglie sfollate dalle loro case dopo l’alluvione. Dei 2400 negozi chiusi per l’alluvione, ad oggi la metà è riuscita a riaprire.

Un identico dramma si era verificata nel 2011, con Genova e provincia travolte dal fango, dopo una grande alluvione. Quella volta i morti furono sei, con negozi e attività imprenditoriali distrutti. Stesse le cause a quasi tre anni di distanza: cementificazione selvaggia e mancata gestione dell’assetto idrogeologico del territorio, con anni e anni di «sperperi e appalti inutili».

«Secondo il catalogo storico dal Cnr-Irpi (Istituto di ricerca per la protezione idrogeologica) – scrive Tgcom 24 – dal 1970 frane e inondazioni hanno causato oltre 100 tra morti e dispersi, 49 feriti e più di 10.000 sfollati e senzatetto». Sono mancati interventi adeguati. Nel 1970, dopo l’ennesima inondazione di fango, l’onorevole Ciriaco De Mita disse che il Bisagno era «un’emergenza nazionale». Passati quarant’anni, però, non sono state realizzate adeguate operazioni per sistemarlo. Ritardi e problemi che, come scrive Gian Antonio Stella sul Corriere della sera, hanno coinvolto anche altre zone del territorio italiano:

Da quella del Seveso a quella dell’Arno, da quella del Tagliamento («Si discute sulle soluzioni da 48 anni, con 41 milioni da spendere») a quella di Sarno e di Quindici. Dove nel maggio 1998 morirono, travolte dal fango, 160 persone.

“Sapevamo che sarebbe accaduto”
Sapevamo che sarebbe accaduto”. La maggior parte della volte i drammi causati dal dissesto idrogeologico si concludono con questa frase. Partendo dalle Isole, l’alluvione in Sardegna di un anno fa è stata una vera e propria strage: 16 morti, fra le vittime 4 bambini. Tutti sapevano quali rischi stesse correndo il territorio da almeno due anni. Il sindaco di Olbia, Gianni Giovannelli, aveva infatti scritto all’allora governo Monti l’8 novembre 2011. La missiva era indirizzata anche al prefetto di Sassari, alla direzione nazionale della Protezione civile, al presidente della Regione Sardegna, all’assessore regionale ai Lavori Pubblici. Nella lettera, pubblicata da Panorama, il sindaco segnalava un «significativo rischio idrogeologico» riscontrato dopo un sopralluogo del Genio civile e della Protezione civile regionale che, «pur raccomandando l’attuazione del piano predisposto dal Comune» non aveva assunto, al pari di quella nazionale, «alcun impegno al riguardo». Giovannelli chiedeva, quindi, «al fine di evitare la perdita di vite umane», che gli fosse concesso di derogare al Patto di Stabilità e spendere i fondi a disposizione del Comune (circa 32 milioni di euro a fronte dei 27 stimati per gli interventi necessari) per mettere in sicurezza la zona. Ma l’acqua è arrivata prima della risposta del governo.

Senigallia, maggio 2014. 

Dinamiche e voci inascoltate si ripetono anche nel Centro Italia. Dopo l’esondazioe del 2011, a Senigallia era già nato il “Comitato alluvionati Misa“, grazie al quale sono stati recuperati tutti i documenti che attestavano come da allora in poi non si fosse mai smesso di cercare di portare l’attenzione sui rischi idrogeologici della zona. Eppure, «a seguito della prima alluvione non è stato poi effettuato nessun intervento di rinforzo degli argini o di pulizia dell’alveo del fiume». A renderlo noto è un consigliere comunale Roberto Paradisi, parlando di “responsabilità gravissime” in merito alla gestione dell’emergenza dovuta all’alluvione del maggio scorso che ha colpito Senigallia e l’entroterra della Valmisa e in cui hanno perso la vita due persone.


Parma, ottobre 2014.
Anche a Parma, colpita duramente dall’alluvione dello scorso 13 ottobre, che ci fossero problemi si sapeva da tempo. Già nel 2011 era stata approvata una cassa d’espansione per il torrente Baganza, opera che però non è mai stata realizzata. Se fossero stati stanziati gli appositi fondi da Regione e governo forse sarebbe stato possibile evitare il disastro che ha colpito 9 mila famiglie e circa mille abitazioni. Eppure, un ex assessore provinciale, Andrea Fellini, aveva segnalato la situazione al governo più volte, anche con una lettera inviata il 4 agosto in cui riferiva ai ministri competenti le criticità della zona e gli interventi necessari, tra cui proprio la realizzazione della cassa d’espansione per il Baganza. Lettera che non ha mai ricevuto risposta.

I numeri del dissesto idrogeologico
Il bollettino dei danni e dei morti causati dal dissesto idrogeologico in Italia è pesantissimo. Nell’ultimo rapporto (del 2013) Ance Cresme, intitolato “Dobbiamo avere paura della pioggia?“, c’è scritto che in poco più di 100 anni si contano 12.600 tra morti, dispersi e feriti: «Tra il 2002 e il 2014 ci sono stati 293 morti. Solo l’anno scorso 24». Il rapporto spiega che l’82% del territorio nazionale è a rischio idrogeologico, con «oltre 5 milioni e 700 mila di cittadini che vivono in un’area di potenziale pericolo». Tra il 2001 e il 2013 questo dato è cresciuto del 5,1%.


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