15/12/13

Italia blocca accordo Ue su biocarburanti poco green

Insieme a Benelux e Danimarca per favorire biofuel più verdi di seconda generazione non da colture alimentari 

Il governo italiano, insieme a Olanda, Belgio, Lussemburgo e Danimarca, ha bloccato al Consiglio dell’energia dell’Unione europea l’accordo sui biocarburanti di prima generazione, cioè quelli ricavati da colture alimentari come mais, colza e olio di palma, molto criticati anche da organizzazioni internazionali come Fao e Unep, e da Ong come Oxfam perché favoriscono il land grabbing nei Paesi del Terzo mondo. Se ne riparlerà il prossimo anno, forse nella seconda metà del 2014 quando la presidenza dell’Ue sarà in mano proprio all’Italia. Per chi aveva proposto questo accordo «al ribasso», la presidenza di turno della Lituania, è uno smacco politico. A vincere è stata «una coalizione esotica fra chi è troppo ambizioso e chi lo è poco», ha spiegato il ministro dell’Energia lituano Jaroslav Neverovic. Infatti insieme ai cinque Paesi «progressisti» citati, si sono schierati anche quelli più «conservatori» in materia di biofuels, Polonia e Ungheria, ma per i motivi opposti: ossia l’accordo raggiunto dalla presidenza lituana era troppo avanzato.
L’accordo - L’accordo prevedeva infatti un tetto abbassato al 7% - rispetto al 10% indicato da precedenti obiettivi Ue (Renewable Energy Directive) - dei biocarburanti di prima generazione entro il 2020 nel settore trasporti. Ma la Commissione europea aveva proposto un limite più basso: il 5%. «Riteniamo troppo alta la soglia del 7%, e inoltre è necessaria una soglia per i biocarburanti di seconda generazione, per la quale abbiamo proposto il 2,5%», ha spiegato la posizione italiana il sottosegretario allo Sviluppo economico, Claudio De Vincenti. I carburanti di seconda generazione sono quelli derivati da scarti agricoli o da colture non alimentari, nei quali l’Italia è all’avanguardia per le tecnologie di trasformazione (mentre l’accordo veniva bocciato, la Banca europea degli investimenti stanziava 65 milioni di euro per i progetti di ricerca e sviluppo di Biochemtex, del gruppo Mossi & Ghisolfi, per le tecnologie di produzione dei biocarburanti di seconda generazione). «Tutti gli Stati membri sono concordi sulla necessità di agire», ha sottolineato il commissario europeo all’Energia, Günther Öttinger, che si è detto «ottimista» sulla futura adozione della nuova normativa. «A questo mancato accordo deve seguire un rinnovato impegno per far ripartire il negoziato su nuove basi più in linea con le proposte della Commissione e del Parlamento europeo», hanno commento Oxfam Italia e ActionAid.

Tetto
- «Alzare il tetto dal 5% proposto dalla Commissione europea al 7% vuol dire mettere nei serbatoi delle nostre vetture una quantità addizionale di cibo sufficiente a sfamare 69 milioni di persone ogni anno», ha spiegato Marco De Ponte, segretario generale di ActionAid. Soddisfatta dalla posizione assunta dall’Italia Elisa Bacciotti, direttrice Campagne di Oxfam Italia. «Oltre 23 mila cittadini italiani avevano firmato la petizione No Food For Fuel. Chiediamo al governo italiano di continuare a lavorare in sede europea per un limite al 5%».

Critici - Oltre al tetto del 7%, il negoziato è fallito anche sulla contabilizzazione di tutte le emissioni di carbonio (dirette e indirette) provocate dai biocarburanti. «Il compromesso era pessimo, ma l’attuale status quo è ancora peggio», ha detto Nusa Urbancic, responsabile per i combustibili puliti del gruppo di pressione Transport & Environment. «Portare il limite dal 5 al 7% comunque significava emettere 400 milioni di tonnellate in più di CO2». «Ma è realistico pensare di contabilizzare gli effetti indiretti dei biocarburanti quando non hanno ancora basi scientifiche solide?», si chiede Gianpietro Venturi, chairman della Piattaforma nazionale biocarburanti Biofuels Italia. «È indispensabile intensificare la ricerca per eventualmente introdurre anche questo ulteriore parametro» ed evitare «decisioni avventate», prosegue Venturi. Di parere opposto Bacciotti di Oxfam Italia: «Contabilizzare tutte le emissioni di carbonio associate ai biocarburanti è indispensabile perché solo così i biofuels potranno davvero contribuire in maniera coerente agli obiettivi di sicurezza alimentare e di lotta ai cambiamenti climatici».

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