14/12/13

Economia verde, Strasburgo punta sulle imprese ecologiche per vincere la crisi

Una risoluzione del Parlamento europeo chiede alla Commissione di incentivare ecoinnovazione e definire meglio i "green jobs". Nel settore, in continua crescita, in quattro anni sono stati creati 600mila nuovi posti di lavoro, per un fatturato annuo di oltre 300 miliardi di euro.

Economia verde, Strasburgo punta sulle imprese ecologiche per vincere la crisiEcoinnovazione e lavori verdi, ecco come si combatte la crisi. È il messaggio del Parlamento europeo che giovedì 12 ha approvato a Strasburgo la relazione Ecoinnovazione occupazione e crescita mediante la politica ambientale. I numeri parlano da sé: le imprese ecologiche europee producono un fatturato annuo di 319 miliardi di euro (il 2,5% del Pil dell’Ue) e impiegano attualmente 3,4 milioni di persone. Si tratta di uno dei pochi settori economici che ha continuato a crescere in anni di recessione, sia pur meno che prima della crisi.

Tra il 2004 e il 2008 sono stati creati circa 600mila nuovi posti di lavoro in questo settore che vanta un tasso annuale di crescita dell’occupazione di circa il 7 per cento. Negli ultimi anni sono stati creati circa un milione di nuovi posti di lavoro verdi e in molti Paesi le tecnologie verdi (dette anche tecnologie pulite) sono già tra i maggiori datori di lavoro dell’economia europea. Solo in Germania, tanto per fare un esempio, contribuisce all’8 per cento del Pil e si stima che salirà al 14 per cento entro il 2020. In Austria il 4,8 per cento del totale dei lavoratori dipendenti è impiegato nel settore dell’economia verde che, nonostante la crisi economica, è cresciuto dello 0,6% dal 2010 al 2011.
Con l’approvazione di questa risoluzione (che tuttavia non ha valore legislativo) il Parlamento europeo chiede alla Commissione europea più coraggio nell’incentivare l’ecoinnovazione e una migliore definizione di “lavori verdi”. Questa definizione, secondo gli eurodeputati, dovrebbe includere anche norme minime relative alle condizioni di lavoro e servire per calcolare gli effetti sull’occupazione netta della creazione di occupazione e di crescita verdi.

Eppure in Italia il concetto di ecoinnovazione non ha ancora attecchito come dovrebbe. A dirlo è stato il ministro dell’Ambiente Andrea Orlando all’apertura della Conferenza nazionale su La natura dell’Italia: “A volte ho come l’impressione che il nostro Paese non abbia consapevolezza di cosa già oggi rappresenti l’economia verde”. Anche qui a parlare sono i numeri: secondo il ministro i “green jobs”, per dirla all’inglese, sono più di 3 milioni, con oltre 50mila assunzioni solo nel 2013. Una spinta all’Italia per investire nel settore l’ha data anche il Commissario Ue all’Ambiente, lo sloveno Janez Potočnik, in visita a Roma in questi giorni: “Per me la via per la prosperità mondiale è chiara. Sarà determinata dal modo in cui gestiamo le risorse naturali del pianeta e gli ecosistemi soggiacenti”.

Eppure in Europa, nonostante qualche esempio virtuoso, una certa economia verde resta un settore di nicchia. Nathalie Girouard, responsabile dell’unità crescita verde dell’Ocse, si è recentemente detta “rammaricata” del fatto che a livello nazionale ci sia così poca coordinazione tra i vari dipartimenti e ministeri. “Se in un governo, il ministero dell’energia finanzia i combustibili fossili, mentre quello delle finanze cerca di far entrare in vigore una tassazione verde, allora gli investitori si trovano di fronte a un vero problema”.

Eppure l’Ue mette a disposizione cospicui fondi per finanziare l’ecoinnovazione e l’imprenditorialità ambientale. Fino a quest’anno solo per l’ecoinnovazione erano a disponibili 433 milioni di euro nell’ambito del Programma quadro per la competitività e l’innovazione (Cip). A questo bisogna poi aggiungere i finanziamenti del programma Life+ che cofinanzia progetti che contribuiscono allo sviluppo e alla dimostrazione di approcci politici, tecnologie, metodi e strumenti innovativi, rivolti principalmente al settore pubblico. A partire dal 2014, la principale fonte di finanziamento sarà Horizon 2020, il nuovo programma Ue di ricerca e innovazione 2014-2020. Esiste addirittura un Piano d’azione per le tecnologie ambientali (EcoAP) che vuole, tra le varie cose, informare sull’esperienza maturata finora in Europa, promuovere le pratiche virtuose e fare luce sui finanziamenti a disposizione.

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