09/01/15

Ilva, arriva nuovo fondo pubblico per le imprese


Il nome è ancora da trovare perchè, almeno per il momento, è semplicemente un progetto che si sta delineando.

Ma le riflessioni in corso sono ormai a buon punto e, entro poche settimane, si capirà quali scelte verranno fatte sulla nascita di un nuovo strumento pubblico per il risanamento e rilancio d'imprese in crisi che però hanno una caratteristica fondamentale: l'essere strategiche per il Paese. E, va aggiunto, non decotte pur attraversando momenti difficili. Punto di partenza è la constatazione emersa nel confronto sul caso Ilva: la mancanza della possibilita d'intervento del governo quando sono in gioco i destini di grandi aziende vitali per l'economia che, abbandonate ai loro destini, avrebbero conseguenze pesantemente negative su settori ampi dell'industria manifatturiera e dell'economia. Paradossalmente uno dei principali sostenitori della necessità di provvedere è il manager che rappresenta, quasi per definizione, l'emblema dell'imprenditoria privata di successo nel mondo: Andrea Guerra, fino a pochi mesi fa amministratore delegato di Luxottica e ora in filo diretto con il presidente del Consiglio Matteo Renzi.La necessità di provvedere è ampiamente condivisa sia da altri consulenti del governo chiamati ad occuparsi dell'Ilva, per esempio Marco Simoni, economista e politologo (insegna alla London school of economics), sia dal ministero per l'Economia e da quello per lo Sviluppo economico. L'Ilva, se questo accadrà, diventera' il laboratorio in cui sperimentare formule diverse e innovative. Il rischio è che la soluzione non sia all'altezza delle necessità perchè frutto dell'emergenza. Il nuovo strumento d'intervento pubblico, infatti, sta nascendo per trovare un'alternativa all'entrata in Ilva della Cassa depositi e prestiti (Cdp), a cui fa capo il Fondo strategico italiano (Fsi). Per evitarla l'amministratore delegato della Cdp, Giovanni Gorno Tempini, si è speso con determinazione assoluta, appoggiato dall'azionista di minoranza, le fondazioni. La motivazione, peraltro incontrovertibile, è che gli statuti di Cdp e Fsi stabiliscono il divieto di rilevare partecipazioni nelle aziende in crisi. L'opposizione, sia pure dietro le quinte, è stata ferma, arrivando fino a sottolineare l'inopportunità di mettere a rischio la colonna portante del gruppo, e cioe' la raccolta del risparmio postale, decisiva per i conti dello Stato. In più èstato fatto pesare che l'intervento della Cdp era destinato alla bocciatura in sede europea in quanto aiuto di Stato a sostegno di un'azienda in crisi e, come tale, vietato. Preoccupazioni condivise dal ministero dell'Economia che prima ha frenato l'intervento diretto in Ilva della Cdp o tramite Fsi e, successivamente, ha avuto un ruolo decisivo nell'archiviarlo. L'errore grave sarebbe la nascita di un fondo per le ristrutturazioni di grandi aziende strategiche senza competenze adeguate e mezzi, con la possibilita' che risulti semplicemente un modo per salvare posti di lavoro nell'immediato pubblicizzando le perdite e privatizzando i profitti a risanamento avvenuto. "Certo può servire a sanare l'emergenza ed evitare la svendita degli impianti siderurgici tra i più importanti d'Europa", commenta Roberto Crapelli, amministratore delegato della Roland Berger italiana, leader nella consulenza strategica. "Cosi' sara' possibile superare momenti difficili senza gravare ulteriormente sulle banche creditrici. Ma da sola una iniziativa del genere non basta per garantire risultati di sistema. Occorre fare di più. Occorrono scelte di politica industriale che, diversamente dal passato, non siano interventi di salvataggio a carico dello Stato. Il contributo pubblico dev'essere il segnale che richiama l'attenzione e favorisce operazioni di mercato, con l'intervento diretto di capitali privati a garanzia che non si tratti semplicemente di aiuti dello Stato ad imprese in difficolta'". Proprio questo è un aspetto decisivo per evitare la bocciatura in sede europea. Resta il fatto che va superato un secondo limite: la mancanza di risorse umane e competenze adeguate. La necessità è che il nuovo ente abbia una struttura snella, ma adeguata per svolgere un ruolo strategico. In caso contrario risulterebbe un semplice pannicello caldo in attesa di tempi migliori, che potrebbero non arrivare.
(ANSA). (di Fabio Tamburini)

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