05/01/15

Concessioni petrolifere: la Croazia autorizza e si accaparra l’oro nero sotto l’Adriatico

Le trivelle del petrolio arrivano in Adriatico ma dalla parte croata, l’ENI ha infatti ottenuto la concessione dal Governo Croato per cercare il petrolio a ridosso delle acque territoriali italiane. E la faccenda rischia di tramutarsi in beffa per l’Italia.

Dopo che per anni è aperta aspramente la lotta tra chi vuole le trivelle per le ricerche petrolifere e le associazioni ambientaliste italiane che hanno espresso il loro fermo no per i rischi ambientali connessi. Il governo croato adesso stima investimenti da 2,5 miliardi per le esplorazioni nei prossimi cinque anni e incasserà subito 100 milioni di dollari.
Giunto a scadenza lo scorso 3 novembre il primo bando internazionale per l’esplorazione e lo sfruttamento di eventuali riserve di idrocarburi offshore nel mare Adriatico, un comitato di esperti, con in testa il ministro dell’Economia, Ivan Vrdoljak, è stato impegnato per due mesi nella valutazione delle offerte fatte dalle società che hanno presentato i loro progetti di sfruttamento dei blocchi marittimi (ogni blocco è compreso tra i 1.000 e i 1.600 km quadrati). Tenuti conto delle summenzionate valutazioni, il 2 gennaio, nel corso della prima riunione dell’Esecutivo, sono stati ufficializzati i vincitori.
Ad aggiudicarsi le concessioni governative sono stati due consorzi e una compagnia. A fare la parte del leone è stato il consorzio formato dall’austriaca OMV e la statunitense Marathon Oil Corporation che si sono aggiudicati sette blocchi (Nord Adriatico 8, Adriatico centrale 10,11,22,23 e Sud Adriatico 27,28). La compagnia croato-ungherese INA (gruppo MOL) ha ottenuto due licenze (Sud Adriatico 25 e 26), mentre il consorzio dell’italiana Eni e dell’inglese MedOilgas una (Adriatico centrale 9).

Nel recente passato, la Croazia ha dichiarato apertamente di voler diventare una “piccola Norvegia”. Il fatto che le esplorazioni possano partire mette poi in imbarazzo l’Italia: come già emerso in passato, i giacimenti si estenderebbero infatti anche sotto le acque territoriali del Belpaese, che però sarebbe escluso dal loro sfruttamento se l’accesso avvenisse da parte croata. Per di più, vista la conformazione del mare, eventuali danni ambientali sarebbero ben vicini. La decisione è stata criticata da rappresentanti del settore turistico del Paese croato, che oggi vale oltre il 15% del Pil, e dalle associazioni ambientaliste secondo le quali le esplorazioni offshore avranno un impatto negativo sulle coste che attirano ogni anno 12 milioni di visitatori. Il governo croato inoltre non ha richiesto alcuno studio di impatto ambientale.

L’Italia per il momento resta a guardare, in attesa del decreto Sblocca Italia approvato la scorsa estate che allargherebbe di molto le maglie per la concessione di autorizzazioni alla ricerca di idrocarburi. E il ministro Federica Guidi ha chiarito più volte di voler rilanciare le trivellazioni in mare “per arrivare ad una bolletta energetica più leggera e sostenibile”.

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