Dal
dossier presentato in Commissione Agricoltura risultano oltre seimila
roghi da gennaio 2012
Da gennaio 2012
nell'area della terra dei fuochi (province di Napoli e Caserta) ci sono
stati oltre 6 mila roghi di rifiuti (materiali plastici, scarti di
lavorazione, pellame) con i fenomeni di abbandono incontrollato e
smaltimento abusivo che comportano rischi di inquinamento del suolo,
dell'atmosfera e delle acque sotterranee. E' quanto si legge nel dossier
presentato dalla Coldiretti nel corso dell'audizione alla Commissione
Agricoltura della Camera dei deputati in merito all'esame del disegno di
legge di conversione del decreto legge 10 dicembre 2013, n.136,
Disposizioni urgenti dirette a fronteggiare emergenze ambientali ed
industriali ed a favorire lo sviluppo delle aree interessate. In via
più generale, occorre sostiene la Coldiretti rendere efficaci e
tempestive le azioni di bonifica dei siti contaminati e l'attivazione
delle misure di emergenza e di messa in sicurezza; sbloccare i fondi
esistenti e recuperare nuove risorse economiche (ad esempio proventi dei
beni confiscati alle mafie) da destinare prioritariamente agli
interventi di bonifica ma anche come indennizzo alle comunitÃ
danneggiate (attività agricole, comunità locali, altre attività ,
ecc..). Sarebbe anche interessante avviare un percorso teso ad includere
nella nozione di danno ambientale il danno alle produzioni tipiche. Nel
provvedimento occorre evitare sottolinea la Coldiretti che gli
imprenditori agricoli, sui terreni dei quali sia riscontrata una
contaminazione della quale non sono responsabili, subiscano, oltre ai
danni derivanti dallo stato di compromissione ambientale ed alla perdita
di reddito connessa all'impossibilità di commercializzare i propri
prodotti, anche gli oneri di un procedimento di bonifica".
"Sembra assurdo, infatti,
che sostiene la Coldiretti nell'impossibilità di individuare il
reale responsabile delle attività illecite e dell'inquinamento, gli
imprenditori agricoli debbano sopportare conseguenze drammatiche ed
inique, perdendo la propria attività e la proprietà dei terreni. Le
criticità ambientali di un'area sostanzialmente ristretta hanno
danneggiato l'immagine complessiva della produzione agroalimentare
dell'intera Regione. Ne consegue la necessità di predisporre una
adeguata mappatura e delimitare le aree a rischio (come previsto dal
decreto legge 10 dicembre 2013, n.136) ed attivare un piano di controlli
diffusi. Al riguardo, si sottolinea, però, come sia indispensabile
evitare che la delimitazione dei terreni non idonei alla produzione
agroalimentare venga effettuata sulla base di mere presunzioni di
rischio. Considerata la particolare onerosità dei provvedimenti
adottati, è necessario un completo approfondimento sulla ricaduta che,
in concreto, abbiano i contaminanti sulle specifiche colture o attivitÃ
agricole in atto e sui prodotti alimentari da esse derivanti. Si
tratta, piuttosto, di valutare la qualità , quantità ed anche
persistenza dei contaminanti e le ripercussioni effettive degli stessi
sulla sicurezza alimentare, come definita e disciplinata dal Regolamento
comunitario n.178/2002 del 28 gennaio 2002. Il decreto legge, sul
punto, non sembra chiarissimo e sostiene la Coldiretti dovrebbe
essere integrato. A garanzia dei consumatori, è necessario secondo la
Coldiretti, predisporre appositi strumenti di certificazione volontaria
dei prodotti (con la collaborazione di enti e istituzioni pubbliche (ad
es. Asl), che non preveda apposizioni di marchi o segni distintivi dei
prodotti, ma utilizzati per intense campagne di marketing volte a
ricostituire la necessaria fiducia, presso i consumatori, circa
l'origine dei prodotti da quell'area di cui, comunque, risulta
confermata la conformità ai parametri positivi. Occorre individuare
nelle aree contaminate alternative produttive a quelle alimentari (ad
esempio: colture "no food" a fini agroenergetici) oppure promuovere
colture che non risultano compromesse dagli inquinanti rilevati (ad es.
che non necessitano di irrigazione, quando l'inquinamento provocato dai
rifiuti impatta soprattutto sulla qualita' delle acque)".
"In ogni caso,
appare necessario integrare le disposizioni del decreto legge n.136
delegando il Ministero dell'ambiente a procedere alla definizione di
parametri di riferimento per l'impiego delle acque ad uso irriguo su
colture alimentari e delle relative modalita' di analisi, in modo da
garantire la tutela dell'ambiente e della salute. La qualità delle
acque destinate ad uso irriguo, infatti, costituisce un requisito
essenziale per il rendimento delle coltivazioni, la produttivita' del
suolo e la protezione dell'ambiente e della salute. sembra necessario
intervenire chiede la Coldiretti per differenziare le ipotesi di
combustione controllata dei residui vegetali sul luogo di produzione,
rispetto alle ipotesi delittuose oggetto di intervento nel decreto
legge. La formulazione della norma contenuta nel decreto, seppure
condivisibile nell'ottica di reprimere le attività illecite di
combustione di rifiuti, rischia di essere applicata conclude la
Coldiretti anche alle attività di combustione controllata effettuata
dagli imprenditori agricoli o dai privati proprietari di orti o
giardini, secondo normali pratiche e consuetudini".
(ilVelino/AGV NEWS)
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