"Sembra assurdo, infatti, che sostiene la Coldiretti nell'impossibilità di individuare il reale responsabile delle attività illecite e dell'inquinamento, gli imprenditori agricoli debbano sopportare conseguenze drammatiche ed inique, perdendo la propria attività e la proprietà dei terreni. Le criticità ambientali di un'area sostanzialmente ristretta hanno danneggiato l'immagine complessiva della produzione agroalimentare dell'intera Regione. Ne consegue la necessità di predisporre una adeguata mappatura e delimitare le aree a rischio (come previsto dal decreto legge 10 dicembre 2013, n.136) ed attivare un piano di controlli diffusi. Al riguardo, si sottolinea, però, come sia indispensabile evitare che la delimitazione dei terreni non idonei alla produzione agroalimentare venga effettuata sulla base di mere presunzioni di rischio. Considerata la particolare onerosità dei provvedimenti adottati, è necessario un completo approfondimento sulla ricaduta che, in concreto, abbiano i contaminanti sulle specifiche colture o attività agricole in atto e sui prodotti alimentari da esse derivanti. Si tratta, piuttosto, di valutare la qualità , quantità ed anche persistenza dei contaminanti e le ripercussioni effettive degli stessi sulla sicurezza alimentare, come definita e disciplinata dal Regolamento comunitario n.178/2002 del 28 gennaio 2002. Il decreto legge, sul punto, non sembra chiarissimo e sostiene la Coldiretti dovrebbe essere integrato. A garanzia dei consumatori, è necessario secondo la Coldiretti, predisporre appositi strumenti di certificazione volontaria dei prodotti (con la collaborazione di enti e istituzioni pubbliche (ad es. Asl), che non preveda apposizioni di marchi o segni distintivi dei prodotti, ma utilizzati per intense campagne di marketing volte a ricostituire la necessaria fiducia, presso i consumatori, circa l'origine dei prodotti da quell'area di cui, comunque, risulta confermata la conformità ai parametri positivi. Occorre individuare nelle aree contaminate alternative produttive a quelle alimentari (ad esempio: colture "no food" a fini agroenergetici) oppure promuovere colture che non risultano compromesse dagli inquinanti rilevati (ad es. che non necessitano di irrigazione, quando l'inquinamento provocato dai rifiuti impatta soprattutto sulla qualita' delle acque)".
"In ogni caso, appare necessario integrare le disposizioni del decreto legge n.136 delegando il Ministero dell'ambiente a procedere alla definizione di parametri di riferimento per l'impiego delle acque ad uso irriguo su colture alimentari e delle relative modalita' di analisi, in modo da garantire la tutela dell'ambiente e della salute. La qualità delle acque destinate ad uso irriguo, infatti, costituisce un requisito essenziale per il rendimento delle coltivazioni, la produttivita' del suolo e la protezione dell'ambiente e della salute. sembra necessario intervenire chiede la Coldiretti per differenziare le ipotesi di combustione controllata dei residui vegetali sul luogo di produzione, rispetto alle ipotesi delittuose oggetto di intervento nel decreto legge. La formulazione della norma contenuta nel decreto, seppure condivisibile nell'ottica di reprimere le attività illecite di combustione di rifiuti, rischia di essere applicata conclude la Coldiretti anche alle attività di combustione controllata effettuata dagli imprenditori agricoli o dai privati proprietari di orti o giardini, secondo normali pratiche e consuetudini".
(ilVelino/AGV NEWS)
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