La decisione governativa di sposare” Rovigo a Verona, del resto, era stata accolta in maniera favorevole dalla maggioranza degli operatori economici, seppure i veronesi avessero subito sottolineato che, con 100mila imprese contro 26mila, il baricentro del nuovo territorio sarebbe per forza stato sotto l’Arena. Altro motivo di perplessità, la dimensione della nuova, ipotizzata provincia: dal Garda all’Adriatico, un biscione bislungo schiacciato dal peso della sovrastante Padova e che rischia di essere indebolita dall ’interesse prevalente dei Comuni della fascia destra del Po (da Ficarolo a Porto Tolle) ad un rapporto con gli omologhi del Ferrarese. In concreto, sembra poco realistico che a Rovigo si possa pensare di tagliar fuori Ferrara dai progetti di sviluppo, se non altro perché l’impone il Po e tutto quanto si sta muovendo attorno. Gli esempi sono innumerevoli, basti citare il convegno interprovinciale del 13 luglio scorso che ha riattivato il progetto “Valle del fiume Po” sulla «conservazione dell’integrità ecologica della fascia fluviale e della risorsa idrica del fiume Po», e sulla «valorizzazione del patrimonio culturale e turistico della regione fluviale». C’erano 180 milioni di euro a disposizione in una delibera Cipe 2007, che poi finirono al sistema di navigazione sul lago di Como e per salvare Catania e Palermo. L’impegno preso in quel tavolo dai deputati di tutti i territori interessati, compresi Sandro Bratti e Maria Teresa Bertuzzi, fu di interpellare i ministri per «verificare la reale sostenibilità economica delle due progettualità».
Stefano Ciervo
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