09/07/13

Clima. Iea: febbre sale, si allontana soglia limite +2 gradi siamo sopra 400 ppm Co2, da energia fossile oltre +80% emissioni

"Il mondo si sta allontanando dall'obiettivo concordato dai governi di limitare l'aumento della temperatura media globale nel lungo termine entro i 2 gradi Celsius". Cosi' il rapporto speciale parte del 'World energy outlook (Weo) 2013' dell'International energy agency sui mutamenti climatici 'Redrawing the Energy-Climate Map'  ('Ridisegnare la mappa energetico-climatica') presentato lo
scorso 10 giugno a Londra e di nuovo oggi al ministero degli Affari esteri nel corso del convegno 'Energia e clima: sinergie a sostegno della sostenibilita'' al quale ha partecipato il direttore esecutivo dell'Iea Maria van der Hoeven. "Le emissioni mondiali di gas ad effetto serra sono in rapida crescita e, a maggio 2013, i livelli di concentrazione del diossido di carbonio (CO2) in atmosfera hanno superato la soglia delle 400 parti per milione per la prima volta da diverse centinaia di millenni segnala l'Iea secondo la maggior parte degli studi scientifici in materia, il cambiamento climatico e gia in corso e dovremmo aspettarci il verificarsi di eventi climatici estremi (come tempeste, inondazioni e ondate di calore) con maggiore frequenza ed intensita, cosi come lüfaumento delle temperature su scala globale e lüfinnalzamento del livello dei mari"
Considerando le politiche gia implementate, o quelle attualmente perseguite, "risulta piu probabile che l'aumento della temperatura media mondiale nel lungo termine sia compreso tra i 3,6 e i 5,3 gradi (rispetto ai livelli pre-industriali) con gran parte di questo incremento concentrato nel secolo in corso", spiega il rapporto speciale parte del 'World energy outlook (Weo) 2013' dell'Iea. Anche se l'azione intrapresa a livello globale non e' ancora sufficiente a contenere l'aumento della temperatura entro i 2 gradi, "questo obiettivo rimane tuttora tecnicamente raggiungibile pur essendo estremamente difficile". Per tenere aperta la porta dei 2 gradi, "e' necessario intraprendere unüfazione forte prima del 2020, data entro la quale entrera in vigore un nuovo accordo internazionale sul clima- avverte l'Iea- l'energia si pone al centro di questa sfida: il settore energetico conta per circa i due terzi delle
emissioni di gas ad effetto serra, poiche oltre l'80% del consumo mondiale di energia viene soddisfatto da fonti fossili".

L'International energy agency segnala "quattro politiche energetiche possono mantenere fattibile"
l'obiettivo dell'aumento della temperatura globale entro i 2 gradi, quattro politiche per "tenere la porta aperta" alla speranza di riuscirci. Quali sono? No a nuove centrali a carbone di vecchia tecnologia "subcritica" (i piu' recenti sono 'supercritici', ndr), misura che varrebbe il 21% della riduzione
delle emissioni; no a estrazione di gas e petrolio che rilascino metano in atmosfera con gas flaring (la pratica di bruciare il gas associato al petrolio a bocca di pozzo, uno spreco e un colpo al clima, ndr) e gas venting (il rilascio di gas incombusti in atmosfera per garantire sicurezza nel corso delle varie
lavorazioni e dei processi di trattamento, ndr), valore il 18% dei tagli; accelerare la parziale  eliminazione dei sussidi ai combustibili fossili, per un 12% del risultato in termini di riduzione; adottare misure specifiche per l'efficienza energetica (da cui potrebbe derivare ben il 49% dei risparmi complessivi). Cosi' il rapporto speciale parte del 'World energy outlook (Weo) 2013' dell'Iea sui mutamenti climatici 'Redrawing the Energy-Climate Map' ('Ridisegnare la mappa energetico-climatica') presentato lo scorso 10 giugno a Londra e di nuovo oggi al ministero degli Affari esteri nel corso del convegno 'Energia e clima: sinergie a sostegno della sostenibilita'' al quale ha partecipato il direttore esecutivo dell'Iea Maria van der Hoeven.

Nel quadro delle proposte del rapporto Iea 'Redrawing the Energy-Climate Map', si deve "assicurare che non vengano costruiti nuovi impianti a carbone a pressione subcritica si legge nel rapporto e limitare l'uso di quelli meno efficienti gia' in funzione ridurrebbe le emissioni di 640
Mt nel 2020 e contribuirebbe anche a contenere lüfinquinamento atmosferico a livello locale".
A livello mondiale, "l'uso di questi impianti risulterebbe inferiore di un quarto rispetto a quello altrimenti atteso nel 2020". In parallelo, "aumenterebbe la quota di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili (da circa il 20% attuale al 27% nel 2020), cosi come quella generata da gas naturale".
Politiche volte a ridurre il peso delle centrali a carbone inefficienti, come la definizione di livelli standard di emissione e di inquinamento atmosferico e l'imposizione di un prezzo sulla CO2, esistono gia in diversi paesi. Nello scenario "i maggiori risparmi emissivi si verificano in Cina, Stati Uniti
e India, tutti paesi che dispongono di un parco di generazione prevalentemente alimentato a carbone".
Applicando le misure suggerite dal rapporto, "le emissioni di metano in atmosfera durante la fase di produzione di petrolio e gas naturale risulterebbero quasi dimezzate nel 2020 rispetto ai
livelli che altrimenti si conseguirebbero".

Nel 2010, "le operazioni di estrazione di petrolio e gas naturale hanno rilasciato 1,1 Gt CO2eq di metano potente gas ad effetto serra avverte il rapporto 'Redrawing the Energy-Climate Map' dell'Iea questi rilasci, di gas venting e gas flaring, corrispondono al doppio della produzione di gas naturale della Nigeria". Ridurre l'entita di questi rilasci in atmosfera "rappresenta una strategia efficace e complementare a quella di riduzione delle emissioni di CO2". Le tecnologie necessarie a tale scopo "sono gia' disponibili e accessibili a costi relativamente contenuti e in alcuni paesi sono gia state adottate politiche di questo tipo, come gli standard di performance negli Stati Uniti". Le maggiori riduzioni interessano Russia, Medio Oriente, Stati Uniti e Africa. Necessario poi "accelerare la parziale eliminazione dei sussidi alle fonti fossili", atto che "ridurrebbe le emissioni di
CO2 di 360 Mt nel 2020 e consentirebbe l'attuazione di politiche per l'efficienza energetica". Nel 2011, i sussidi alle fonti fossili "ammontavano a 523 miliardi di dollari, circa sei volte
l'entita degli incentivi a favore delle energie rinnovabili".  Attualmente, "il 15% delle emissioni mondiali di CO2 riceve un incentivo di 110 dollari per tonnellata nella forma di sussidi
alle fonti fossili mentre l'imposizione di un prezzo sulla CO2 riguarda solo l'8%". Le "crescenti difficolta'" dei budget statali "rafforzano la necessita' di una riforma dei sussidi ai combustibili fossili in molti paesi importatori ed esportatori", avverte l'Iea.


Infatti, aggiunge il titolare dell'Ambiente, "credo che la lotta al cambiamento climatico, la competitività e la sicurezza energetica vadano affrontati con la stessa efficacia e determinazione perche' si tratta di obiettivi complementari e non disgiunti". Pero', raccomanda Orlando, ora
"si tratta di far passare fino in fondo a livello comunitario, e globale, l'idea che l'adattamento ai mutamenti e' anche una politica di investimenti, e penso che sia molto importante, quindi, la revisione del Patto di stabilita' in questa direzione, consentendo di non computare alcuni investimenti finalizzati alle strategie di adattamento". Aspetto posto all'ultimo Consiglio europeo "da diversi Paesi".La questione fondamentale, "che si gioca in questi giorni precisa il ministro Dell'Ambiente Andrea Orlando a margine del suo intervento è quella di capire che le strategie di adattamento necessitano di investimenti". In questo senso "credo che un segnale importante  possa essere quello di sottrarre al vincolo del Patto di stabilita' gli investimenti che riguardano il dissesto idrogeologico- dice il ministro credo sia un'esigenza del Paese che non solo da corpo a strategie internazionali ma consente anche di evitare debito futuro perchè la mancata prevenzione e la mancata tempestivita' degli investimenti nel contrasto ai fenomeni di dissesto portano alla collettività dei costi esponenziali nel tempo".

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