L’utilizzo di queste sostanze è però consentito per le altre colture, per cui si teme la persistenza nel terreno di queste molecole. Si spiegherebbero così la moria delle api e i pericoli per un settore economico importante, quello dell’apicoltura, che in Italia vanta un patrimonio di 1.150.000 alveari (di cui il 10% allevati con metodo biologico) che rendono il nostro uno dei Paesi più importanti per la produzione di miele. È stato calcolato che l’apporto economico annuale di questa attività al solo comparto agricolo è di circa 1.600 milioni di euro, con un contributo da parte di ogni singolo alveare di circa 1.240 euro. Una sezione dei lavori è stata dedicata proprio al miele, alle api, all’inquinamento ambientale e alla sicurezza alimentare. Focus sulla melissopalinologia, che si occupa dello studio dei pollini che si trovano nel miele: riconoscendo questi pollini si può risalire al tipo di miele ed è così possibile individuare eventuali sofisticazioni del prodotto. I mieli contengono infatti diverse quantità di pollini che provengono dalle piante presenti nel luogo di produzione; in un certo senso, dunque, il miele porta con sè il proprio certificato d’origine. Attraverso l’analisi microscopica si può quindi stabilire l’origine geografica o botanica di un miele e controllare quindi la veridicità delle dichiarazioni presenti in etichetta.
Infine, l’importante ruolo delle api: attraverso fenomeni di bio-accumulo, scomparsa e mortalità , l’ape consente di effettuare valutazioni sulla qualità dell’ambiente in cui vive. Una sentinella ambientale, quindi, nel cui corpo, se pur in concentrazioni che non fanno temere per la salute umana, sono spesso rinvenuti contaminanti ambientali quali metalli pesanti (piombo, cadmio, cromo, mercurio, nichel, rame e zinco), radionuclidi gamma emittenti, microinquinanti organici (diossine, furani), idrocarburi policiclici aromatici (Ipa), policlorobifenili (Pcb), pesticidi (insetticidi, fungicidi, erbicidi e battericidi), microrganismi patogeni (batteri, funghi e virus).
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