16/06/08

Intervento2: le cose che non vanno del decreto emegenza rifiuti secondo il PD

Oggi ho presentato la relazione sul decreto emergenza rifiuti. Ecco il testo ridotto.
Il D.L 90/2008 “Misure straordinarie per l’emergenza rifiuti nella Regione Campania e ulteriori disposizioni di Protezione civile” riprende un percorso straordinario nel tentativo, speriamo positivo, di uscire dalla cronica situazione emergenziale relativa alla gestione e allo smaltimento dei rifiuti, perdurante dal 1994 nel territorio della regione Campania.

Nella seconda relazione stralcio della bicamerale sui rifiuti (approvata nella seduta del 19 Dicembre 2007) veniva sottolineato che “ non era più differibile il rientro nel regime ordinario” per porre fine alle inefficienze della struttura commissariale ed organizzare la transizione. Nell’art 1 del Decreto 90 si introduce un nuovo modello per la gestione dell’emergenza campana che prevede un apposito Sottosegretario di Stato presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Tale scelta ci vede favorevoli perché coerente con il percorso intrapreso dal Governo precedente.

Il nostro Paese si è sempre caratterizzato per l’arretrato sistema di gestione dei rifiuti. E’ una realtà a tre velocità (Nord, Centro, Sud) ,in cui solo la prima area geografica è in linea con le indicazioni europee sia per quel che riguarda la percentuale di materia recuperata che per la dotazione impiantistica Sono ancora cinque le regioni in grave situazione gestionale rifiuti (Calabria, Campania, Lazio, Puglia e Sicilia). Ma anche in alcune Regioni del Nord è necessario al più presto realizzare una dotazione impiantistica idonea per evitare un’eventuale emergenza (Piemonte, Liguria, Trentino, Toscana).

E’ estremamente preoccupante il quadro sulla gestione dei rifiuti speciali e pericolosi. Ben 26 milioni di tonnellate di questi sono scomparsi nel nulla nel 2004 mentre, al coinvolgimento delle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa da parte delle ecomafie, negli ultimi anni si è aggiunto il ruolo centrale del resto del Paese.
“I reati accertati dalle forze dell’ordine nel 2007 per violazione alla normativa sui rifiuti sono oltre 4800, il 36% dei quali commessi nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa. Per illegalità nel ciclo dei rifiuti è sempre in testa la Campania, dove lo smaltimento illegale di rifiuti pericolosi, spesso di provenienza extraregionale, si è sommato alla catastrofica gestione commissariale di quelli urbani. Un balzo in avanti colloca, invece, il Veneto al secondo posto, confermando lo spostamento verso nord del baricentro di questi traffici, non solo come zona di procacciamento degli scarti industriali smaltiti illegalmente nelle regioni centrali e meridionali d’Italia ma anche come sito finale.
Diminuisce però il giro d’affari relativo alla gestione illecita dei rifiuti, grazie all’attività di prevenzione e repressione messa in campo dalle forze dell’ordine, in particolare dal comando tutela ambiente dei Carabinieri e dal Corpo forestale e soprattutto, all’applicazione dell’articolo 260 del Codice dell’Ambiente
A questi dati si deve aggiungere l’operato del sistema delle agenzie ambientali che hanno eseguito oltre 6000 controlli nel settore rifiuti registrando illeciti amministrativi e penali nel 20 per cento circa dei casi.
In questo contesto si inserisce la triste vicenda oggetto del presente Decreto. Un Decreto che fin dall’inizio abbiamo condiviso nonostante numerose forzature sia di carattere normativo che tecnico. Abbiamo più volte ribadito l’uso improprio delle Forze Armate per compiti di ordine pubblico così come siamo preoccupati che concentrando tutta l’attività sulla procura di Napoli si assista ad una sorta di paralisi delle attività creando problemi di funzionalità del sistema.
In alcuni casi le proposte successive alle deroghe sono assolutamente irrealizzabili e suscitano gravi perplessità : ad esempio una procedura di VIA per le discariche da attuarsi dalla Conferenza dei servizi in 7 giorni (che tra l’altro ha titolo solo se si pronuncia positivamente) oppure la richiesta di localizzare l’inceneritore di Napoli da parte del Sindaco in 30 giorni. Questa indicazione di tempi non si capisce da dove nasca dato che normalmente per localizzare un’area idonea a questa tipologia di impianti occorrono diversi mesi. Per cosa dire poi del fatto che non è esplicitata la dimensione degli impianti di incenerimento (si intuisce che siano i più grandi mai realizzati in Italia) né , derogando all’IPPC, se vi siano uno “straccio” di monitoraggi e controlli al fine di rassicurare la popolazione rispetto alle ricadute ambientali e sanitarie provocate da tali impianti.
Nonostante questi evidenti grossolanità ,la condivisione della proposta del Decreto 90 nasce anche dal fatto che, almeno nei principi, c’è un tentativo per andare verso una condizione di normalità e di gestione ordinaria.
Normalità che per il partito Democratico significa la gestione integrata dei rifiuti così come declinata nella Strategia tematica europea con una grande attenzione all’innovazione, al recupero della materia, attraverso la riduzione alla fonte e alla raccolta differenziata e alle nuove tecnologie.
Ma ciò che ci preoccupa molto e che rischia di condizionare il nostro atteggiamento rispetto alla proposta del Decreto 90 è l’articolo 7 che così come riformulato dal Governo viene a riguardare le due Commissioni autorizzatorie per i più importanti impianti e infrastrutture di interesse nazionale (la Commissione VIA-VAS e la Commissione IPPC) ma soprattutto mette mano ad un pezzo importante del sistema dei controlli del nostro Paese. Si propone un Istituto di ricerca di protezione ambientale (caso unico in Europa) abolendo l’Agenzia ambientale (APAT) attraverso un accorpamento con ICRAM (Istituto Centrale per la Ricerca scientifica e tecnologica applicata al mare e l’Istituto nazionale per la fauna selvatica. Stiamo parlando di un sistema che coinvolge direttamente circa 2000 fra tecnici , amministrativi e ricercatori. Ma che tocca per i delicati rapporti legati al tema dei monitoraggi e dei controlli ambientali circa 10.000 tecnici nel Paese Che sia necessario e fondamentale , nella logica del efficienza e del risparmio, arrivare in tempi brevi a riorganizzare questi ed altri enti “tecnici” ci vede pienamente in accordo e consenzienti. Che questo si debba fare attraverso un Decreto legge con motivazioni d’urgenza senza una discussione ed un confronto di merito nelle Commissioni competenti e in aula mi sembra sinceramente incomprensibile, a meno che non vi sia l’idea, attraverso una centralizzazione del sistema e la nomina di “tecnici” di fiducia, di voler esercitare un forte condizionamento politico su gli apparati tecnici e gli organi di controllo o peggio di sistemare un po’ di amici attraverso uno spoil system mascherato. Risulta poi particolarmente disorientante il fatto che solo alcuni giorni fa il Governo, attraverso un’informativa alla Commissione riguardo l’incidente nucleare presso una centrale slovena, ha tessuto le lodi dell’Agenzia ambientale indicandola come esempio di grande efficienza e professionalità.
Che vi sia un legame concettuale fra il Decreto 90 e il sistema dei controlli è certamente vero . Infatti , ritornando al tema della legalità ci si pone la domanda di come questa possa essere garantita. Le condizioni necessarie sono : educazione ambientale, coinvolgimento dei cittadini attraverso una corretta informazione e attivazione di percorsi partecipativi, una legislazione chiara e applicabile e soprattutto i controlli.
Il controllo è un aspetto strategico che va inteso:
- da un lato come uno strumento di informazione, promozione e rafforzamento della conformità degli impianti controllati, alla normativa ambientale;
- dall'altro, in quanto percorso utile ad accertare il rispetto della normativa vigente e delle prescrizioni ambientali fissate negli atti autorizzativi rilasciati dalle Autorità competenti.
Il controllo quindi non come atto punitivo né come balzello burocratico ma come un percorso dettato dalla conoscenza e dall’informazione per addivenire in un’ottica di collaborazione con le attività produttive ad un miglioramento continuo dell’ambiente garantendo la qualità delle imprese. In questo senso la presenza di un’ Agenzia ambientale nazionale che svolge un’attività di indirizzo all’interno del sistema delle Agenzie ambientali regionali è fondamentale.
L’Agenzia che come PD vorremmo costruire, partendo dalla proposta di legge 1561 relatore Sergio Gentili riguardo alla “Istituzione del Sistema nazionale delle agenzie ambientali e dell’Agenzia nazionale per la protezione dell’ambiente e per il territorio” , condivisa da molte Regioni governate dal Centro sinistra che dal centro destra, avrebbe quindi un chiaro mandato: assicurare su tutto il territorio nazionale una definita, efficace, diffusa ed omogenea azione di prevenzione, controllo e monitoraggio dell’inquinamento ambientale e fornire un’azione di supporto tecnico alla pubblica amministrazione. In questo modo non solo si tutela l’ambiente ma si creano per le imprese condizioni di omogeneità di trattamento , in tema di controlli, in tutto il territorio nazionale evitando fenomeni di dumping industriale e garantendo condizioni di legalità. Questo significa garantire dei livelli essenziali di tutela ambientale LETA (Livelli Essenziali di Tutela Ambientale) per il Paese così come realizzato per i Lea (Livelli essenziali di assistenza sanitaria) riguardo alla sanità.
Altro aspetto fondamentale è la necessità improrogabile di costruire un sistema affidabile e terzo in grado di rassicurare i cittadini rispetto alle ricadute delle varie pressioni ambientali. Un sistema delle Agenzie cone noi pensiamo eviterebbe tante di quelle situazioni emergenziali di cui oggi siamo costretti ad occuparci. A ciò si aggiunga che il ripetersi di incidenti luttuosi nei luoghi di lavoro, dimostra come ci sia anche la necessità di una conoscenza integrata dei processi produttivi, della tipologia degli impianti e delle materie prime;
è importante che accanto al personale delle aziende sanitarie, che esegue i controlli per garantire la sicurezza nei luoghi di lavoro, venga affiancato il personale delle Agenzie di protezione ambientale.
La professionalità dei tecnici delle Agenzie, già ispettori nelle aziende soggette alla cosiddetta legge Seveso (334/99 e s.m.i) e che esercitano già per legge, le attività di controllo nelle Aziende complesse sottoposte alla AIA, garantirebbe una visione specialistica sul processo produttivo e sui rischi di incidente acuto all’impianto e si andrebbe ad integrare con quella dei tecnici delle Asl più specialisti sui rischi per i lavoratori di carattere cronico. Anche in questo caso il ruolo di coordinamento dell’Agenzia nazionale sarebbe essenziale.
La costruzione di un sistema tecnicamente indipendente è fondamentale anche per realizzare quelle infrastrutture di cui il Paese ha bisogno.
Per riassumere i princıpi ispiratori della nostra idea di agenzia sono i seguenti:
il federalismo come modello organizzativo complessivo;
la terzieta` rispetto al binomio pubblico-privato;
la multireferenzialita` nei confronti dei diversi soggetti istituzionali afferenti il campo dei controlli e della tutela dell’ambiente de della salute;
l’autonomia scientifica, di gestione e di programma.
Il Partito democratico sostiene che l’ambiente non è un ostacolo allo sviluppo :una Regione come l’Emilia Romagna , ad esempio, fra le più sviluppate d’Italia , ha un sistema di controllo funzionante e presenta il maggior numero di imprese certificate ambientalmente. Ma potrei citare il Veneto che ha una fra le Agenzie ambientali più efficienti del Paese.
L’argomento merita una discussione approfondita che non può essere relegata all’interno di un Decreto legge che parla di Misure straordinarie per l’emergenza rifiuti in Campania.


Per quanto poi concerne l’ICRAM vi è la necessità di accorpare in Italia, tutti gli istituti di ricerca che si occupano di tematiche di grande interesse nazionale ed internazionale così come di livello locale, riguardanti l’implementazione dei traffici marittimi, i risanamenti ambientali costieri o la sfida energetica. La valorizzazione delle competenze e dell’esperienza delle oltre 200 unità di personale ICRAM, tra cui la stragrande maggioranza di giovani ricercatori ancora precari o in corso di stabilizzazione, dislocate nella sede centrale di Roma e nelle varie realtà periferiche del territorio nazionale, è sicuramente auspicabile, attraverso un maggiore collegamento ed integrazione con altre realtà scientifiche che hanno la medesima specificità in campo marino. A questo obiettivo è possibile arrivare solo aggregando istituti che possono effettivamente documentare una esperienza scientifica sul mare, come l’Istituto del CNR (ISMAR) o l’ENEA di S.Teresa o, ancora, la Stazione Zoologica Anthon Dorn di Napoli, costituendo un vero e proprio Istituto di Ricerca Nazionale sul Mare.

Chiediamo quindi al Governo di stralciare l’articolo 7 al fine di consentire su tali argomenti una discussione trasparente che possa permettere di garantire al Paese il meglio delle soluzioni possibili ed evitare un pasticcio organizzativo che non trova nessuna legittimazione se non nel fatto di una ridondanza di Consigli di amministrazione , a meno che come ricordato, altri e poco nobili, siano i disegni del Governo. Sulla necessità di razionalizzazione , di riduzione e di efficientamento del sistema delle Agenzie tecniche, degli Enti di ricerca e degli Istituti di ricerca siamo pronti ad aprire un confronto serio e trasparente per semplificare e rendere meno costosa la Pubblica amministrazione. Crediamo anche che le professionalità all’interno degli organismi tecnici debbano essere di comprovata esperienza ed altamente qualificate e soprattutto garantire quella terzietà così indispensabile per assicurare ai cittadini la massima tutela ambientale e sanitaria.

1 commento:

Anonimo ha detto...

molto interessante!