Si è chiarita la situazione: ci
sono cinque candidati, tra cui i due renziani Matteo Richetti e Stefano
Bonaccini, dopo il tentativo fallito di trovare un candidato "condiviso"
Il
prossimo 28 settembre si svolgeranno in Emilia Romagna le primarie del
Partito Democratico per scegliere il candidato che parteciperà alle
elezioni di novembre per la presidenza della Regione, dopo che
all’inizio di luglio il governatore in carica Vasco Errani si era dimesso in seguito ad una condanna in appello per falso ideologico.
Ieri, mercoledì 27 agosto, con l’inizio della Festa nazionale dell’Unità
a Bologna si sono anche chiarite le cose per quanto riguarda i nomi dei
candidati alle primarie che invece, fino a qualche ora prima,
sembravano piuttosto complicate: trattative, ritiri, chi-appoggia-chi, e
così via. La scelta del PD è rilevantissima, in una regione che è da
sempre governata da suoi esponenti: il vincitore alle primarie sarà
salvo impensabili imprevisti il nuovo governatore.
Per ora, sono
in cinque ad aver annunciato ufficialmente la loro candidatura. Roberto
Balzani, ex sindaco di Forlì che, scrive Repubblica, «raccoglie una
serie di adesioni trasversali e di protesta su alcuni temi caldi come
l’ambiente»; Patrizio Bianchi, assessore regionale all’Istruzione ed ex
rettore dell’Università di Ferrara, sostenuto dai “prodiani”, comunità
politica che in Emilia ha ancora una forza; Palma Costi (unica donna e
presidente dell’ultima Assemblea legislativa) che ha invece l’appoggio
dei sindaci delle zone terremotate; e infine i due candidati più
importanti, Stefano Bonaccini e Matteo Richetti, «amici personali,
entrambi del Modenese, personaggi chiave del momento topico dell’avvento
di Renzi alla guida del PD», scrive oggi Stefano Menichini.
Le
candidature “forti” di Bonaccini e Richetti (un tempo bersaniano,
segretario regionale del Pd e responsabile Enti locali in direzione
nazionale, il primo; parlamentare da sempre vicino a Renzi, il secondo)
sono il risultato del fallimento di un tentativo di mediazione
all’interno del partito su una candidatura “unitaria”. Il nome sul quale
per diverse settimane si era cercato un consenso condiviso era quello
di Daniele Manca, sindaco di Imola e presidente dell’Anci dell’Emilia
Romagna: avrebbe avuto il sostegno di Pier Luigi Bersani, di Vasco
Errani e anche di Matteo Renzi e avrebbe messo in dubbio la necessità di
fare delle primarie. In caso di rinuncia a candidature alternative a
quella di Manca Europa ipotizzava: «Per Bonaccini si parla del ruolo di
responsabile organizzazione del Pd, e addirittura della vicesegreteria
del partito; per Richetti, invece, al momento non sembra in vista nessun
incarico e forse è proprio questo uno degli aspetti che ha portato le
trattative ad una situazione di stallo». Altri hanno invece ipotizzato
che Renzi avrebbe proposto a Richetti di restare a Roma e di entrare a
far parte del governo.
Comunque siano andate le cose ieri, in
modo inaspettato, Matteo Richetti ha annunciato la sua candidatura
(«Abbiamo deciso. Ci candidiamo a guidare la nostra Regione per i
prossimi 5 anni»). Poco dopo Daniele Manca ha fatto sapere che non parteciperà («Mi sfilo? Veramente non mi ero infilato», ha scritto su
Facebook). E dopo qualche ora Bonaccini ha dichiarato: «Visto che non si
è riusciti a comporre il quadro su un nome più condiviso possibile, ho
deciso, viste anche le tante sollecitazioni da tutti i territori e anche
trasversali, di candidarmi alle primarie». Matteo Renzi ha commentato:
«Sono due amici, sarà una bella gara. Voglio loro molto bene. Sarà una
sfida affascinante».
Sulla decisione di Richetti, Europa ha
scritto che «l’accordo tra Renzi e Richetti, come detto già da tempo
piuttosto lontani, è saltato. Richetti non ha ottenuto evidentemente dal
premier garanzie sufficienti per abbandonare la corsa». Si tratta ora
di capire come si posizioneranno rispetto a questa candidatura le
diverse correnti del partito e anche l’ex presidente della Regione
Errani. Richetti sarà molto probabilmente sostenuto da chi ha appoggiato
Renzi fin dall’inizio, mentre con Bonaccini dovrebbe schierarsi quella
parte di partito che è confluita su Renzi solo in un secondo momento.
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