17/10/13

Un reattore nucleare da smaltire. Con 700 mila litri di acqua

L'impianto si trova fra Pisa e Livorno, ha funzionato dal 1963 al 1980 quando i vertici della difesa decisero di fermarlo

A San Piero a Grado, tra Pisa e Livorno, a due passi dalla base americana di Camp Darby, c'è un reattore nucleare in fase di dismissione. Il reattore, che aveva una potenza di 5 megawatt termici, ha funzionato dal 1963 al 1980, quando i vertici del Ministero della Difesa decisero di arrestarlo.

Si iniziò quindi il decommissioning, un lungo processo di smantellamento che ha previsto due fasi iniziali di trasferimento dell'uranio. Nel 1986 quello già utilizzato finì a Saluggia, in provincia di Vercelli, mentre quello non ancora impiegato fu trasferito in Francia nel 2002. Nel 2010 sono poi stati smantellati il circuito di refrigerazione secondario e le barre di controllo. Adesso tocca ai circa 700 mila litri d'acqua contenuti nella piscina di raffreddamento. E se il nulla osta è arrivato dallo Stato Maggiore della Marina Militare, per poter scaricare le acque il CISAM ha dovuto chiedere l'autorizzazione alla Provincia di Pisa. Che l'ha concessa nel maggio del 2012.

E qui scattano i guai. Perché l'autorizzazione prevede che, una volta decontaminate, le acque siano immesse nel canale dei Navicelli, che sfocia a Livorno. «Non solo il canale sfocia nel nostro comune – spiega l'assessore all'ambiente Massimo Gulì – ma la conduttura di acqua potabile passa proprio dentro il canale. Sinceramente ci siamo sentiti messi un po' da parte e non sapevamo cosa rispondere a chi ci interrogava in merito». Per poter ovviare alla mancanza di informazioni, richieste inizialmente dal comitato livornese «Togliete quei bidoni», poi anche da Comune, Provincia e Prefettura di Livorno, oltre che dal Comune di Pisa, si è tenuto presso il CISAM un incontro organizzato dal prefetto di Pisa Francesco Tagliente. L'ammiraglio Domenico De Bernardo, che dirige la struttura militare, ha tenuto a precisare come siano state adottate tutte le precauzioni necessarie a evitare un qualsiasi danno all'ambiente o alla popolazione. «Per poter depurare le acque, che già hanno una radioattività residua molto ridotta, visto che l'impianto è chiuso da 33 anni, abbiamo deciso di far costruire un distillatore che non esiste in Italia e che ci è costato 200.000 euro».
Il distillatore è entrato in funzione il 3 ottobre scorso e riesce a trattare 30 metri cubi di acqua ogni 6 giorni. L'acqua decontaminata viene stoccata in appositi silos e una parte viene inviata ad Enea, la società che si occupa di analizzare le eventuali tracce di radioattività. «Se il limite di legge per lo scarico di queste acque – spiega ancora De Bernardo – è di 10 microSv l'anno, noi l'abbiamo ridotto a 2,5 e i primi risultati di ENEA ci dicono che siamo scesi ancora di dieci volte quel valore». Presente all'incontro anche il consulente di Lainsa, la ditta spagnola che si è aggiudicata l'appalto di smaltimento (per 4 milioni di euro), che afferma di aver considerato come parametro estremo «una persona che per un anno si nutre esclusivamente di verdure annaffiate con l'acqua del canale, di bovini che mangiano solo foraggio annaffiato con la stessa acqua, e che per di più nuotano nel canale 100 ore l'anno e vi navigano per 1.000». Detta così, sembrerebbe davvero un'operazione sicura.

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