18/06/13

Criminalita': a Vibo Valentia +120% di infrazioni nel ciclo dei rifiuti

Legambiente  Calabria, la regione 'terra di grandi affari illeciti'

Cresce il business dell'ecomafia, l'unica industria italiana che non avverte la crisi. E se il Paese si
conferma sul podio della classifica generale dei reati accertati, ma anche in quelle che riguardano il ciclo del cemento e il ciclo dei rifiuti, Reggio Calabria e Cosenza figurano tra le prime dieci in tutte le classifiche su base provinciale. In particolare, per quanto riguarda il ciclo dei rifiuti balza agli  occhi il caso Vibo Valentia: ha risalito la graduatoria fino a figurare come seconda provincia in Italia per numero di infrazioni, con addirittura un incremento del 120% rispetto al 2011.

Cosi' Legambiente Calabria, sottolineando che dallo scioglimento del Comune di Reggio per  contiguita' con la 'ndrangheta alle inchieste sulle infiltrazioni negli appalti pubblici passando per il caos discariche e il fallimento delle societa' miste di gestione dei servizi ambientali, la regione appare sempre piu' 'terra di grandi affari illeciti'. Anche il turismo, vera risorsa della regione, e' in mano alle cosche come testimonia l'inchiesta Metropolis della Dda di Reggio. ''Quella delle ecomafie dichiara il presidente di Legambiente Calabria, Francesco Falcone e' l'unica economia che continua a proliferare anche in un contesto di crisi generale. Un'economia che cavalca l'abusivismo, distrugge il territorio, drena le risorse degli appalti pubblici''.


Per Nuccio Barilla', della segreteria nazionale di Legambiente, ''occorre uno scatto di reni per introdurre finalmente i reati ambientali nel codice penale e occorre un giro di vite sul fronte abusivismo edilizio, per scongiurare nuove costruzioni e spingere per le demolizioni degli ecomostri. I dati della realta' richiedono a tutti i livelli una nuova consapevolezza: le ecomafie uccidono la
Bellezza, che e' la risorsa piu' preziosa della Calabria su cui si deve costruire una nuova economia e rubano prospettive di futuro ai giovani, costretti a fuggire in mancanza di alternative fuori dai
circuiti criminali. Nessuno puo' piu' restare passivo e indifferente''. 

Nel 1994 Legambiente presentava alla procura di Reggio l'esposto che avrebbe dato il via alla  vicenda delle navi dei veleni, che si presume siano state affondate a largo delle coste calabresi, e non solo, cariche di scorie pericolose e radioattive. Una vicenda inquietante fa sapere l'associazione - a cui si sovrappone la morte del capitano di fregata Natale De Grazia, avvenuta il 13 dicembre 1995.

"Giustizia e verita' non sono ancora arrivate continua Legambiente una richiesta che diviene ancora piu' forte dopo l'approvazione da parte dalla Commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei  rifiuti di due relazioni di grande valore: quella del 5 febbraio 2013 sul caso De Grazia, e quella del 28 febbraio sul fenomeno delle 'navi a perdere', curate dal presidente Gaetano Pecorella e dall'onorevole Alessandro Bratti.

''L'impegno perche' sia fatta luce sulla morte di De Grazia avvenuta come denuncia la stessa  Commissione per 'causa tossica' aggiunge Nuccio Barilla'  deve essere il primo passo in direzione
dell'accertamento piu' ampio della verita' sulle cosiddette 'navi a perdere' e sui possibili intrecci con altre vicende, come quelle dei traffici illegali di rifiuti in Somalia. Nello stesso tempo verita' e  giustizia chiediamo per i cento morti uccisi dalla fabbrica avvelenata della Marlane di Praia e per i veleni di Crotone o del Fiume Oliva nel Cosentino''.


(Adnkronos)

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