23/02/12

2012, è già record di ciclisti uccisi. Il doppio rispetto all'analogo periodo del 2011

Ventotto ciclisti uccisi nel 2012 fino al 20 febbraio,  il doppio rispetto all’analogo periodo dello scorso anno, quando i morti erano stati 16. Trenta ciclisti uccisi e i sindaci stanno a guardare, non sentono la necessità di fare qualcosa per evitare queste morti inutili (e speriamo almeno che aderiscano in fretta e seriamente a www.salvaiciclisti.it ).La strage (le notizie le ha raccolte il blog http://bicisnob.wordpress.com/ ) inizia a Lodi, subito, il giorno di Capodanno. Gianfranco Zaini, 52 anni, viene travolto da una Renault Clio. Poi altri morti nel cremonese e a Ravenna. E altri ancora in ogni parte d’Italia sia nelle città – a Modena, Parma, Ferrara, Lecce, Rovigo, Milano… - sia in Comuni più piccoli del foggiano o del cuneese, del bresciano o del varesotto. Per capire l’entità di questa emergenza sicurezza si è costretti a sfogliare le pagine dei giornali (non i grandi quotidiani, ma quelli locali) che dedicano alla notizia un piccolo trafiletto o poco più. Nessuno tiene il conto, nessuno osserva con la dovuta attenzione il fenomeno, non con l’obiettivo di realizzare una macabra e sterile contabilità ovviamente, ma per rendersi conto che sulle nostre strade accade qualcosa di drammatico, che il numero di ciclisti uccisi negli ultimi 1o anni è quasi pari a quello dei morti delle Torri Gemelle. Ci si accorge della fragilità di chi pedala di fronte al volume e alla massa di un veicolo a motore solo in alcuni casi. Come quando, il 12 gennaio scorso a Milano, il vigile urbano Niccolò Savarino è stato deliberatamente travolto e ucciso da un Suv. Oppure quando c’è di mezzo un bambino, come il 12enne Giacomo Scalmani, finito sotto un tram (sempre a Milano) nel tentativo di schivre una macchina parcheggiata male. O ancora quando muore una persona nota, come è successo al giornalista di Gazzetta.it, Pier Luigi Todisco, stritolato dalle ruote di un camion.
Eppure, almeno nei centri urbani, la sicurezza di chi usa la bici come mezzo di trasporto (e anche quella dei pedoni e di tutti gli altri utenti della strada) potrebbe essere garantita con relativa semplicità abbattendo i limiti di velocità dei veicoli a motore (a 30 e 20 kmh) e facendo rispettare pedissequamente alcune norme del codice della strada, in particolare quelle relative proprio alla velocità, al parcheggio e agli stili di guida. Pensate che guidare una macchina a 30 kmh in città sia assurdo? Impossibile? Allora riflettete su queste due cose. La prima: nei centri urbani più grandi già oggi si viaggia a velocità medie comprese tra i 15kmh e i 20kmh, anche se magari tra un semaforo e l’altro o in un tratto di strada improvvisamente libero poi si schiaccia a fondo sull’acceleratore (aumenta il rischio, ma la media oraria non cambia!). La seconda: è molto più assurdo dei limite dei 30 all’ora il fatto che ogni anno muoiano (e la velocità è sempre la causa o almeno una concausa dell’incidente) circa 1.000 persone tra pedoni e ciclisti.

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