28/02/11

Oggi in aula discussione della mozione concernente iniziative per la bonifica dei siti contaminati di interesse nazionale

Bozze non corrette in corso di seduta
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.
È iscritto a parlare l'onorevole Bratti, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00510. Ne ha facoltà.
ALESSANDRO BRATTI. Signor Presidente, la gestione dei siti contaminati rappresenta oggi uno dei problemi ambientali più rilevanti in tanti Paesi europei, ma è anche un'interessante opportunità di riqualificazione industriale. Il risanamento di questi siti e la possibilità di coniugare lo sviluppo industriale con il risanamento ambientale è una sfida fondamentale per la società moderna, sfida che purtroppo nel nostro Paese è ben lontana dall'essere vinta. Uno degli elementi di maggiore rilevanza delle bonifiche è costituito dalla possibilità di risanare i siti a storica vocazione industriale per poter attrarre investimenti e industrie, che altrimenti dovrebbero insediarsi in altre località del territorio nazionale o che potrebbero addirittura preferire altre località all'estero. Considerata la particolare fragilità del nostro territorio da un punto di vista geografico ed ambientale e la carenza di aree adatte all'insediamento industriale, è evidente che il nostro Paese dovrebbe essere all'avanguardia nel riuso di questa tipologia di siti, cosa che purtroppo, come vedremo, non si è verificata. Paradossalmente, invece, da noi in Italia tale tematica è sempre più frequentemente connessa al tema delle ecomafie e del traffico illecito dei rifiuti.
Ad oggi non esiste una stima precisa di quale possa essere il mercato connesso alla bonifica dei siti contaminati; tuttavia, sulla base dei dati raccolti dall'ISPRA e riportati dall'annuario dei dati ambientali del 2008, in Italia i siti potenzialmente contaminati sono circa 15 mila.
Tra questi, 3.400 sono stati dichiarati già contaminati: si tratta di un numero impressionante, destinato a crescere ogni anno. A tale numero vanno aggiunti i 1.500 siti minerari abbandonati censiti e le aree comprese nei 57 siti di interesse nazionale ad oggi istituiti dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che corrispondono a circa il 3 per cento dell'intero territorio italiano.
I siti di interesse nazionale comprendono le aree maggiormente inquinate d'Italia: tra queste, i petrolchimici di Porto Marghera, Brindisi, Priolo, Gela, Taranto, le aree industriali di Pioltello Rodano, Bagnoli-Coroglio, Crotone, Trieste, il litorale domizio-flegreo e agro aversano, nonché le aree in Sardegna del Sulcis-Iglesiente-Guspinese, di Porto Torres e La Maddalena e, in Toscana, Massa Carrara e Livorno, fra i primi ad essere classificati siti di interesse nazionale, ma ancora in attesa della risoluzione definitiva dei provvedimenti.
Vi sono, inoltre, aree di particolare interesse naturalistico e paesaggistico, che hanno subito fenomeni di contaminazione, quali il Lago Maggiore, le lagune di Grado e Marano, Venezia e Orbetello. Spesso le problematiche relative all'inquinamento delle matrici ambientali si incrociano con quelle di carattere sanitario: è il caso di Priolo, Brindisi e Gela, ma anche della Campania, ove è stata riscontrata dalle autorità sanitarie una maggiore insorgenza di patologie collegate a specifici contaminanti.(segue)


La gestione amministrativa dei procedimenti di bonifica è sicuramente complessa ed è competenza del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. La gestione di tali procedimenti interessa 57 aree e le attività hanno ricadute socio-economiche e politiche molto rilevanti, che spesso rischiano di ostacolare l'avvio degli interventi. In questa ottica, quindi, deve essere anche analizzato il dato di fondo presentato da Confindustria nel rapporto bonifiche del 2009, a partire dall'analisi dei dati, che menzionavo in precedenza, dell'ISPRA.

Il fatto che ad oggi in nessun sito di interesse nazionale, inteso come intera area perimetrata, si sia arrivati alla certificazione di avvenuta bonifica, e quindi al risanamento definitivo delle aree e alla conseguente possibilità di riutilizzo, la dice lunga. Le aree bonificate o svincolate parzialmente non raggiungono il 2 per cento; diversa è la situazione relativa ai siti di interesse regionale, dove, secondo l'annuario ISPRA del 2008, sono circa il 30 per cento.
La giustificazione del Ministro Prestigiacomo, che, rispondendo ad una nostra interrogazione qualche settimana fa, sosteneva che le aree di interesse regionale sono più semplici, dal punto di vista tecnico, da bonificare, comprendendo tra queste, ad esempio, i distributori di benzina (su questo avrebbe ragione), non è condivisibile, perché petrolchimici come Ferrara o Ravenna o siti come Rosignano Solvay non sono sicuramente meno complicati di Mantova o Pioltello Rodano.
È necessario sottolineare che, ad oggi, manca un quadro aggiornato relativo alla situazione di questi 57 siti di interesse nazionale. Si deve evidenziare che gli evidenti ritardi nell'attuazione dei necessari interventi di bonifica non sono solo dovuti ad un'evidente difficoltà del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che questo Governo ha, di fatto, spogliato di risorse finanziarie e umane, ma anche al ruolo ambiguo giocato da molti privati, ENI su tutti, che, pur di ritardare l'esborso di somme considerevoli per gli interventi, ricorre alle vie legali, impugnando spesso gli atti amministrativi emessi.
È evidente che l'assenza di incentivi per le imprese virtuose, che invece scelgono di intervenire su queste aree in tempi brevi, e le procedure amministrative spesso farraginose sono tali da non favorire lo sviluppo di un mercato sano delle bonifiche. Al fine della reindustrializzazione di queste aree ricordo l'emanazione del famoso decreto legislativo n. 4 del 2008, il cosiddetto correttivo ambientale, che impiegava il Codice ambientale con l'articolo 252-bis, che prevedeva, a sua volta, l'emanazione di un decreto interministeriale per l'individuazione dei siti nei quali promuovere azioni di risanamento ambientale connesse con lo sviluppo produttivo e industriale.
Successivamente veniva emanata la delibera CIPE del 2 aprile del 2008, che stanziava 3 mila milioni di euro per i programmi indicati in questo articolo, che dovevano servire a reindustrializzare numerose di quelle aree: erano stati individuati, in prima battuta, circa 26 siti, alcuni di interesse nazionale e altri no.
Sappiamo come sono andati a finire, purtroppo, quei 3.000 milioni di euro, nel senso che neppure un euro è stato investito su questo programma. Ci piacerebbe, inoltre, sapere se i suddetti fondi saranno nuovamente stanziati o, comunque, come si intende procedere a tale riguardo.
È pur vero che un po' di risorse sono state messe a disposizione dal Governo attraverso accordi di programma, circa undici, così riferisce il Ministro, per un totale di 70 milioni di euro, più 86 milioni di euro per Pioltello ed altri siti, e 10 milioni di euro recentemente per Crotone, nonché, all'interno del recente decreto milleproroghe, per il sito di Bussi sul Tirino, ove rimane un forte contenzioso con Edison.
Questi finanziamenti sono però finanziamenti spot che, tra l'altro, speriamo non vengano utilizzati solamente per studi ed analisi che sono sicuramente indispensabili, ma non risolutivi del problema e che, comunque, non rappresentano neppure il 10 per cento dei 3.000 milioni di euro citati.
Voglio ricordare inoltre, come da dichiarazione del ministro stesso Prestigiacomo, che ben 38 milioni, quasi 39 milioni di euro sono stati erogati alla società Sogesid Spa su sei siti di interesse nazionale per attività - si dice - di supporto tecnico-specialistico. A nostro avviso, sull'utilizzo di questa società in house da parte del Ministero, molte sono le ombre che ne caratterizzano l'operato. Più volte abbiamo chiesto quali sono i rapporti tra ISPRA e Sogesid Spa, perché il capo della segreteria tecnica del Ministro è nel consiglio di amministrazione della Sogesid Spa ed è, addirittura, commissario straordinario per il SIN di Pioltello e se è opportuno che il dirigente che si occupava di bonifiche al Ministero abbia immediatamente un incarico, una volta in pensione, appunto, da Sogesid Spa. Questo, si badi bene, non lucrando su vicende giudiziarie in atto, ma, semplicemente, nel nome della trasparenza e del funzionamento corretto degli organismi pubblici.
Vorrei poi soffermarmi, signor Presidente, sul tema delle transazioni, modificato con l'articolo 2 del decreto-legge n. 208 del 2008 chiamato anche, in maniera forse semplicistica e di parte, decreto «salva ENI». ENI, attraverso le sue società, è presente in numerosi SIN e non solo. La linea sostenuta, anche in Commissione bicamerale, dal suo Amministratore delegato è stata, spesso, quella di parte lesa, come, ad esempio, nella vicenda relativa a Crotone. Questo, francamente, lo trovo abbastanza paradossale.
Il tema del danno ambientale è sicuramente complesso e di non facile soluzione, ma così come impostato dall'articolo 2 del decreto-legge citato - ricordo che abbiamo presentato emendamenti e poi votato contro il suddetto provvedimento, in quanto nessuno di questi emendamenti è stato accolto - esclude, di fatto, il sistema degli enti locali, facilita enormemente le imprese a non farsi carico del danno ambientale arrecato al territorio e, soprattutto, fatto ancor più grave, non destina le risorse che dovessero essere messe a disposizione nella transazione ai siti oggetto del contenzioso.
Sempre rispondendo ad un'interrogazione, il Ministro Prestigiacomo ha ricordato che negli ultimi due anni sono state sottoscritte ben quindici transazioni, per un importo complessivo di 115 milioni di euro. Si parla poi di decine di atti in corso di stipula e, anche a questo proposito, ci piacerebbe sapere quali, come sono state investite queste risorse e, soprattutto, se hanno contribuito o contribuiranno a mobilitare risorse private per industrializzate e bonificare queste aree.
Anche riguardo al tema delle risorse private abbiamo più volte chiesto di sapere, in materia di bonifiche, nonostante gli scarsi risultati, quante e quali risorse i privati hanno investito.
Vi sono poi altre situazioni importanti che non consentono di affrontare in maniera adeguata questo problema. In particolare, occorre osservare che nella maggior parte degli altri Paesi europei le procedure amministrative e gli adempimenti in tema di gestione dei terreni provenienti da siti oggetto di bonifica o rifiuti vengono snellite a fronte di un rafforzamento del sistema dei controlli ambientali e del regime sanzionatorio. Questa è la strada che dovrebbe essere perseguita anche in Italia.
Di fatto, invece, si sta progressivamente assistendo nel Paese ad uno smantellamento degli organismi di controllo: dall'ISPRA, che da Agenzia è diventata una struttura a servizio del Ministero, perdendo la propria autonomia, ad alcune Pag. 8agenzie regionali, tra cui quella lombarda (ARPA Lombardia), che, grazie ad una delibera regionale che toglie la facoltà al direttore generale di nominare ufficiali di polizia giudiziaria, ha perso nella maggioranza dei suoi operatori territoriali questa qualifica, indebolendo il controllo del territorio. Questo in una regione che sulla questione delle bonifiche - si badi bene - vede meccanismi noti nelle regioni cosiddette a tradizionale presenza mafiosa. Mi riferisco all'intreccio tra rami dell'amministrazione pubblica e della politica con imprenditori spregiudicati e associazioni 'ndranghetiste. Ricordo, a tale proposito, la vicenda che ha caratterizzato le bonifiche in località Santa Giulia, la cosiddetta Montecity.
Altre situazioni particolari sono emerse nei recenti sopralluoghi effettuati nel mantovano dalla Commissione bicamerale sulle ecomafie. In generale, in Lombardia abbiamo potuto constatare che quasi tutte le bonifiche più importanti sono state eseguite dalla stessa impresa, la Sadi, appartenente al gruppo Green holding, società di cui alcuni amministratori sono coinvolti in importanti vicende giudiziarie.
In merito, poi, alla gestione dei terreni provenienti dai siti oggetto di bonifica, si rileva la frequente difficoltà delle aziende a rincorrere a soluzioni alternative al conferimento in discarica, con il conseguente potenziale innesto, nella gestione, di società collegate con la malavita. L'apertura, nei limiti concessi dalla normativa comunitaria, al riuso dei terreni come sottoprodotto e l'incentivazione dell'uso di tecnologie in sito, potrebbe ridurre il ricorso al conferimento in discarica ma, ovviamente, a tale soluzione bisognerebbe accompagnare efficienti controlli.
In ultimo occorre menzionare il problema relativo ai costi di bonifica. Ad oggi, non esiste un riferimento nazionale per i costi relativi a tali attività. Comunemente, i soggetti obbligati per la definizione di tali costi fanno riferimento ai prezzari regionali che, però, non comprendono gran parte delle tipologie di trattamento che possono essere utilizzate nelle relative operazioni. Ne deriva un quadro disomogeneo a livello nazionale: la stessa tipologia di bonifica applicata ai medesimi contaminanti può costare anche cento volte di più in una regione rispetto ad un'altra.
Come evidenziato anche nel rapporto di Confindustria, i costi delle bonifiche sono oggettivamente alti, anche a causa della ridotta capacità impiantistica di trattamento dei terreni sul territorio nazionale. Una quantità ingente di questi terreni viene tutt'oggi inviata in Germania, con costi molto elevati. L'assenza di un quadro di riferimento oggettivo per la determinazione dei costi può dar luogo a illeciti nella gestione degli appalti, come testimoniano i recenti fatti di cronaca.
Signor Presidente, con la mozione in oggetto abbiamo voluto chiedere un impegno al Governo, cercando anche di non esasperare eccessivamente le richieste, per capire se c'è la possibilità di condividere un percorso. Innanzitutto impegniamo Pag. 10il Governo a valutare se non sia giunto il momento di procedere - sia sul piano normativo che organizzativo e anche su quello delle risorse, ripristinando almeno i 3 miliardi di euro precedentemente stanziati - a una profonda revisione della strategia dell'intervento pubblico..
PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Bratti.
ALESSANDRO BRATTI....a individuare un'efficace strategia in tema di siti contaminati di interesse nazionale e a informare il Parlamento riguardo lo stato dell'arte, perché troppe cifre continuano a girare a tale proposito; a valutare l'opportunità - ci rendiamo conto che si tratta di una richiesta molto forte - di affidare la regia delle operazioni di bonifica e di messa in sicurezza alle regioni, visto il clamoroso insuccesso delle politiche ministeriali, anche promuovendo una profonda modifica legislativa, sulla falsariga di ciò che succede già oggi in Germania; a garantire in tempi certi la bonifica e la riqualificazione dei territori che hanno subito negli ultimi decenni le conseguenze di un'intensa attività industriale, che ne ha compromesso gravemente gli equilibri ambientali e ad accertare che le procedure transattive con le società attuali proprietarie non determinino ulteriori penalizzazioni per la popolazione residente, che da troppo tempo sta attendendo una soluzione definitiva; a coinvolgere - nell'elaborazione della proposta di transazione - la regione, la provincia ed i comuni interessati, con particolare riguardo alla regione per le fasi attuative...
PRESIDENTE. Onorevole Bratti, deve concludere.
ALESSANDRO BRATTI....in coerenza con il principio di sussidiarietà - sto per concludere, Signor Presidente; a stabilire che le risorse finanziarie che provengono dalle transazioni - questa è una richiesta a cui invece non possiamo rinunciare - siano stanziate per gli interventi in loco o legati comunque a forme di investimento locale (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

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