15/12/10

Oggi in aula discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 26 novembre 2010, n. 196, recante disposizioni relative al subentro delle amministrazioni territoriali della regione Campania nelle attività di gestione del ciclo integrato dei rifiuti (A.C. 3909-A)

ALESSANDRO BRATTI. Signor Presidente, la regione Campania, in particolare l'area fra Napoli e Caserta, vive ormai da diversi anni una situazione di crisi profonda, legata alla gestione dei rifiuti urbani.

Dopo due anni di promesse ed illusioni, di decreti-legge, ben cinque, e numerosissime ordinanze di protezione civile, l'emergenza rifiuti non è stata risolta, non solo sul piano pratico, visto che le infrastrutture continuano ad essere insufficienti, ma neanche sotto il profilo delle cause che l'hanno determinata. Questo Governo ha avviato, come è stato più volte ricordato dagli interventi che mi hanno preceduto, una serie di misure straordinarie per affrontare l'emergenza rifiuti, con il decreto legge 23 maggio 2008, n. 90, poi convertito in legge n. 123 del 2008, che ha appunto istituito il sottosegretario di Stato per la gestione emergenza rifiuti in Campania.
Il sistema delle discariche e l'inceneritore di Acerra, che sono il perno di questo provvedimento, avrebbero dovuto consentire, secondo il Governo, un periodo di transizione sicura di circa quattro anni, che avrebbe potuto permettere l'entrata a regime della gestione dei rifiuti attraverso l'aumento della raccolta differenziata e la costruzione dei rimanenti termovalorizzatori. A fronte poi di questa scelta, il Governo si era impegnato in prima battuta a definire un accordo di programma con la regione Campania in data 18 luglio 2009, che prevedeva uno stanziamento di 526 milioni di euro, di cui 263 milioni a carico del Governo e i rimanenti a carico della regione Campania, per opere di compensazione ambientale, da erogare ai comuni ospitanti gli impianti di trattamento rifiuti. Tale importo poi, in seguito ad altre riunioni, si sarebbe ridotto, ma di fatto, come noto, non è mai stato erogato. Va ricordato che il decreto-legge n. 90 del 2008 imponeva inoltre.....


l'obiettivo minimo di raccolta differenziata, pari al 35 per centro entro il 31 dicembre 2010, e pari al 50 per cento entro il 31 dicembre 2011. I dati sulla raccolta differenziata, se verranno confermati - dirò infatti successivamente che ci troviamo sempre di fronte a cifre contrastanti - evidenziano certamente un lieve incremento del valore percentuale, che è passato in Campania dal 15,5 al 22,19 per cento nel 2008, e che è un dato però molto distante dagli obiettivi stabiliti per legge.
Tra l'altro, come dicevo, i dati sono sempre stati poco certi e spesso comunicati all'esterno dagli organi competenti con una grandissima superficialità. Faccio solo due esempi assolutamente eclatanti. Il primo riguarda le dichiarazioni dell'assessore alla provincia di Napoli, Caliendo, che in Commissione bicamerale ecomafie riportava il 14 luglio 2009 una serie di valori che prevedevano la provincia di Napoli al 30 per cento circa, percentuali di diversi comuni napoletani assolutamente improponibili (per dirne una: Pompei); riportava in un documento il 30 per cento, mentre il sottosegretario, cinque minuti prima, ci diceva che si era al 2 per cento. Oppure cosa ancora più grave, signor Ministro, è quello che diceva lei in data 14 aprile 2010, sempre nella seduta della Commissione bicamerale ecomafie; lei così dichiarava: «Possiamo affermare con soddisfazione che l'anno 2010 rappresenta davvero un importante traguardo per la regione Campania, perché è l'anno in cui viene sancita definitivamente la chiusura della fase emergenziale». E ancora: «Occorre ricordare che nel 2007 la produzione di rifiuti era di 2 milioni e 600 mila tonnellate e che oggi il dato fornito dalla Protezione civile ci dice che si producono meno di 2 milioni di tonnellate annue», mentre ribadiva qualche giorno fa in Commissione ambiente che in realtà la produzione è, così come certificato dalla relazione della Corte dei conti sull'emergenza campana, di 2 milioni e 700 mila tonnellate annue, contraddicendo di nuovo ciò che è scritto nella relazione finale al Parlamento di Bertolaso, che ci è stata consegnata recentemente e che riporta una riduzione da 2 milioni e 600 mila tonnellate a 2 milioni. Vorrei dire che stiamo parlando non di un valore di poco conto, non di una cosa da poco. Vorrei sottolineare che con questo dato è come se voi aveste costruito un impianto nuovo da 600 mila tonnellate, cioè un altro inceneritore di Acerra.
Ma ritornando a questioni più recenti, vorrei ricordare che l'assessore regionale della regione Campania Giovanni Romano, ascoltato in merito alla nuova emergenza rifiuti, dichiarava il 6 luglio 2010 (quindi prima delle manifestazioni a Terzigno) in Commissione ecomafie che l'Unione europea, al fine di erogare i 135 milioni di euro per l'impiantistica a supporto del ciclo integrato di rifiuti, richiedeva tre cose fondamentali: il piano regionale di smaltimento dei rifiuti solidi urbani, il piano regionale dei rifiuti speciali e il piano regionale delle bonifiche. Lo stesso assessore, in merito alla realizzazione della terza vasca a Terzigno, detta cava Vitiello, dichiarava che, dati i rilievi mossi dalla Commissione europea per le petizioni nel mese di maggio 2010, questa discarica si poteva anche non fare, contraddicendo di fatto e smontando completamente il piano della Protezione civile approvato dalla legge n. 123 del 2008, che riteneva tale impianto - come ho ricordato prima - indispensabile per affrontare la fase di transizione.
La stessa Commissione europea per le petizioni, nel documento di lavoro che è stato pubblicato il 25 giugno 2010, nelle conclusioni e raccomandazioni, pur riconoscendo il lavoro della Protezione civile, sottolineava che alcune decisioni prese sotto la sua supervisione - si riferiva alla Protezione civile - segnatamente la localizzazione delle discariche, sono state assunte in modo frettoloso, senza le debite consultazioni e in molti casi frutto di consigli incauti, con visibili ripercussioni.
A scanso di equivoci occorre chiarire che la crisi dei rifiuti in Campania non è finita e a proposito della discarica di Terzigno, allo stato attuale essa non risponde né ai requisiti della direttiva sulle discariche, in particolare all'articolo 11 sulle procedure di ammissione dei rifiuti, né a quelli della direttiva habitat. L'imminente pericolo di ampliamento della cava Sari e dell'apertura del secondo sito Vitello è inaccettabile in questa situazione ed occorre individuare con urgenza delle alternative adeguate che rispettino la normativa europea.
Quindi le rassicurazioni che a più riprese ci erano state date in Commissione da Bertolaso in merito ai contatti avuti a Bruxelles sulla rassicurazione appunto del suo operato evidentemente non erano così vere.
Ma veniamo ad un altro capitolo: l'inceneritore di Acerra, l'unico inceneritore realizzato. Questo inceneritore, che rappresenta un impianto chiave sia per la gestione transitoria sia anche nel piano definitivo, ha delle problematiche tecniche che hanno costretto a fermarne il funzionamento per interventi che, come lei ben sa, vanno oltre la manutenzione ordinaria. Lo evidenzia il fatto che nel rapporto del comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente, gruppo di Napoli, alla Commissione bicamerale ecomafie del 4 ottobre 2010, si parla di interventi alla camera di combustione e della sostituzione di valvole.
Si parla, inoltre, di corrosione dovuta ai fumi acidi di due forni dell'impianto. La Fisia Babcock, che per conto di Impregillo ha costruito l'impianto, non avrebbe provveduto alle adeguate protezioni rispetto alle superfici interne dell'inceneritore e i forni, quindi, sarebbero forati.
Il rapporto dei carabinieri riporta, inoltre, che Partenope Ambiente, il soggetto gestore attuale, sta pensando di intervenire prima con «rattoppi» che verrebbero a costare oltre 12 milioni di euro. Lo stesso generale Morelli, responsabile dell'unità stralcio e dell'unità della struttura di Governo per l'emergenza rifiuti in Campania, ha dichiarato, sempre in sede di Commissione bicamerale, a proposito della recente défaillance dell'impianto, che l'inconveniente che è capitato alla seconda linea - quando se ne sono fermate due su tre - ha lasciato molti tecnici perplessi e che esso consiste nella crepatura delle pareti del forno - quindi, non si tratta di manutenzione ordinaria - e che si spera non si manifesti nella terza linea. Molto probabilmente, ogni sette, otto mesi vi saranno importanti investimenti straordinari, se si vuole far funzionare quell'impianto.
Addirittura, la regione Campania, in previsione di eventuali difficoltà future dell'inceneritore, aveva indetto, nel mese di settembre 2010, un avviso pubblico per la raccolta di manifestazioni di interesse da parte di operatori economici, in forma singola o associata, disponibili a fornire servizi di smaltimento fuori regione e in territorio comunitario della frazione secca tritovagliata prodotta dagli impianti STIR, che è il combustibile che dovrebbe andare ad Acerra.
Pertanto, l'inceneritore in oggetto, a causa delle molte mani tecniche che vi hanno lavorato e della fretta finale, sempre in deroga alle normative vigenti, come volete riproporre nel provvedimento in discussione, ha dei difetti strutturali importanti che ne possono compromettere il funzionamento.
È curioso, inoltre, che il presidente della commissione di collaudo, che ha dovuto certificare che tutti i lavori fossero svolti a regola d'arte, oggi sia il direttore generale dell'ARPA Campania, che è l'organismo preposto al controllo. Chiunque lo abbia nominato non ha sicuramente compiuto, a mio parere, una scelta avveduta. Vi sono inchieste importanti presso le procure competenti in ordine ai diversi aspetti che riguardano l'inceneritore e siamo in attesa di sapere come si concluderanno. Ci piacerebbe, inoltre, capire, dopo aver determinato il valore dell'impianto per legge in 355 milioni di euro, chi è oggi ne è il proprietario. Degli altri impianti, poi, non vi è traccia e il provvedimento in discussione dovrebbe accelerare, si dice, la partenza di quelli di Napoli e di Salerno. Nulla si dice che fine abbia fatto quello di Santa Maria La Fossa, né come si intendano smaltire le cosiddette ecoballe.
La discussione concernente gli appalti per i due inceneritori di Napoli e Salerno ha provocato uno scontro all'interno della maggioranza e del Popolo della Libertà, che ha visto come protagonisti il Ministro Carfagna e i due presidenti delle province di Salerno e Napoli. Si è aperto, dunque, uno scontro su chi deve gestire gli appalti dei primi due inceneritori.
Nel caos normativo che avete contribuito a costruire - non ultima la soppressione delle agenzie d'ambito, che dovrebbero essere, istituzionalmente, le stazioni appaltanti del servizio integrato dei rifiuti - riteniamo che sia più corretto che, in attesa della costituzione delle agenzie d'ambito regionali, se mai si faranno, il soggetto preposto agli appalti sia la regione e, di certo, non le province. Infatti, secondo l'ultimo decreto legislativo n. 205 del 2010, di recepimento della direttiva europea 2008/98/CE - in particolare, mi riferisco all'articolo 19, che modifica l'articolo 197 del codice dell'Ambiente - esse hanno compiti di controllo e di pianificazione, se questi vengono demandati dalle regioni e, non certo, di gestione, come avete fatto in Campania.
Stesso ragionamento vale anche riguardo al tema della cosiddetta provincializzazione nella gestione dei siti e degli impianti di trattamento dei rifiuti, nonché per la riscossione dei tributi TARSU o TIA, così come sancito dal decreto-legge n. 195 del 2009. Noi abbiamo ampiamente contestato questo provvedimento, considerandolo una vera e propria aberrazione giuridica, a cui voi, oggi, tentate di mettere una pezza, che rischia o potrebbe rischiare di creare ancora più confusione. Non si comprende se l'obiettivo, come noi crediamo debba essere, sia il rientro nell'ordinarietà del motivo per il quale agli enti, regioni, province e comuni, non si attribuiscano le funzioni proprie, così come accade nelle altre parti del Paese. Ma veniamo alla raccolta differenziata, di cui molto si è parlato. Qualcosa si è fatto. Come più volte ricordato, la situazione non è la medesima in tutta la Campania: i problemi permangono nella zona Napoli-Caserta, anche a causa dell'assenza di impianti a supporto.
La percentuale di raccolta differenziata, secondo i dati raccolti dall'ARPA, porterebbe questi valori attorno al 28-30 per cento nella regione, con un 19 per cento circa a Napoli. Tali dati andrebbero seriamente verificati rispetto allo stato attuale: gli ultimi dati ISPRA ufficiali sono fermi all'anno 2007.
Di fatto, ancora oggi ci sono città - lo voglio ricordare - come Palermo che sono assolutamente distanti da questi valori. Complessivamente Sicilia, Calabria e Lazio hanno percentuali di raccolta differenziata che non si discostano molto da quelli campani. Anzi, quelli della Sicilia e della Calabria sono molto al di sotto.
Molto ancora si può fare. Noi come Partito Democratico su questo aspetto, anche in un recente progetto di legge che abbiamo presentato, stabiliamo delle percentuali da raggiungere nella scia di quelle sancite dalla direttiva europea. Relativamente alla normativa proposta, quella vigente, rispetto all'eventuale scioglimento delle giunte dei comuni inadempienti, compreso appunto il fatto di non impegnarsi a raggiungere i livelli previsti di raccolta differenziata, a suo tempo il sottosegretario Bertolaso aveva proposto al Ministro Maroni, presentando la documentazione sempre alla Commissione bicamerale, lo scioglimento di undici comuni. Pare, credo, che ne siano stati sciolti solo due, tra l'altro veniva ricordato anche questo caso assolutamente anomalo di Comigliano. Ci interesserebbe capire quali siano stati i criteri per cui non si è proceduto poi successivamente.
Riguardo, poi, a un grande tema, signor Ministro, come quello delle bonifiche su cui il Governo aveva promesso di stanziare risorse importanti, anche qui è interessante quello che dice Bertolaso il 29 luglio 2009 in Commissione bicamerale: i danni economici e di immagine - dice Bertolaso - oltre che ambientali, che si stanno producendo dopo la vicenda spazzatura con la questione bonifiche sono impressionanti. Francamente, credo che nessuno abbia ancora avuto il coraggio o la capacità di quantificarli.
Mi sembrano affermazioni di una gravità inaudita a cui, dopo due anni di totale assenza di risorse messe a disposizione da parte del Governo, in questo decreto-legge si propone, in base all'accordo dell'aprile 2009, il finanziamento di 282 milioni di euro, che a mio parere dovrebbero essere, in buona parte, impegnati per le bonifiche dell'area vesuviana.
Altra questione delicatissima di cui tratta l'articolo 2 del decreto-legge in discussione, riguarda il tema delicato dei consorzi, con particolare riguardo al consorzio unico Napoli e Caserta. Ricordo, anche qui, che l'articolo 11, comma 8, del decreto-legge n. 90 del 2008, ha previsto che questi consorzi di bacino delle province di Napoli e Caserta fossero sciolti e riuniti in un unico consorzio attraverso la costituzione di società provinciali.
Nell'audizione dell'allora commissario prefettizio della provincia di Caserta Biagio Giliberti del 31 marzo 2010, veniva spiegata la grande difficoltà economica e finanziaria in cui versa il consorzio unico, con l'articolazione di Napoli che presenta circa 850 dipendenti e Caserta 1.180 dipendenti.
Va ricordato che in queste due articolazioni erano divise in precedenza numerose sottoarticolazioni, tra cui il famoso consorzio CE4, oggetto di pagine oscure di un intreccio profondo tra la camorra e la politica. In definitiva Gilberti sostiene che, testualmente: «Le organizzazioni sindacali e la struttura amministrativa del consorzio (unico) purtroppo hanno ecceduto dai loro compiti e sono avvenute una serie di promozioni e di aumenti di livelli, che ha portato l'esigenza economica per soddisfare tali provvedimenti a somme molto pesanti», quantificando un'esigenza mensile per gli stipendi di 8-9 milioni di euro al mese. Tra l'altro, sempre Giliberti ammetteva l'assenza di un bilancio di questa struttura e quindi che la spesa era totalmente fuori controllo. Poi, lo stesso commissario ha più volte ricordato, nel corso dell'audizione in Commissione bicamerale, la presenza della malavita organizzata che avrebbe avuto collusioni con la allora direzione del consorzio. Quindi una situazione veramente grave e problematica.
All'articolo 2, riguardo agli esuberi, ci troviamo anche qui di fronte a cifre diverse: secondo la relazione tecnica, come viene riportato nello studio effettuato in Commissione, sono circa 700 unità; la relazione della Corte dei conti riporta 500 unità in esubero. Addirittura, si dice che, se non riconfermate, prevedrebbero una riduzione di spesa per il personale da 87 milioni di euro all'anno a 57 milioni di euro, con una riduzione del 35 per cento dei costi. In ogni caso, questo personale - si diceva tutto il personale - sempre secondo le dichiarazioni del generale Morelli in Commissione ecomafia nel mese di settembre, non è stato pagato, e non sarà pagato fine a dicembre di quest'anno.
Lo stesso generale ha riferito che, da riunioni fatte con i prefetti di Napoli e Caserta con i due presidenti delle province di Napoli e Caserta, nonché con il commissario liquidatore, è stato ribadito che nelle casse del Consorzio non vi sono risorse per pagare le maestranze e che si è arrivati ad un punto di collasso.
Al di là di una precisazione sull'articolazione del Consorzio su Napoli e Caserta in modo distinto e di un prolungamento delle disposizioni in materia di ammortizzatori sociali, in questo decreto-legge non vi è una proposta seria per risolvere definitivamente il problema. Noi, come Partito Democratico, sempre nella proposta di legge che indicavo prima e anche attraverso un emendamento, proponiamo un percorso meno «populista» e più garantista delle regole ordinamentali.
In conclusione, riteniamo che questo decreto-legge, così come formulato, oltre a sancire - come ho detto prima - il fallimento delle politiche per risolvere le emergenze in Campania, contraddicendo di fatto il Piano di Bertolaso, rispetto al tema della provincializzazione della gestione, «pasticci» il quadro esistente; inoltre, rispetto a chi avrà la titolarità delle stazioni appaltanti, esso non risolve in maniera netta a chi spetta il compito di realizzarle, lasciando aperta la possibilità di un ruolo importante delle province - come ricordavo prima - assolutamente non pertinente.
Sarebbe irresponsabile - come è avvenuto in passato - limitarsi alla facile propaganda e a mettersi medaglie immeritate. Noi crediamo che sia necessario avviare un'azione comune nell'interesse della Campania e del Paese, in un quadro in cui strumenti, risorse, procedure, responsabilità, sanzioni e tempi siano chiari e condivisi.
Allo stato attuale, dopo due anni e mezzo di gestione emergenziale e con l'ausilio di poteri straordinari, non si hanno garanzie sul funzionamento dell'inceneritore di Acerra. Sulla gestione delle discariche vi sono state carenze e approssimazioni. Sulla realizzazione degli impianti, a partire da quelli per la frazione organica, non si è razionalizzato il sistema per la raccolta, anzi si è creata un'ulteriore confusione di competenze tra comuni e province, con aggravio di costi, rendendo praticamente impossibile la programmazione e lo sviluppo della raccolta differenziata in molti comuni. In sostanza, a mio avviso, il Governo nazionale non ha mantenuto i suoi impegni, alimentando di fatto l'emergenza di questi giorni.
Inoltre, come ricordato, nonostante gli impegni presi, non è stata effettuata alcuna operazione di bonifica delle aree e dei territori interessati dalle discariche, rendendo meno credibile qualsiasi ipotesi successiva di localizzazione di nuovi impianti.
Niente si dice, poi, su eventuali nuove discariche da realizzare in una situazione di emergenza. In maniera del tutto superflua ci si richiama alla possibilità di trasferire i rifiuti della Campania in altre regioni: operazione che oggi è già possibile tramite accordi regionali, senza però volere, di fatto, dichiarare lo stato di emergenza, che sicuramente, invece, faciliterebbe tale operazione.
Va inoltre ricordato, tra l'altro, che fino ad ora le uniche regioni che hanno risposto all'appello del Governo sono quelle guidate dal centrosinistra. Solo ad Imola arriveranno, a breve, 4.000 tonnellate di rifiuti. Su quei territori, all'opposizione, chi sta creando problemi siete voi del centrodestra, che non volete raccogliere questi rifiuti.
Ci piacerebbe sapere, signor Ministro, cosa faranno la Lombardia e il Veneto, che hanno una dotazione impiantistica - come ricordava prima il collega Dussin - che potrebbe sicuramente aiutare a risolvere, in questa fase, una parte del problema. Ci piacerebbe anche sapere se verranno portati i rifiuti all'estero, chi pagherà tutto questo e come si organizzeranno tutte queste operazioni.
Noi riteniamo che la Campania, così come tante altre regioni - purtroppo ve ne sono diverse, nel nostro Paese, in condizione di criticità rispetto alla gestione integrata dei rifiuti - debbano adeguarsi gradualmente alla normativa comunitaria, così come stabilito dal decreto-legge 3 dicembre 2010, n. 205, che abbiamo appena recepito e che di fatto rende applicativa la direttiva europea n. 98 del 2008. Quest'ultima impone una precisa scala gerarchica delle azioni da porre in essere per una corretta gestione dei rifiuti: in primo luogo, sono necessarie politiche di prevenzione e di riduzione della produzione; al secondo posto, si pone l'esigenza del riutilizzo e riciclo dei prodotti e dei materiali; in terzo luogo, si chiede il recupero dei materiali e, solo come ultima istanza, si individua l'incenerimento e il conferimento in discarica. Questa è la strada che ci obbliga a seguire l'Europa e che crediamo che anche le regioni oggi in crisi debbano seguire.
Crediamo anche che questo Governo debba svolgere un ruolo più forte di coordinamento per le politiche integrate di gestione dei rifiuti e di promozione della raccolta differenziata, nonché nella realizzazione impiantistica, che, fino ad oggi, come Governo, vi siete rifiutati di fare, da un lato propagandando risultati non ottenuti, dall'altro lato, quando avevate dei problemi, addossando i fallimenti della vostra politica al sistema degli enti locali.
Occorre, credo, più serietà e senso di responsabilità, occorre finirla di promettere miracoli che puntualmente non si realizzano (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

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