22/05/10

La green economy: la proposta del PD

Di seguito il testo del documento presentato alla Assemblea nazionale Pd che si è conclusa oggi a Roma.
Qui anche la sintesi della discussione.

L’economia verde è l’unica vera opportunità per uscire da due grandi crisi, quella climatica e quella economica, per lasciare un mondo vivibile alle generazioni future, per costruire sviluppo e creare nuovi posti di lavoro tenendo conto del vincolo delle risorse naturali. L’economia verde è quindi una via di sviluppo che può consentire di rilanciare su basi nuove e più solide l’economia che non può tornare su precedenti modelli di crescita alimentati a debito e con un consumo insostenibile di risorse naturali. Nel nostro paese l’economia verde si incrocia con la qualità, la coesione sociale, la ricchezza dei territori; un incrocio che può rendere più competitive le nostre imprese e che è alla base della forza del nostro paese. L’economia verde incrocia trasversalmente ogni settore produttivo, ha i suoi cardini nel risparmio energetico, nell’efficienza energetica, nell’uso di fonti rinnovabili di energia, nelle tecnologie e nelle innovazioni che riducono l’impatto ambientale dei processi produttivi e può applicarsi all’edilizia come alla meccanica, alla chimica come all’agricoltura, al tessile come al turismo di qualità. La scelta della sostenibilità ambientale nei processi produttivi può andare di pari passo a scelte di consumo responsabile, per rendere minimo l’uso di risorse naturali anche nei nostri acquisti di ogni giorno con una preferenza ad esempio per i prodotti locali o per quelli con imballaggi minimi. Dunque, una prospettiva solida per l’Italia fondata sulla qualità e sul valore del made in Italy, sulla ricerca, sulla conoscenza, sulla bellezza dei nostri territori, sulla nostra storia, sulla ricchezza del nostro ambiente.


L’economia verde al centro delle politiche industriali

La riconversione ambientale dell’economia può rappresentare una vera discontinuità, un vero balzo in avanti, quello che l’elettrificazione, le telecomunicazioni, la rivoluzione informatica hanno rappresentato tra fine ottocento e novecento. La costruzione di una società a basso contenuto di carbonio è una prospettiva già in parte in atto, sulla quale le imprese italiane si sono incamminate pur in assenza di un quadro di regole stabili e di incentivi certi. L’economia verde deve essere protagonista di un disegno di sviluppo del paese come concepita nel programma Industria 2015 che va rafforzato e aggiornato ai prossimi anni. C’è il rischio concreto che la crisi economica in Italia non sia solo un fenomeno congiunturale, e quindi un calo a cui segue in modo quasi automatico un rimbalzo positivo, ma si traduca piuttosto in una riduzione della struttura produttiva del paese. È un rischio molto grave, che segnerebbe un impoverimento strutturale e che va contrastato con forza e grande tempestività, sorreggendo con un disegno chiaro di politica industriale linee e settori di possibile sviluppo, privilegiando la chiave dell’economia verde, come hanno già fatto con investimenti consistenti Stati Uniti, Germania e Cina tra gli altri. Non si può pensare di uscire da una crisi arroccandosi in una posizione difensiva, senza investire nel futuro, senza affrontare quegli adeguamenti che possono mettere il nostro sistema produttivo di grado di competere con gli altri.

Favorire l’economia verde è una vera politica nazionale

La sfida dell’economia verde è una sfida per l’intero paese, per la struttura produttiva del nord e per la crescita del sud. Proprio nel mezzogiorno potrebbero realizzarsi i maggiori guadagni in termini di occupazione e di capacità produttiva. Fin qui il Mezzogiorno ha avuto i vantaggi minori dal processo di industrializzazione del secolo scorso ma ha comunque subito costi ambientali notevoli. E in più nelle regioni meridionali risiede la quota più giovane della popolazione italiana, la quota maggiore degli inattivi, la quota maggiore di donne che non partecipano al mercato del lavoro. L’economia verde può diventare nel Sud un elemento catalizzatore della catena di connessione tra ricerca innovazione e produzione per esprimere al meglio le potenzialità del sistema universitario e di ricerca e del patrimonio territoriale. Nelle regioni meridionali, accanto a un rinnovato slancio dell’agricoltura di qualità e del turismo e della salvaguardia quindi del patrimonio storico e paesaggistico, può realizzarsi uno sviluppo importante nella produzione di energia da fonti rinnovabili, con il solare in prima fila, nell’efficienza energetica, nella riqualificazione edilizia soprattutto nelle aree urbane.

Efficienza energetica e fonti di energia rinnovabili

L’efficienza energetica è la vera fonte di energia del futuro. Ridurre il consumo di energia a parità di prodotti e servizi realizzati è la strada maestra per combattere l’emergenza climatica. Si può ottenere un minor consumo di energia negli edifici pubblici o privati, nei processi produttivi, nelle modalità di trasporto. Molto può essere già fatto con la tecnologia e con chiare indicazioni normative come avviene in altri paesi, solo a titolo di esempio in Gran Bretagna tutti gli edifici residenziali di nuova costruzione al 2016 dovranno essere a emissioni zero. Ma si deve investire di più nella ricerca in questo ambito e nella collaborazione fruttuosa tra sistema della ricerca e imprese, possono essere sviluppate quelle tecnologie pervasive che sono alla base anche dello slancio di numerosi spin off del sistema universitario locale. Altra strada maestra è nello sviluppo di energia da fonti rinnovabili e dunque eolico, solare, biomasse, energia idraulica, biocarburanti, geotermia. Possiamo darci l’obiettivo di puntare a una industria nazionale del settore, sapendo che alcuni paesi hanno già maturato esperienza e competenza e altri hanno vantaggi di costo, ma non possiamo rinunciare ad entrare in quegli spazi dell’intera filiera, inclusa la parte alta di ricerca e produzione, che sono alla nostra portata. Accumulare ulteriore ritardo sulla strada dell’efficienza energetica e dello sviluppo delle rinnovabili è un errore strategico che toglie competitività al nostro paese, alle nostre imprese.

Legalità e controlli ambientali

L’economia verde non può che essere un’economia pulita, che rispetta i diritti e le leggi. Non può esserci spazio per il malaffare e per l’uso indiscriminato del territorio e vanno quindi combattute con il massimo rigore le infiltrazioni della criminalità organizzata, che più di altri ha saputo vedere le potenzialità di espansione del settore e condiziona pesantemente la gestione dei rifiuti in molte parti del paese, e i comportamenti illegali che sono alla base dell’impoverimento del territorio e dei rischi per l’incolumità delle persone. Non può esserci spazio per nuovi condoni edilizi o per il mancato rispetto dei vincoli naturali e paesaggistici. L’ambiente va tutelato meglio anche sotto il profilo normativo, anche con la introduzione di norme specifiche che puniscano i reati contro l’ambiente. Allo stesso modo va rafforzato il sistema di controlli ambientali, garantendone autorevolezza e indipendenza. E’ possibile promuovere, come indicato a livello europeo, la collaborazione fra imprese e organismi pubblici, e quindi Ispra, Arpa e Appa, per migliorare la performance ambientale delle imprese e quindi favorire sul mercato le imprese di qualità. Vanno poi sviluppati i servizi ambientali (monitoraggio della qualità dell’aria, circolazione e produttività del mare, gestione dei sistemi costieri, monitoraggio della superficie terrestre e servizi all’agricoltura, adattamento al cambiamento climatico tra gli altri) diffondendo a livello nazionale i risultati ottenuti nell’ambito dei programmi di cooperazione europea.

Riciclo dei rifiuti

Anche qui ci vuole una discontinuità, va rovesciato un modo di vedere seguito fin qui per cui i rifiuti sono solo un problema da gestire nel modo più efficiente possibile e nel rispetto dell’ambiente e della salute. Dobbiamo imparare sempre di più a vedere i rifiuti come una risorsa in un mondo di risorse limitate e quindi immaginare distretti del riciclo, favorire lo sviluppo di industrie locali che riutilizzano i materiali resi disponibili in quantità sempre maggiori dalla promozione della raccolta differenziata per andare verso una vera e propria società del recupero. L’obiettivo rimane quello di non sprecare risorse e quindi sono prioritarie le misure che possono ridurre alla fonte i rifiuti prodotti, sviluppando ad esempio un processo innovativo per la progettazione degli imballaggi.

Il territorio è il principale patrimonio dell’economia verde

Dobbiamo incentivare la manutenzione del territorio per adattare ogni metro quadro alle sfide del cambiamento climatico, cercando, ad esempio, di trattenere l’acqua il più a lungo possibile ove cade, per attenuare l’erosione del suolo e le piene e per ricaricare le falde. Le siccità più lunghe costituiscono un maggior rischio di incendio boschivo che deve essere affrontato con lo sfoltimento del bosco. Da qui la possibilità di recupero di residui agricoli e forestali per produrre energia contribuendo al tempo stesso in modo determinante alla manutenzione del territorio. Vanno sviluppate e diffuse le tecnologie avanzate di monitoraggio, basate sull’integrazione di tecnologie in loco con tecnologie dallo spazio, diffondendo a livello territoriale i risultati ottenuti alla scala internazionale nei grandi programmi di cooperazione europea. Sono da ripristinare i fondi per la difesa del suolo e il contrasto al dissesto idrogeologico che hanno subito tagli drammatici così come vanno ripristinati i fondi per le infrastrutture a livello nazionale e cambiate le regole del patto di stabilità interno in modo da stabilizzare le spese correnti ma consentire la realizzazione di spese per investimento agganciandole ad un percorso sostenibile per i conti pubblici.

L’ambiente anche nel nuovo patto fiscale tra Stato e cittadini

La leva fiscale è uno strumento decisivo per incoraggiare comportamenti virtuosi e penalizzare chi pensa di poter continuare a scaricare il proprio tornaconto di breve periodo sul futuro di ognuno e delle nuove generazioni. Possiamo pensare a una modifica del sistema fiscale in modo da ridurre il carico su lavoratori e imprese per spostarlo sui consumi di energia e di materie prime. Il nostro paese deve inoltre partecipare in maniera più attiva al dibattito aperto in sede europea e mondiale su ipotesi di imposte sulle emissioni di co2 legate ai prodotti, una sorta di tassa ambientale per favorire le produzioni più attente nel rispetto dell’ambiente. Allo stesso modo devono essere resi stabili e certi gli incentivi fiscali per la riqualificazione energetica e la messa in sicurezza sismica degli edifici così come il credito di imposta per la ricerca.

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