27/08/09

Un pezzo di storia che è ancora qui...


Con Ted Kennedy se ne va l’ultimo dei tre fratelli della dinastia di una delle famiglie che molto ha dato alla cultura politica americana e quindi a tutto il mondo occidentale. Il Senatore più “liberal” dei tre, più di sinistra si direbbe da noi, primo sostenitore importante di Barack Obama nella sua recente campagna presidenziale. Molto e di tutto è stato scritto e detto su le figure e l’operato dei tre Kennedy: la storia di John e Bob è nota. Ma come sempre credo che dalla storia e dalle azioni dei suoi protagonisti ci si debba rifare per interpretare la realtà attuale e per affrontare le sfide del futuro. Credo che fra i tanti tratti della “filosofia kennediana” quella che più mi ha colpito sia la propensione continua all’innovazione, alla capacità di delineare scenari futuri ricchi di speranza per un mondo migliore.


Certo il mondo e il periodo che li ha visti protagonisti, gli anni ’60, ci hanno regalato miti e storie di cui oggi sentiamo, come progressisti, un grande bisogno; forse a volte una nostalgia per dei valori autentici che paiono essere scomparsi e che non abbiamo saputo mantenere e rinnovare.
L’aver vissuto e lavorato per oltre una anno negli Stati Uniti e aver avuto poi la fortuna, per vari motivi, di esserci ritornato diverse volte, mi ha fatto comprendere e amare molti degli aspetti della società americana, anche nelle sue numerose contraddizioni.
Due sono le questioni che considero per me più attuali che si ritrovano nell’idea di società disegnata da Bob Kennedy: una è data dalle battaglie per l’integrazione razziale e per la tutela dei diritti delle minoranze, vero motore dell’attuale società americana, l’altra riguarda la critica al modello economico, basato sul consumo, che come indicatore di sviluppo, cosa che per altro facciamo oggi quotidianamente nelle discussione politica, usa il Prodotto interno lordo.
Proprio l’aspirante Presidente degli Stati Uniti durante la campagna elettorale del 1968 si esprimeva così a proposito del Pil (Prodotto interno lordo): “ non tiene conto dello stato di salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione e della gioia dei loro giochi. E’ indifferente alla decenza delle nostre fabbriche e insieme alla sicurezza delle nostre strade. Non comprende la bellezza della nostra poesia o la solidità dei nostri matrimoni. L’intelligenza delle nostre discussioni o l’onestà dei nostri dipendenti pubblici. Non tiene conto né della giustizia dei nostri tribunali, né della giustezza dei rapporti tra noi. Il Pil non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio, né la nostra saggezza, né le nostre conoscenze, né la compassione, né la devozione al nostro paese. Misura tutto , in breve, eccetto ciò che rende la vita meritevole di essere vissuta, e può dirci tutto sull’America, eccetto se siamo orgogliosi di essere americani”.
Questo penso faccia parte dell’eredità politica dei Kennedy: il saper guardare oltre il presente, il rifarsi a valori antichi ma non superati, valori che devono essere anche per le forze democratiche progressiste di oggi alla base del proprio progetto politico, per una società più equa.


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