23/06/09

Oggi in Parlamento..

Signor Presidente, vorrei subito entrare nel merito del provvedimento svolgendo una brevissima considerazione di metodo, esaminando poi alcuni aspetti dei contenuti.
Nel metodo, la cosa che un po' ci irrita è che in prima lettura abbiamo presentato diversi emendamenti che sono stati respinti nel corso della discussione, molti dei quali sono stati poi reintrodotti al Senato. Questo anche a dimostrazione che le osservazioni che avevamo fatto erano assolutamente pertinenti e non strumentali.
Nel merito, questo provvedimento è assolutamente complesso e in qualche caso anche un po' raffazzonato, dal mio punto di vista, perché tocca diverse materie che tra loro hanno anche poco a che fare. Non v'è dubbio che il tema del rientro del nostro Paese nel nucleare è l'elemento fondamentale che troviamo all'interno di questo provvedimento.


A questo proposito, visto che un po' di tempo è passato e che le situazioni cambiano, tutte le perplessità che avevamo manifestato nella discussione precedente rimangono, ma vengono anche rafforzate da recenti studi di autorevoli istituti scientifici, che indicano come l'opzione nucleare presenti numerosi rischi soprattutto di carattere economico e di sicurezza.
Faccio riferimento ad un documento del Massachusetts Institute of Technology, che aggiorna un report dal 2003 al 2009 e sottolinea che, nonostante l'attenzione sul tema sia notevolmente cresciuta e nuove politiche di rilancio siano state annunciate in molti Paesi, lo sviluppo del nucleare è in calo a livello globale. Ad eccezione di Asia, in particolare di Cina, India e Corea, esistono infatti pochissimi progetti concreti. Stiamo parlando di quarantaquattro impianti attualmente in costruzione, di cui solo quattro nei Paesi dell'Unione europea, che sono ventisette, dei quali ne troviamo due in Bulgaria.

Negli Stati Uniti non vi è attualmente alcun cantiere aperto ed il lento sviluppo del nucleare rispetto agli annunci ed alle previsioni rende meno probabile lo scenario di espansione ipotizzato nel 2003 (si parlava di 1000 gigawatt elettrici nel 2050, di cui 300 negli Stati Uniti).
Viene inoltre ribadito il concetto-chiave che, in un'economia di mercato, il nucleare non è ad oggi competitivo rispetto al gas o al carbone: i costi del capitale ed i costi finanziari delle centrali nucleari continuano ad essere infatti significativamente incerti. Dal 2003 i costi di costruzione delle centrali nucleari sono aumentati drasticamente, con una media del 15 per cento all'anno in più (come dimostrano le esperienze in Giappone e in Corea).
Nel 2007, sempre secondo i dati che vengono citati in questo studio, realizzare una centrale nucleare costa 4000 dollari per chilowattora contro i 2000 di quattro anni prima: si tratta di un aumento di costo molto più consistente di quanto è accaduto nel campo del carbone e del gas, attualmente stimato rispettivamente a 2300 e a 850 dollari a chilowattora contro i 1.300 e i 500 del 2003.
Tale crescita si ripercuote inevitabilmente anche sui costi finali dell'energia: rispetto ai 6,7 centesimi a chilowattora stimati nel 2003, il nucleare è passato oggi ad 8,4 centesimi a chilowattora.
In buona sostanza quindi - ed in questo studio ciò viene ribadito - perché il nucleare oggi sia competitivo, deve essere fortemente incentivato.
Credo sia giusto ricavare alcune considerazioni anche dai vari documenti che ci propone la Commissione europea, la quale afferma che le prospettive di investimento nel nucleare in Europa sono più interessanti se si pone l'attenzione alla sostituzione o all'estensione della durata di vita delle centrali nucleari che raggiungeranno il termine della loro vita utile originariamente al 2020, piuttosto che costruire nuovi impianti.
Secondo le previsioni attuali - che tengono conto anche delle probabili famose quattro centrali nucleari che dovremmo realizzare in Italia - la capacità nucleare dell'Unione europea potrebbe diminuire di circa 33 gigawatt elettrici.
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Riguardo poi al grado di accettabilità che questa tecnologia ha presso le popolazioni si ribadisce - anche da indagini compiute da Eurobarometro - che detta accettabilità è fortemente legata alla disponibilità di soluzioni sicure e permanenti per quanto riguarda la gestione dei rifiuti radioattivi (una questione che, ad oggi, non è stata risolta da nessuna parte).
Particolare attenzione viene poi data al fatto che gli impianti nucleari devono essere attentamente protetti sia contro i tentativi di sabotaggio, sia contro gli eventuali attacchi terroristici e l'eventuale furto di materiale nucleare.
Rispetto poi alla sicurezza - ed anche su questo punto il provvedimento in esame presenta, come abbiamo sottolineato più volte, numerose lacune - la proposta di direttiva EURATOM definisce in maniera precisa le caratteristiche dell'Autorità di regolamentazione raccomandandone la competenza e l'indipendenza.
All'articolo 9 si sottolinea la necessità di avere a disposizione esperti nella materia, ricordando che nei decenni passati non è stato fornito un numero sufficiente di specialisti e che, quindi, in questo settore sussiste anche il problema dell'invecchiamento del personale e degli ispettori.
Si ricordi, inoltre, che l'obbligo di garantire la disponibilità di sufficiente personale qualificato è riconosciuto anche dall'articolo 11 della Convenzione sulla sicurezza nucleare.
Da ultimo non va dimenticato - ne abbiamo discusso varie volte in questo contesto - l'articolo 5, che ribadisce la trasparenza volta a garantire ai cittadini la partecipazione ad un processo decisionale trasparente (queste sono le indicazioni delle direttive europee).
Ho voluto riportare parzialmente il contenuto di questi documenti proprio per evidenziare come la proposta del Governo - al di là del fatto di essere d'accordo o meno sul nucleare in sé, che mi sembra anche una discussione sterile - non consideri però gran parte di queste indicazioni europee e, soprattutto, proponga un percorso assolutamente inadeguato.
Se consideriamo, ad esempio, la proposta relativa all'Agenzia per la sicurezza nucleare - che, devo dire, è migliorata rispetto alla prima lettura - rimangono due nodi irrisolti fondamentali, che rendono il provvedimento non congruo con le indicazioni europee.
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Il primo è quello relativo al finanziamento, poiché in realtà nella fase iniziale si costituisce l'Agenzia prendendo una parte dei finanziamenti, che sarebbero comunque insufficienti, dall'Agenzia nazionale ambientale (l'ISPRA) indebolendo, quindi, ulteriormente un istituto che si trova in una fase caotica da diversi mesi, in quanto a tutt'oggi commissariato.
Inoltre gran parte di questo personale che dovrebbe confluire nell'Agenzia dovrebbe provenire sia dall'ISPRA sia dall'ENEA. È personale precario (lo sono molti di questi), oppure - come veniva ricordato prima - vicino al pensionamento. Sarebbe quindi necessario nuovo personale o comunque prevedere un serio programma di qualificazione data la delicatezza della materia. Invece è spuntato un emendamento, presentato in sede di Commissione attività produttive, del Governo che mira addirittura a cancellare un articolo dove si fa questo richiamo alla qualificazione del personale e alla specializzazione.
Ricordo molto brevemente altre questioni che non riguardano in questo caso il nucleare. Pur apprezzando alcune proposte che sono nell'articolo 27 (quello sulle misure per la sicurezza e il potenziamento del settore energetico), non condividiamo - come è già stato ricordato - la soppressione che è stata posta per il divieto di commercializzazione sia per quanto riguarda le lampadine ad incandescenza, sia per quello che riguarda gli elettrodomestici inferiori alla classe A. Ci sembrava un bel segnale, e questa soppressione ci vede totalmente in disaccordo. Così come non capiamo - anche qui lo avevamo segnalato più volte - per quale motivo non vengano previsti incentivi anche per quelle tecnologie, quali il fotovoltaico a concentrazione, molto più efficienti di quelle tradizionali per le quali tra l'altro l'Italia vanta un primato sulla ricerca e lo sviluppo tecnologico. Quindi anche in questo caso, nonostante i nostri solleciti non ci pervengono le risposte. Poi vi sono anche alcuni errori abbastanza marchiani. Mi riferisco ad esempio all'articolo 27, comma 25, dove si parla di carbon fossile di nuova generazione. Non mi risulta che esista un carbone di nuova generazione. Penso che il tema «nuova generazione» debba riferirsi agli impianti di produzione che utilizzano il carbone. Ritengo inoltre che, seppur non vi siano dubbi sul fatto che le aree industriali dismesse debbano essere soggette ad un processo di riconversione produttiva, non sia opportuno che a tal fine siano previste
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deroghe alle normative regionali in tema di tutela ambientale e programmazione del territorio. Tra l'altro va anche ricordato che per quanto riguarda questo spesso enunciato tema del sequestro di carbonio - è quanto dice questo lavoro del MIT - si tratta di una tecnologia che avanza molto lentamente rispetto a quello che si pensava, e quindi anche tutta la questione del carbone «pulito» oggi ha subito uno stop interessante. Ricordo sul tema della geotermia - concludo - come rispetto alla possibilità di sfruttamento di pozzi geotermici rimanga un canale preferenziale per ENEL ed ENI. Allora ci sembra che questo articolato e in particolare questo diritto di prelazione oggi non siano più coerenti con la liberalizzazione dei mercati del settore energetico. Ricordiamo inoltre che abbiamo presentato anche una richiesta di provvedimento per normare l'emissione dei campi geotermici.
PRESIDENTE. Deve concludere.
ALESSANDRO BRATTI. Non mi soffermo - concludo, signor Presidente - sul tema dell'ENEA perché non è vero, come ricordava il relatore, che vi è un passaggio che qualifica l'ente; lo penalizza fortemente in quanto non si capisce poi dove andranno a finire i 400 ricercatori che si occupano dell'ambiente. In buona conclusione per questi motivi e per queste ragioni esprimiamo un giudizio abbastanza negativo in generale, ma soprattutto per le parti che riguardano il tema energia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

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