24/10/08

Clima ed energia: inizia il confronto....forse

Qui il video del mio intervento di ieri (ore 16.04) sul disegno di legge n°1441 in materia di energia. E qui sotto il testo....

Sig Presidente,
la proposta del Governo in materia energetica attraverso il collegato alla finanziaria, pare proporre una soluzione integrata e razionale alla sfida dei cambiamenti climatici e invece in realtà rischia di allontanare l'Italia dalle scelte europee: infatti pur dichiarando un impegno sulle fonti rinnovabili e sulle politiche di implementazione del risparmio e dell'efficienza energetica, il Governo tende a sospingere l'Italia in tutt'altra direzione, con scelte che ipotecano il futuro energetico del Paese per i prossimi 40 o 50 anni, puntando come scelta prioritaria sul “nucleare”. Le recenti posizioni del Governo italiano rispetto al pacchetto clima , noto come pacchetto 20-20-20 , rimettono in discussione di fatto gli obiettivi della UE per il rispetto del Protocollo di Kyoto. Addirittura il Premier Berlusconi critica aspramente i meccanismi di mercato, cari al riformismo ecologista, dello scambio di emissioni di gas serra e della costituzione di una Borsa per la compra vendita delle eccedenze. Fortunatamente siamo in Europa e finalmente pare non solo per le politiche monetarie .La sensazione che si ricava attraverso le dichiarazioni del Commissario Dimas, non certo un estremista dell’ecologismo, è che l’Europa sia decisa nell’attuare quelle politiche di sostegno per sviluppare un’economia “verde” con la consapevolezza che il costo della cosidetta “inazione”, cioè il non far nulla, sarebbe troppo alto da sostenere per i Paesi europei non solo in termini ambientali ma soprattutto economici. Secondo la Commissione per raggiungere gli obiettivi europei l’Italia dovrà investire 8 miliardi di euro l’anno ma avrà benefici economici immediati . Ogni anno, solo grazie al taglio delle importazioni di gas e petrolio, l’Italia potrà risparmiare 7,6 miliardi di euro, mentre con la riduzione dell’inquinamento si risparmierebbe oltre 1 miliardo di euro in politiche di mitigazione e controllo. Questo senza considerare i benefici che deriverebbero dall’innovazione del sistema economico.
Questi benefici sono già evidenti sulle fonti rinnovabili : gli investimenti in Germania hanno prodotto l’occupazione oggi di 250 mila persone. In Italia il solo settore eolico occupa 13.000 persone e potrebbe crescere a 66.000 contribuendo da solo ad oltre la metà degli obiettivi per le fonti rinnovabili al 2020 .
I costi di produzione di tutte le fonti rinnovabili sono da anni in diminuzione contrariamente al nucleare che presenta costi in forte crescita. I 50 miliardi di kWh da rinnovabili da produrre in più al 2020, peraltro, valgono 25 milioni di tonnellate di CO2 all’anno evitate, la riduzione dei consumi di circa 10 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio oltre agli investimenti evitati in centrali a combustibili fossili dell’ordine dei 5 miliardi di euro. Questi benefici probabilmente non sono stati stimati nei costi presentati dal Governo che scegliendo lo scenario peggiore proposto dalla Commissione ha dichiarato che il pacchetto clima costerebbe circa 18 miliardi di euro.
A Varsavia, dall’incontro fra i Ministri dell’Ambiente, è emerso che la futura COP 14 che si terrà a Poznan sarà la pietra miliare del nuovo accordo globale sui cambiamenti climatici . Il ministro Nowicki ha sottolineato che “la crisi finanziaria non deve essere una scusa per non prendere azioni di intervento rapido” e poi ha anche aggiunto che “unire la crisi finanziaria e la lotta ai cambiamenti climatici può portare benefici a tutto il mondo”.
Queste dichiarazioni non sembrano essere in linea con quanto espresso dal nostro Ministro dell’Ambiente che in più di un’intervista alla stampa ha fatto notare come in un momento di crisi finanziaria si debbano rallentare gli impegni sulle politiche ambientali. Per altro i primi provvedimenti concreti che stanno emergendo nella discussione sulla finanziaria rispetto alle politiche di efficienza e risparmio energetico fanno registrare un netto contrasto rispetto a ciò che succede in Europa. L’eliminazione della certificazione energetica degli edifici e la volontà espressa dalla maggioranza e dal Governo in Commissione Ambiente di eliminare nel futuro il fondo per le detrazioni fiscali per l’efficienza energetica stanno a dimostrare una scarsa propensione di questo Governo per lo sviluppo sostenibile. Ci si rifugia invece dietro una politica di tagli non selettiva e l’ ambiente viene ancora discriminato in nome della crisi finanziaria in atto ed andando in questo modo al di fuori delle linee che i capi di stato europei hanno definito a Bruxelles.
Una posizione così arretrata nel nostro Paese tende a penalizzare al solito le industrie più virtuose e rimandare soluzioni ambientali necessarie per aree strategiche come la Pianura padana. Se si esamina lo stato dell’ambiente della Pianura padana emerge uno stato di inquinamento dell’aria tra i più preoccupanti del mondo, con concentrazioni di polveri costantemente superiori ai limiti sanitari imposti a livello europeo. Situazione simile la si riscontra nelle falde acquifere e nei corsi superficiali. La produzione di biossido di carbonio rappresenta circa la metà di quello prodotto a livello nazionale. Da anni si chiede che l’emergenza padana diventi una grande emergenza europea dove le politiche ambientali siano centrali nelle politiche di sviluppo del governo. Rimandare la sfida di Kyoto significa in altre parole anche rimandare una possibile soluzione di questi problemi con tutte le conseguenze a livello sanitario ed economico. Pensate a quanti turisti verrebbero sulle coste adriatiche se passasse il messaggio che l’acqua e l’aria sono fra le peggiori del mondo !!!
La scelta del nucleare , come tecnologia complementare alle fonti rinnovabili e al risparmio energetico, in linea di principio non mi trova contrario, ma questa deve essere supportata dalla costruzione di un sistema di ricerca e di controllo che oggi in Italia non esiste.
La complessità della struttura di controllo degli Stati Uniti , della Francia e in genere di tutti i paesi dove si è sviluppata la tecnologia nucleare, evidenzia quanto un’Agenzia per la sicurezza sia fondamentale per il funzionamento di questi impianti. La mancanza in Italia di una situazione analoga, ma anche lontanamente simile, mi ha convinto che la proposta che il Governo ha presentato è largamente insufficiente a garantire quelle condizioni minime di sicurezza per lo sviluppo di una tecnologia così complessa.

In specifico rispetto alla proposta di costituzione dell’ Agenzia per la sicurezza nucleare vi sono alcuni punti che io considero di grande debolezza, pur riconoscendo che rispetto all’idea iniziale , grazie al lavoro del PD in commissione Attività produttive il testo licenziato è notevolmente migliorato
Innanzitutto non è garantita la terzietà della struttura essendo il presidente dell’Agenzia nominato dal Presidente del consiglio e i membri del CDA nominati in maniera paritetica dai Ministeri dell’Ambiente e dello Sviluppo economico. Ben diversa ad esempio è l’Agenzia francese i cui vertici sono nominati dalle massime cariche istituzionali dello Stato per garantire una vera terzietà. Poi vi è un’altra anomalia in quanto non si capisce perché un organo che ha funzioni fondamentalmente di controllo debba vedere due rappresentanti del Ministero dello Sviluppo economico, quasi a costituire una sorta di presidio di controllo dell’operato della struttura. D’altronde è ormai evidente che il Ministro dell’Ambiente sta rinunciando al suo ruolo ed è completamente subalterno alla logica finto-sviluppista dell’attuale governo ben lontano dalla logica della sostenibilità.
Nel passato con il passaggio della DISP (Direzione Centrale per la Sicurezza Nucleare e la Protezione Sanitaria dell’ENEA) all’ANPA (Agenzia Nazionale per la Protezione dell’Ambiente) 15 anni fa si era risolto il problema del controllore/controllato e si era raggiunto finalmente un alto grado di indipendenza dell’Ente di controllo che non era più collocato nella sfera del Ministero dell’industria ma in quella del Ministero dell’ambiente. Ora si vuol fare il percorso inverso, creare una nuova Agenzia per portarla nella sfera del Ministero dello sviluppo economico. Non vi è altro motivo. Non è irrilevante che sia proprio il Ministro dello sviluppo economico il regista dell’operazione.
La scelta di costituire la nuova Agenzia attraverso l’unione di 50 operatori di ISPRA, ex agenzia dell’ambiente APAT, (ex “nuclearisti” di APAT) con 50 persone di ENEA non risolverebbe il problema principale che è quello della forte carenza di personale giovane. L’età del personale che in ENEA ha una competenza nucleare, ancorché di esercente, non è diversa da quella dell’ISPRA, ed è molta avanzata.
È necessario procedere ad assunzioni, senza perdere nel frattempo le poche unità di personale precario che sono state formate negli ultimi anni. Il Governo propone quindi l’istituzione di un ‘Agenzia di importanza fondamentale senza prevedere spese aggiuntive in tema di formazione e di assunzione di personale. Di più non è chiaro se i “100” dipendenti saranno pagati con i fondi dei propri enti di provenienza oppure da altri fondi
Una nuova Agenzia autonoma richiede unità di servizi (personale, amministrazione, servizi generali ecc.) per le quali non sarebbero sufficienti le poche persone di supporto amministrativo presenti nel Dipartimento Nucleare, Rischio Tecnologico e Industriale dell’ISPRA.
Non è chiaro , anzi non è proprio previsto se l’Agenzia opererà anche tramite strutture regionali. Oggi il sistema di allarme radiologico è molto capillare e diffuso e numerosi sono gli enti che se ne occupano. Vi sono alcune regioni che possiedono reti di allerta proprie. Le professionalità che oggi sono incardinate nelle Agenzie regionali per l’Ambiente non è chiaro come si collocano rispetto al progetto presentato. Circa duecento persone si occupano nei vari livelli regionali di radiazioni ionizzanti e non viene definito se rispetto all’Agenzia essi avranno un ruolo. Al solito così come è stato per la costituzione di ISPRA si sceglie una strada fortemente centralista e poco attenta alle autonomie regionali e locali.
Per diversi anni l’attività di controllo sarà ancora destinata al decommissioning e alla sistemazione dei rifiuti radioattivi.
Sarebbe impensabile far partire nuove centrali senza prima aver sistemato le vecchie e soprattutto senza aver realizzato le strutture necessarie per la messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi.
Non è poi corretto il passaggio in cui si afferma che l’Agenzia garantisce la sicurezza nucleare ed è responsabile per la sicurezza e la salvaguardia nucleare. Infatti la responsabilità della sicurezza è inevitabilmente in capo al titolare della gestione dell’impianto . E’ quindi il titolare della gestione che seguendo le regole dettate dall’Autorità deve garantire poi la sicurezza.
Vi sono inoltre altre questioni che vanno approfondite contenute nell’articolato del DDL 1441 ter, dalla possibilità di dichiarare i siti aree di interesse strategico nazionale , soggette a speciali forme di vigilanza che rischiano di rendere poco trasparenti le attività connesse agli impianti, alla definizione di cosa significhi “benefici diretti alle persone residenti” dove insiste la centrale. Anche questa affermazione va spiegata perché l’impatto dell’impianto non necessariamente si esplica nel comune dove è collocato.
Tanti sono dunque gli interrogativi che probabilmente ,dato la posta in gioco, per poter essere sciolti avrebbero richiesto un lavoro parlamentare meno frettoloso e un coinvolgimento delle istituzioni regionali e locali al fine di verificare ed eventualmente migliorare l’accettabilità sociale di una scelta così importante per il futuro dell’Italia

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