Antonio Iovine
Caserta, 7 giugno 2014 "Ho iniziato la collaborazione per avere un futuro migliore, per dare una svolta alla mia vita", ha esordito così il suo racconto ai giudici l’ex boss del clan dei Casalesi Antonio Iovine, dal 13 maggio scorso collaboratore di giustizia. Iovine viene sentito in teleconferenza al processo davanti al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere (Caserta) in cui è imputato, tra gli altri, l’ex sindaco di Villa Literno (Caserta) Enrico Fabozzi.
Iovine ha poi spiegato il rito della 'pungitura', con la quale entrò a far parte del clan dei Casalesi nel 1985 ."Ho iniziato a far parte dei Casalesi grazie ad un’amicizia con Bardellino avvenuta tra il 1984 e il 1985. Poi ho seguito la fase di scissione con Bardellino e ho seguito il clan fino al mio arresto. Entrai nei Casalesi - ha raccontato appena ventenne". Il rito della pungitura avvenne nello stesso giorno in cui si verificò l’aggressione e l’omicidio di Ciro Nuvoletta a Marano di Napoli. Secondo quanto raccontato da “’O ninno” il rito era una cosa "alquanto particolare. Non ricordo la formula che mi dissero di recitare, ma ci fu una pungitura sul dito e alcune macchie di sangue furono versate su un santino. Mi chiesero di dire che non avrei fatto cose contro il clan tradendolo". A questa cerimonia erano presenti Antonio Bardellino e Vincenzo De Falco.
Poi la confessione: "Ho commesso tanti omicidi, non li ricordo tutti", ha detto rispondendo alle domande del pm Antonello Ardituro. Iovine ha provato a fare il conto delle persone da lui uccise, ma non è stato in grado di ricordarle tutte. Il pentito si è soffermato in particolare sul primo omicidio al quale prese parte, quello di Ciro Nuvoletta, fratello del boss di Marano (Napoli) Aniello.
L’omicidio, ha spiegato Iovine, rientrava nello scontro tra i mafiosi corleonesi, alleati dei Nuvoletta, e il gruppo dei casalesi. I siciliani avrebbero voluto che Antonio Bardellino uccidesse Tommaso Buscetta, ma Bardellino si rifiuto’: per questo motivo, ha aggiunto Iovine, egli stesso fu poi assassinato in Brasile.
"Ogni mese entravano nella cassa del clan dei Casalesi 350-400mila euro". "Ogni mese disponevo di oltre 100mila euro per la latitanza oltre allo stipendio ha spiegato Iovine aiutavo la mia famiglia, chi mi aiutava. avevo bisogno di parecchie persone, sono stati tantissimi a mia disposizione nel corso degli anni.
Per gli stipendi a chi mi aiutava venivano pagati 30-40mila euro mentre gli altri 60mila erano in cassa". L’ex Primula rossa dei Casalesi ha spiegato che aiutava le famiglie degli affiliati detenuti, soprattutto chi era in regime di 41-bis aveva un compenso maggiore. “Dopo la sentenza Spartacus ci sono stati dei problemi. Ognuno pensava un po’ a se stesso”, ha raccontato Iovine spiegando come il clan da allora subì una vera e propria frammentazione.
(Ansa)
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