Sono 50mila gli apicoltori in Italia, mentre i produttori apistici
(ovvero gli apicoltori che svolgono l’attività a fini economici e
ricavano un reddito rilevante dall’attività) sono circa 7.500; gli
alveari sono 1.100.000 con circa 55 miliardi di api presenti in Italia.
Annualmente
nel nostro paese, si producono circa 8-11mila tonnellate di miele, a
seconda dell’andamento stagionale e meteorologico. Il valore economico
della produzione è di 20,6 milioni di euro (materia prima, quotazioni
all’ingrosso) con un valore stimato del settore compreso l’indotto di
57-62 milioni di €/anno, un valore per il servizio di impollinazione
all’agricoltura di 2,6 miliardi di €/anno e un valore per impollinazione
delle specie spontanee a fini di tutela ambientale pari a 2,6-3,6
miliardi di €/anno.
Questi i numeri dell’apicoltura italiana
(fonte Unaapi) che può essere messa in crisi dalla riduzione della
popolazione apicola. Secondo il Consiglio dell’ordine nazionale dei
dottori agronomi e dei dottori forestali (Conaf), la lotta alla moria
delle api necessita di un approccio olistico, attraverso la diffusione
di un’agricoltura sostenibile, favorendo la biodiversità nelle aree
rurali e non è un problema soltanto sanitario.
Lo ribadiscono gli
agronomi e i forestali (frequentemente consulenti di riferimento delle
aziende apistiche italiane) commentando la recente proposta del
“Comitato permanente della catena alimentare e della salute degli
animali”, istituita nella Commissione UE, di limitare l’uso del fipronil
(già revocato in Italia), insetticida ad ampio spettro appartenente
alla famiglia chimica dei fenilpirazoli, in quanto riconosciuto
dall’Efsa quale possibile minaccia per la popolazione delle api in
Europa.
Di fatto a partire dalla fine degli anni ’90, molti apicoltori (soprattutto nell’Europa occidentale e in Nord America) hanno iniziato a segnalare un anomalo impoverimento del numero di api e una diminuzione delle colonie. «La causa di questo declino non è unica – ha sottolineato Giuseppina Bisogno, consigliere Conaf e coordinatore del Dipartimento Risorse Naturali e Faunistiche – sono vari, infatti, i fattori concomitanti. Studi recenti (fonte Efsa) hanno evidenziato che fra questi vi sono gli effetti dell’agricoltura intensiva e dell’uso a volte indiscriminato di prodotti fitosanitari, la scarsa o insufficiente alimentazione delle api, il diffondersi di virosi e di agenti patogeni, gli attacchi di specie invasive (come ad esempio l’acaro varroa, la vespa asiatica, il piccolo scarabeo dell’alveare e l’acaro Tropilaelaps), i cambiamenti ambientali e la perdita di habitat».
La riduzione del numero di api pare acclarata come l’importanza di questi insetti per l’impollinazione: secondo le stime dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao), delle 100 specie di colture che forniscono il 90% di prodotti alimentari in tutto il mondo, 71 sono impollinate dalle api.
La maggior parte delle colture nell’Unione Europea dipende dall’impollinazione degli insetti. Inoltre, al di là del valore fondamentale dell’impollinazione per la conservazione della biodiversità, il suo valore monetario annuo globale è stato stimato in centinaia di miliardi di euro. «Nella revisione del regolamento (CE) N. 1234/2007 (del Consiglio del 22 ottobre 2007) recante Organizzazione comune dei mercati agricoli e disposizioni specifiche per taluni prodotti agricoli (regolamento unico OCM) – ha affermato Enrico Antignati, consigliere Conaf coordinatore del Dipartimento Agricoltura, Sviluppo Sostenibile ed Energie Rinnovabili – il Conaf auspica che vengano potenziati i servizi di consulenza specialistica (assistenza tecnica) rivolta agli apicoltori che riguardi, oltre agli aspetti sanitari, le tecniche di allevamento, la qualità delle produzioni, la gestione aziendale, e la formazione».
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