31/05/13
L'Africa sfuggirà alla maledizione delle risorse? Sì, con la crescita inclusiva e la green economy
Si conclude oggi a Marrakech, in Marocco, l'assemblea annuale dell'African Development Bank (Adb), dedicate alla trasformazione strutturale dell'Africa che ha dedicato due delle sue conferenze a "Risorse naturali dell'Africa: dove andiamo?" e "Massimizzare i guadagni provenienti dalle risorse naturali". Leader politici, finanzieri ed esperti si sono trovati d'accordo sulla priorità che deve essere data alla prima risorsa dell'Africa: la sua popolazione, nel quadro di una buona governance delle entrate prodotte dalle risorse naturali.
Intervenendo in plenaria il presidente del Rwanda, Paul Kagamé, ha detto che bisogna «Rifiutare la nozione della cosiddetta maledizione delle risorse. E' compito dello Stato e dei governi mettere attuare un'agenda adatta alla situazione di ogni Paese. La gestione e lo sfruttamento delle risorse nel continente devono essere determinate dall'interesse dell'Africa e dei suoi cittadini».
Ma l'Adb avverte che la questione delle risorse è ancora complessa: «L'africa conosce attualmente una crescita molto forte, in particolare grazie ai prezzi elevati delle materie prime agricole e minerarie. Però questa crescita non si traduce sempre in aumento della ricchezza per gli africani, soprattutto in creazione di posti di lavoro».
Il presidente dell'Adb, Donald Kaberuka, ha detto che «Praticamente dappertutto, si assiste alla scoperta ed allo sfruttamento di vaste quantità di risorse naturali. Si tratta soprattutto di metalli di base, di metalli preziosi, di petrolio e di gas. Questo boom delle risorse naturali non comporterà solo un accrescimento dei flussi di entrate, mai darà anche un impulso alle infrastrutture su grande scala, per sostenere la logistica connessa, le ferrovie ed i porti marittimi; comporterà una domanda accresciuta delle competenze, dei beni e dei servizi, compreso nelle regioni e nei Paesi meno ricchi in risorse. Ma tutto questo presuppone che noi agiremo come si deve, soprattutto nella progettazione dei modelli economici del settore minerario, la governance delle risorse naturali e l'ottenimento del giusto valore delle risorse naturali». Con l‘aumento delle entrate, diversi Paesi africani hanno cominciato a mettere in atto alcune strategie: creazione di fondi sovrani in Gabon e Nigeria, investimenti in grandi progetti infrastrutturali e costituzione di fondi per le generazioni future.
Jeffrey Herbst, dell'università di Oxford ha sottolineato: «Quel che è certo è che l'Africa deve trarre vantaggio dalla situazione attuale, perché i prezzi delle risorse naturali, in particolare delle materie prime minerarie ed agricole, potrebbero ridiscendere in funzione della congiuntura. Non c'è una buona governance delle risorse naturali, c'è solo una buona governance e basta. I Paesi africani devono sviluppare delle strategie, pensare alle generazioni future ed impegnarsi in dibattiti a livello nazionale. Non è qualcosa che altri possano fare per loro, si tratta di questioni molto politiche». Herbst ha insistito sull'importanza di investire nelle infrastrutture e nell'educazione.
Sheila Khama, dell' Africa progress panel e direttrice del servizio risorse estrattive all'African center for economic transformation pesa che «L'Africa deve riprendere in mano l'agenda dello sfruttamento e dell'estrazione delle risorse e non lasciarsi dettare le condizioni dagli investitori. Per l'Africa attualmente c'è una grande finestra di opportunità per capitalizzare le nostre risorse. Chiedo alla società civile, ai decisori politici, alle università in Africa di mobilitarsi su questo dossier».
Dal summit Marrakech è emerso che l'Africa ha oggi un grosso problema: manca delle risorse umane in grado di gestire questo boom delle risorse naturali a profitto degli Stati e delle economie africane, così come in Africa mancano esperti per valutare le risorse minerarie o avvocati per negoziare i contratti con multinazionali potentissime che invece di avvocati ne hanno eserciti.
Inoltre, la maggior parte delle amministrazioni fiscali africane faticano ad avere un reale controllo delle entrate prodotte dall'estrazione di materie prime, mentre la speculazione sulle concessioni sfugge quasi sempre completamente agli Stati africani.
Nel suo rapporto annuale presentato a Marrakech, l'Adb si dice convinta che «Le risorse agricole, minerarie ed energetiche dell'Africa possono potenzialmente dinamizzare la crescita economica del continente e permettere un'accelerazione dello sviluppo umano. Il settore primario necessita di una gestione efficace delle terre, di un sistema fiscale equilibrato e giusto e di buoni meccanismi di incentivazione per provocare un'accelerazione ed una diversificazione delle fonti della crescita».
La maggioranza degli esperti che ha partecipato al summit dell'Adb pensa che la maledizione delle risorse non sia un destino inevitabile, ma che la ricchezza prodotta dalle risorse naturali e dal loro sfruttamento debba essere largamente investita nell'educazione, nelle infrastrutture, nelle industrie di trasformazione, per garantire alle prossime generazioni migliori condizioni di sviluppo sostenibile.
Proprio questa transizione ad una crescita verde africana è stata al centro di un altro seminario di alto livello al meeting annuale dell'Adb, una crescita inclusiva che aiuti i Paesi africani a raggiungere i loro obiettivi di sviluppo «Massimizzando l'efficienza dell'uso delle risorse naturali, riducendo al minimo i rifiuti e l'inquinamento e costruendo la resilienza - dice l'Adb - Di conseguenza, costruire green economies significa garantire che il progresso economico per la popolazione africana in crescita sarà robusto e sostenibile a fronte del cambiamento ambientale locale e globale».
Di come attuare questa transizione verso la green economy hanno discusso un gruppo di leader ed esperti africani. La Sierra Leone devastata da anni della guerra civile "dei diamanti" sta facendo della crescita verde inclusiva un punto centrale del suo processo di pianificazione dello sviluppo. Oluniyi Robbin-Coker, ministro dell'energia della Sierra Leone, ha sottolineato l'importanza dei paesi africani per definire la loro visione a lungo termine e per assumersi la responsabilità di questa agenda essenziale. Desta Mebratu, vicedirettore dell'ufficio regionale dell'Unep per l'Africa, ha aggiunto che «La responsabilità di questa crescita verde è particolarmente cruciale per quanto riguarda l'innovazione sociale, dato che le comunità e gli agricoltori locali, per esempio, sono i più creativi in termini di green economy».
Mohammedi Allach, vicedirettore dell'Office national de l'electricité et dell'eau potabile del Marocco, ha sottolineato l'importanza di unire all'attenzione per il "green" ad una forte attenzione alla dimensione "inclusiva", «In modo che i percorsi di sviluppo siano ambientalmente e socialmente sostenibili».
Uno dei vicepresidenti dell'African Development Bank, Abou-Sabaa, ha concluso: «Nel complesso, la crescita verde e la transizione verso economie più verdi non devono essere viste come un vincolo ma come un'opportunità per il continente africano. Con gran parte delle infrastrutture da realizzare e la ricchezza del suo capitale naturale, si tratta di costruire economie efficienti, sostenibili e resilienti nel continente in un mondo sempre più a corto di risorse ed affollato».
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