Il consumo dei grandi agglomerati di computer che servono a immagazzinare i dati sono finiti recentemente anche nel mirino di Greenpeace, che ha dedicato al tema un rapporto, e molti centri di ricerca stanno studiando data center sempre meno energivori. A spingere in su le emissioni però, spiegano gli autori, è la tendenza sempre maggiore a utilizzare il cloud con tablet, smartphone e in generale dispositivi con connessioni senza fili: "I data center sono solo una parte dell'ecosistema più vasto del cloud-computing", scrivono gli autori del Center for Energy-efficient Communications. "Nei fatti è il network stesso, soprattutto il link finale tra le infrastrutture e il dispositivo dell'utente la componente più preoccupante del consumo di energia".
Secondo i calcoli degli autori entro il 2015 il cloud consumerà fino a 43 terawattora di energia, che nel 2012 erano solo 9,2, con un aumento del 460%. Questo implica un aumento della produzione di CO2 da 6 milioni a 30 milioni
di tonnellate, l'equivalente di 4,9 milioni di auto in più nelle strade. Fino al 90% del consumo sarà attribuibile alle tecnologie di accesso ai network senza fili, mentre i data center saranno responsabili del 9%.
ROMA
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