19/03/10
Le proposte del PD per il Po: ieri il convegno con Bersani a Mantova
Il Po interessa otto regioni e ne attraversa direttamente quattro con un bacino di più di 70.000 chilometri quadrati, dove vive un quarto della popolazione italiana. Qui si trova più della metà del patrimonio zootecnico italiano e l’agricoltura intensiva riguarda circa la metà della superficie totale; inoltre nell’area si svolge quasi il 40% dell’attività industriale con un consumo energetico pari a circa la metà di quello nazionale ed il 47% dei posti di lavoro. La Valle Padana produce circa il 40% di CO2 equivalente, con un consumo energetico pari al 48 % di quello nazionale, un forte prelievo idrico dalle falde, una qualità dell’aria tra le più critiche in Europa ed un rischio idrogeologico molto elevato. Ben 3210 comuni sono presenti in quest’area, circa 16 milioni di abitanti, 1478 abitanti per kmq. Negli ultimi anni il regime idrologico è stato seriamente messo a dura prova sia dai cambiamenti climatici che dallo sfruttamento eccessivo da parte dell’uomo I cambiamenti climatici si fanno sentire significativamente: Temperature medie, minime e massime tutte in deciso aumento, di più in primavera e estate, precipitazione totale in lieve diminuzione, ma “tropicalizzazione” dei regimi di pioggia.Diminuzione delle portate medie Ghiacciai alpini in decisa diminuzione, sia per l’aumento della temperatura che per la diminuzione della precipitazione, risalita del cuneo salino, soprattutto nel periodo estivo (oltre 30.000 kmq interessati nel delta) Per quanto riguarda i prelievi idrici, questi sono prevalentemente per uso irriguo (circa 3 volte i prelievi ad uso industriale e 10 volte per quelli ad uso potabile) sia per acque superficiali che sotterranee. La portata media annuale 1470 m3/s è più bassa della quantità richiesta per prelievi 1870 m3/s. Quindi il combinato disposto di una diminuzione degli afflussi dovuti alla situazione climatica, il periodo annuale di minori portate, la forte richiesta ad uso irriguo e la regolazione dei serbatoi artificiali e naturali determina una situazione di crisi idrologica che negli ultimi anni è diventata particolarmente insostenibile.
Lo sfruttamento delle acque superficiali per la produzione di energia elettrica è presente in misura rilevante in molte parti del bacino idrografico e, pur non comportando un “consumo” della risorsa o un degrado delle caratteristiche di qualità, produce un impatto significativo sul regime idrologico dei deflussi, soprattutto in relazione agli effetti dei serbatoi di regolazione.
Anche la qualità delle acque superficiali risente del regime quantitativo: calo delle portate minor capacità depurativa, scadimento della qualità .
Le acque sotterranee ai piedi della dorsale appenninica presentano valori qualitativi scarsi con una forte presenza di nitrati
Effetto sull’Adriatico dell’inquinamento: emerge la necessità di intervenire ancora su una certa quota di fosforo ed agire sull'altro elemento scatenante, l'azoto. Si ricordo a tal riguardo che il nostro Paese è stato condannato a più riprese dalla Corte di Giustizia della Comunità Europea per non aver rispettato gli obblighi comunitari in materia di protezione degli acquiferi dall'inquinamento da nitrati. I nitrati costituiscono, oltre che ad una serio problema per la salubrità dell'Adriatico, una reale minacce verso gli usi idropotabili delle acque di falda e di superficie
Un altro tema che l’incidente recente del lambro ha riportato all’attenzione riguarda la presenza di numerose realtà industriali che si affacciano sul Po, parecchie di queste classificate come industrie a rischio chimico rilevante e quindi che necessitano di un’attenzione particolare.(il caso Lambro è paradigmatico)
Gli impianti ad alto rischio Ex art 6-7 e ex art 8 Dlgs 334/99 sono per le 4 regioni principali 565 e costituiscono il 50% di tutti gli impianti di questo tipo in Italia (Piemonte 103, Lombardia 265 Emilia-Romagna 102, Veneto 95)
Il tema quindi di un governo unitario dell’intero Bacino si pone in maniera cogente e probabilmente non solo per quanto riguarda il regime idrico
La Direttiva europea sulle acque, 2000/60 CE, ha rappresentato una svolta evidenziando il tema della qualità dei corpi idrici, il tema della conservazione, partecipazione dei cittadini e la nascita del distretto idrografico come strumento di governo unitario dei fiumi.
Ci sono molti attori, pubblici e privati, che operano sul Po e tutti hanno una loro peculiare finalità. Il distretto idrografico si configura come un unicum per il fiume e i suoi affluenti, dalla sorgente alla foce, rispetto agli usi idropotabili, irrigui, energetici, industriali. La visione unitaria e la governance condivisa può stare solo in un soggetto che oggi è l’Autorità di bacino e domani sarà l’Autorità di distretto, sede di leale collaborazione tra Stato e Regioni. Il ritardo del governo italiano nell’applicazione della direttiva e nella nascita dei distretti pesa nelle difficoltà di gestione delle politiche ambientali sul bacino padano e su tutto il territorio nazionale.
Oggi ci sono due programmi che sono un valido esempio di gestione integrata del Bacino del Po che come PD abbiamo fortemente appoggiato :Il progetto “Valle del fiume Po”, con uno stanziamento iniziale di 180 milioni per interventi sulla sicurezza, la valorizzazione naturalistica e turistico -ambientale del fiume, che rappresentano un importante contributo in una stagione di crisi economica; il “programma dei sedimenti”, un progetto che prevede un’escavazione “intelligente” delle aree golenali per restituire naturalità, capacità d’invaso e di trasporto solido, regolarità ai fondali del fiume.
Siamo invece molto preoccupati della proposta fortemente caldeggiata dalla Lega riguardo il progetto di bacinizzazione, che oggi è ritornato fortemente alla ribalta, si sviluppa su un solo tratto del fiume e con la spinta economica prevalente degli interessi degli operatori energetici. Chi si occupa da anni dei temi della navigazione, sa bene che il suo mancato decollo non deriva tanto dalle portate del fiume, ma dalla mancanza di sostegni agli operatori, dalle rotture di carico e dai difficili collegamenti coi porti marittimi.
E’ indubbio che tali progetti possono offrire riserve idriche utili in particolare per la produzione di energia idroelettrica: le prime stime parlano di del 3% della produzione nazionale, il che può concorrere all’auto-sostenibilità economica dell’intervento, ma può condizionare le stesse priorità di utilizzo.
Rimangono diverse criticità che non possono essere trascurate: le dinamiche del trasporto dei sedimenti, l’effetto sull’erosione costiera, il maggior accumulo di inquinanti nel corso del fiume, la risalita del cuneo salino fino alla congruità con le altre progettazioni in atto da parte dell’Autorità di Bacino.
La nostra priorità invece è in una visione unitaria di tutto il bacino del fiume, nella cura del territorio, nella forestazione e nella manutenzione delle aree golenali, una condizione che può valorizzare il fiume migliorare anche le condizioni di navigabilità e la stessa produzione di energia idroelettrica. Esempi concreti di buona gestione e di ottimo governo della “risorsa fiume” ci arrivano dalla Germania e dalla Francia, dove Rodano, Senna, Danubio, tanto per citarne alcuni, sono diventati oggetto di veri e propri progetti di sviluppo.. Il Po rappresenta oltre un grande bene da tutelare una risorsa fondamentale per l’economia del nostro paese anche in un percorso di valorizzazione territoriale volto allo sviluppo della green economy
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