La Corte di Cassazione ha rigettato l’istanza di trasferimento
firmata da alcuni dei 48 imputati, tra i quali i membri della famiglia
Riva: il procedimento si terrà regolarmente nel capoluogo ionico
Resta
a Taranto il processo nei confronti degli imputati coinvolti
nell’inchiesta sulle emissioni nocive dello stabilimento siderurgico
Ilva. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione rigettando l’istanza di
trasferimento del processo firmata da alcuni dei 48 imputati, tra i
quali i membri della famiglia Riva. La Suprema Corte, quindi, non ha
ritenuto valido il teorema difensivo secondo cui la “ pressione
ambientale verso la chiusura dello stabilimento Ilva” potesse
influenzare l’operato dei magistrati tarantini. Evidentemente, per il
collegio della prima sezione penale, presieduto da Umberto Giordano, che
entro trenta giorni depositerà i motivi del rigetto, sono state più
efficaci le memorie preparate dal pool di inquirenti guidati dal
procuratore Franco Sebastio. In quelle 12 pagine, infatti, il pool di
magistrati della procura aveva chiarito che non vi era stata da parte
dell’opinione pubblica nessuna pressione sulla magistratura e neppure
alcuna persecuzione nei confronti della famiglia Riva.
E proprio ai proprietari della fabbrica, che sulla carta hanno sempre affermato di essere a disposizione dei giudici, il procuratore Sebastio ha ricordato come “tale ardita congettura stride con lo stato di latitanza di Fabio Riva , uno dei promotori dell’associazione a delinquere oggetto del presente processo, che dal novembre 2012 si è rifugiato a Londra dove è stato raggiunto da mandato di arresto europeo tuttora in fase di esecuzione”. Non solo. Per la procura ionica “la difesa di alcuni imputati, nel tentativo di avvalorare presunte gravi turbative dell’ordine pubblico, ha molto insistito su manifestazioni che si sarebbero svolte nella città”, ma “le manifestazioni di marzo e luglio 2012 citate dalla difesa Ilva quali quelle con la più alta partecipazione di persone, peraltro svoltesi nella massima civiltà, erano state organizzate in sostanziale avversione alle iniziative della magistratura dapprima in sede di incidente probatorio e poi all’atto dell’esecuzione delle misure cautelari personali e reali del luglio 2012. Tanto che a dire di alcuni organi stampa, sarebbero state organizzate dalla direzione dello stabilimento che avrebbe messo a disposizione dei manifestanti vettovaglie e bibite”.
di Francesco Casula
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