ContribuirÃ
a individuare deposito per messa in sicurezza
Otto impianti nucleari da smantellare
e una montagna di rifiuti radioattivi, pari a 90 mila metri cubi
distribuiti in 23 siti in undici regioni, da trattare e smaltire. Un
deposito nazionale (previsto dalla Direttiva europea 2011/70 Euratom
recepita recentemente dall'Italia) ancora non c'è e non è stato
neanche individuato il Parco tecnologico in cui collocarlo. Ma la messa
in sicurezza di questi di rifiuti non può attendere a lungo e d'altro
canto individuare un'area non è cosa semplice quando si parla di
radioattività . Le decisioni sono molto articolate e complesse e bisogna
consultare istituzioni e cittadini. Per questo è nato l'Osservatorio
indipendente per la Chiusura del Ciclo Nucleare. Promosso dalla
Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile in collaborazione con Sogin
(società di Stato per la bonifica ambientale dei siti nucleari e la
gestione dei rifiuti radioattivi), l'Osservatorio presentato oggi a
Roma dal presidente dalla Fondazione Edo Ronchi presieduto da
Stefano Leoni e vuole "contribuire a una corretta informazione", senza
alcun condizionamento, "con l'obiettivo di approfondire gli aspetti
tecnici e tecnologici, le implicazioni economiche, sociali e ambientali
delle attività di bonifica dei siti nucleari e di gestione e messa in
sicurezza dei rifiuti radioattivi", spiega Leoni. In sostanza, cercherÃ
di contribuire a processi "trasparenti, condivisi e partecipati".
L'Italia deve smantellare le centrali nucleari, gli impianti di
produzione del combustibile nucleare e gli impianti di ricerca del ciclo
del combustibile nucleare di Trino (VC), Caorso (PC), Latina (LT),
Garigliano (CE), Bosco Marengo (AL), Saluggia (VC), Casaccia (RM) e
Rotondella (MT), nonche' avviare la chiusura del ciclo del combustibile
nucleare. Attività che generano circa 55.000 metri cubi di rifiuti
radioattivi a cui se ne aggiungono circa altri 36.000 da impieghi
medicali, di ricerca e industriali vale a dire provette, flaconi,
siringhe, guanti, indumenti contaminati, sorgenti per teleterapia ma
anche macchinari contaminati e dispositivi utilizzati per la ricerca in
campo medico e farmacologico, oltre che in specifici settori
industriali. Questi ultimi in Italia oggi fanno circa 15.000 metri cubi
(raccolti in zone di stoccaggio provvisorio) a cui se ne aggiungeranno
nei prossimi anni circa 20.500, con un trend di crescita di 500 metri
cubi l'anno. Insomma, un quadro di interventi imponente che - viene
assicurato - restituira' un territorio 'pulito', con condizioni di
maggiore sicurezza e con investimenti stimati in circa 2,5 miliardi di
euro e tempi di realizzazione di poco meno di 5 anni per il deposito che
non sara' scavato ma in superficie in un parco tecnologico e
accogliera' rifiuti a bassa e media attivita'. Un centro di ricerche
studiera' come accelerare l'eliminazione della pericolosita'. "E' un
dovere morale per chi come me ha partecipato alle battaglie
antinucleari" ha detto Ronchi avvertendo che in mancanza di soluzioni
"il rischio è che questi rifiuti finiscano in circuiti non legali". Per
l'a.d. di Sogin Riccardo Casale "per una volta tanto possiamo, forse,
attuare una struttura che attua la prevenzione senza lasciare questo
problema in eredita' alle future generazioni". Quasi centomila metri
cubi di questi rifiuti "sono assolutamente gestibili, abbiamo le
tecnologie e le conoscenze scientifiche".
(ANSA) di Stefania De
Francesco
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