Sulle fonti rinnovabili la Commissione Europea boccia gli interventi retroattivi, ma chiede l’introduzione di sistemi più flessibili
Lo sviluppo delle energie rinnovabili a cui abbiamo assistito in questi ultimi anni ha i suoi costi: l’Italia sostiene gli impianti alimentati da fonti pulite con oltre 10 miliardi di euro di sussidi l’anno, nel complesso dell’Unione europea siamo oltre i 42 miliardi di euro.
Non sempre, poi, questi incentivi sono stati assegnati correttamente, ma hanno talvolta contribuito ad alimentare fenomeni speculativi. La novità è che, lo scorso novembre, la Commissione europea ha diffuso una comunicazione (non vincolante) in materia. In sintesi, secondo l’Esecutivo Ue gli incentivi diretti alle fonti rinnovabili sono importanti per aumentare il grado di maturità di queste tecnologie ma, una volta raggiunta tale fase, andrebbero eliminati.
In particolare le tariffe feed-in (che incentivano ogni kWh rinnovabile prodotto), secondo la Commissione dovrebbero essere sostituite da strumenti indiretti e flessibili, capaci di rispondere al calo dei costi di produzione.
In compenso, però, la comunicazione della Ue è molto chiara su un punto molto discusso, ossia quello degli interventi retroattivi su incentivi già assegnati (come ad esempio è stato fatto in Spagna): la Commissione ritiene che agire in questo modo sia sempre sbagliato, perché danneggia gli interessi legittimi degli investitori.
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