Le prime indagini e il sequestro della centrale a biomasse di Bando d’Argenta risalgono al lontano 2006: ieri, dopo 8 anni dallo scandalo della centrale, la procura ha concluso il processo con le richieste delle pene per i 4 imputati rimasti a giudizio per quella che secondo le indagini e l’accusa non era più una centrale a biomasse (per produrre energia con materiali ecologici) ma un inceneritore che bruciava di tutto, anche rifiuti non leciti.
Il pm onorario Stefano Antinori ha valutato diverse pene per il traffico illegale di rifiuti e per le falsificazioni dei dati per far rientrare nella norma le emissioni inquinanti da segnalare all’Arpa: ha chiesto 2 anni di pena per Lanfranco Graziani, il vicecapo della centrale; 1 anno e 3 mesi per Giovani Aliboni, dirigente della società San Marco Bionergie, fino al maggio 2006 (dopo tale data, la nuova società e dirigenza hanno chiuso da tempo il processo per reati minori, non avendo comunque le gravi responsabilità contestate in questo processo); 1 anno e 3 mesi per Massimo Costa, fuel manager, che acquistava il «combustibile» per la centrale dal quarto imputato, Giacomo Gallusi, titolare della Enervision di Dosolo (Mantova) per cui l’accusa ha chiesto 1 anno e 2 mesi. Per i reati legati allo sforamento dei parametri nelle emissioni dai camini della centrale, tutto cancellato, prescritto dal tempo. Secondo le ipotesi d’accusa la centrale produceva energia bruciando di tutto, e così sforando i limiti consentiti per le emissioni inquinanti. Per far rientrare questi parametri, fuori scala, (da inviare all’Arpa che aveva il dovere di controllo) venivano manomessi gli strumenti e falsificati i dati. Ieri dopo la requisitoria del pm, è stata la volta delle parti civili: Legambiente (legale Zanforlini), il comune di Argenta (Merighi), Ministero ambiente (Zito), Regione Emilia Romagna (Rossetti) e alla prossima udienza del 27 febbraio la Provincia di Ferrara (Venturi).
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