Le città europee sono molto lontane dagli obiettivi. In Italia, solo una
città su 32 ha un piano di adattamento.
La riduzione dell'80 per cento
delle emissioni prevista nel 2050 appare comunque irraggiungibile. Al contrario, la Gran Bretagna e l'olandese Groningen le più virtuose. I dati emergono da una ricerca pubblicata su Climate Change Letters e finanziata dal programma multidisciplinare europeo. La ricerca ha visto il coinvolgimento di Monica Salvia e Filomena Pietrapertosa dell'Istituto di metodologie per l'analisi ambientale del Consiglio nazionale delle ricerche (Imaa-Cnr) in collaborazione con ricercatori di nove stati, coordinati da Diana Reckien della Columbia University. Le città del nord Europa sono più all'avanguardia nel fronteggiare le sfide del cambiamento climatico con piani di adattamento e consistenti obiettivi di riduzione delle emissioni, in particolare quelle britanniche, francesi e tedesche. La più ambiziosa è la città di Groningen (Olanda) che punta a "zero emissioni", anche attraverso l'incremento di fonti rinnovabili e la piantumazione di nuovi alberi, già nel 2025 in anticipo sul previsto traguardo del 2050. "Abbiamo analizzato gli strumenti elaborati e attuati da 200 citta' medio-grandi in 11 stati europei, Austria, Belgio, Estonia, Finlandia, Francia, Germania,
Irlanda, Italia, Paesi Bassi, Regno Unito, Spagna", hanno spiegato le ricercatrici Cnr.
"Le aree urbane hanno un ruolo chiave nel raggiungimento degli obiettivi dell'Unione Europea in tema
di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici, in particolare dai target fissati dalla "Energy Roadmap 2050" che tra l'altro prevedono la riduzione dell'80 per cento delle emissioni europee di gas serra entro il 2050 per evitare l'aumento della temperatura media globale di 2 C rispetto ai
livelli pre-industriali". La gran parte delle città sono lontane dal fronteggiare le nuove sfide poste dal cambiamento climatico. "Il 35 per cento non ha provveduto a redigere alcun piano di adattamento nè di mitigazione e appena un quarto si è dotato di entrambi, il 72 per cento ha solo il piano di mitigazione e nessuna ha prodotto solo quello di adattamento. Il percorso comune comincia insomma con l'adozione di misure di riduzione delle emissioni, come il miglioramento dell'efficienza energetica e la produzione di energia da fonti rinnovabili, per poi passare all'adattamento del territorio ai rischi futuri, ad esempio tramite la costruzione di argini per proteggere le città da un aumento del livello del mare", ha spiegato Monica Salvia. La situazione risulta pero' estremamente variabile. "Il primato spetta al Regno Unito: il 93 per cento delle 30 città analizzate ha un piano di mitigazione, contro l'80 per cento di quelle olandesi e tedesche, il 56 per cento di quelle italiane e il 43 per cento delle città francesi. Anche per quanto riguarda l'adattamento, si distingue la Gran Bretagna con 24 città, contro 13 su 40
città tedesche e 5 su 26 spagnole. In Italia, su 32 analizzate, solo Padova vanta un piano di adattamento". Si tratta del primo studio che non si basi su criteri di autovalutazione ma sui documenti programmatici e di pianificazione realmente adottati. "Se le azioni previste a livello urbano fossero adottate dall'intero sistema nazionale si otterrebbe entro il 2050 una riduzione del 37 per cento
delle emissioni di gas serra degli 11 paesi e del 27 per cento dell'Ue nel suo complesso. Tuttavia, saremmo sempre lontani dal raggiungimento dell'80 per cento previsto", ha osservato Filomena Pietrapertosa.
(AGI)
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