Abrami: serve riforma di civiltà per punire gli eco-criminali.
La storia più recente dell'umanità è macchiata da centinaia di crimini contro l'ambiente, causa di milioni di vittime umane e di devastazioni degli ecosistemi naturali. Crimini rimasti il più delle volte impuniti o per i quali i responsabili hanno poi pagato risarcimenti irrisori. Questo il tema della conferenza che si è tenuta oggi al Parlamento europeo organizzata dall'Ame-Die, l'Associazione di ex ministri dell'Ambiente di diversi paesi e sostenuta da numerose personalità istituzionali e associazioni internazionali, insieme con altre nove organizzazioni provenienti da tutto il mondo, fra
cui
la Fondazione Sejf- Supranational environmental justice foundation.
Obiettivo del convegno: rendere evidente come molte delle più gravi sciagure ambientali che hanno devastato o stanno ancora
devastando
il Pianeta, in presenza di una legislazione internazionale più
efficace, potevano essere del tutto evitate oppure in altri casi risarcite in modo adeguato al danno provocato, con i colpevoli
assicurati alla giustizia. La Fondazione Sejf da anni sta portando
avanti un complesso lavoro legislativo e diplomatico per raggiungere due fondamentali obiettivi. Il primo è quello di "estendere le competenze della Corte penale internazionale dell'Aja ai più gravi reati ambientali così da poterli giudicare quali crimini contro l'umanità" Il secondo, "istituire il Tribunale penale europeo
dell'ambiente,
in modo da rendere omogeneo il contrasto e l'applicazione delle pene
sul territorio europeo e, soprattutto, render possibile l'applicazione
di quelle sanzioni".
"Lo scopo del nostro lavoro spiega Antonino Abrami, presidente di Sejf è redigere un vero e
proprio Atlante dell'ecocidio su scala planetaria e soprattutto creare quegli strumenti capaci di intervenire laddove gli Stati nazionali sono conniventi con le ragioni degli inquinatori,
perchè troppo deboli o ricattabili. Serve, insomma, un Tribunale internazionale contro i crimini ambientali e strumenti di governance ambientale che favoriscano, in primo luogo, chi non
bara: le industrie della green economy e quelle che sono in viaggio verso una reale sostenibilità ecologica e sociale". Del resto la necessità di un diritto più stringente rispetto ai crimini ambientali emerge anche molto chiaramente nella dichiarazione finale dell'ultimo summit dell'Onu Rio+20, dove si legge che il "diritto ambientale è essenziale per la tutela delle risorse naturali e degli ecosistemi e che il contenzioso in materia ambientale spesso trascende le giurisdizioni nazionali. Emerge perciò l'esigenza di sistemi internazionali per il giudizio e la risoluzione delle controversie". "Per risolvere la "questione ambiente", che è al centro della politica della sostenibilità, è necessario prima di tutto considerare l'aspetto della responsabilità di chi l'ambiente lo distrugge o lo danneggia. Un'emergenza che conclude Abrami si scontra con l'inadeguatezza dell'attuale sistema giurisdizionale. Nonostante gli importanti passi in avanti compiuti con la direttiva europea del 2008, serve uno scatto ulteriore per garantire a livello europeo un sistema sanzionatorio uniforme e a livello mondiale un riconoscimento del Disastro ambientale intenzionale come crimine contro l'umanità e, soprattutto, la possibilità dell'applicazione concreta della pena".
(DIRE)
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