A due anni dall'incidente della nave Venezia della Grimaldi, rischia
di finire a giudizio tra gli altri il comandante: "Libeccio a 120 orari e
onde di 10 metri, ma non riparò". Intanto il Comune di Livorno ora
ammette: "Ritardi nella comunicazione ai cittadini? Effettivamente c'è
stato un momento in cui la notizia non è uscita”
In fondo al mare intorno all’isola di Gorgona, nell’Arcipelago Toscano e nel cuore del Santuario dei Cetacei, restano ancora 71 fusti pieni di catalizzatori fatti di nichel molibdeno, metalli pesanti. Finirono lì esattamente due anni fa nelle prime ore del 17 dicembre del 2011 dopo essere caduti dal cargo Venezia della Grimaldi Lines (partito da Catania con destinazione Genova). Ne sono stati recuperati 127, mentre gli altri sono stati definiti dal ministero dell’Ambiente
“introvabili” e quindi buonanotte: resteranno là sotto, a centinaia di
metri di profondità . Dopo due anni, però, c’è almeno un primo punto
fermo: la Procura di Livorno ha classificato il caso come
“disastro ambientale” e per questo come scrive Il reato ha chiesto il
rinvio a giudizio per tre persone: il comandante della nave Pietro Colotto, il responsabile del magazzino della società produttrice Isab Salvatore Morello e il rappresentante della ditta di trasporti incaricata di portare a bordo del Venezia il carico tossico Mario Saccà. Lo stesso ministero dell’Ambiente si costituirà parte civile, se il gip decidesse che si dovrà celebrare un processo.
Secondo il pm Luca Masini
i tre imputati “avrebbero causato un disastro nocivo per gli organismi
acquatici e a lungo termine per l’ambiente marino, nella violazione
delle procedure di sicurezza e di trasporto dei materiali”. In
particolare il capitano del mercantile, secondo i magistrati, ha avuto
un ruolo fondamentale: sottovalutò le condizioni meteorologiche e
marine. Il mar Tirreno e il mar Ligure, infatti, quella notte erano
battuti da una fortissima libecciata, il vento soffiava a più di 120
chilometri orari e la nave si trovò ad affrontare onde alte fino a 10
metri. Ma Colotto è la contestazione dell’accusa continuò a navigare,
non tentò neanche di riparare in un porto vicino, mantenendo la rotta
verso Genova. Qui la nave in effetti arrivò, ma senza un semirimorchio
con a bordo i 198 bidoni provenienti dal polo petrolchimico di Priolo Gargallo, in provincia di Siracusa.
Non solo: Colotto fu anche costretto, secondo la ricostruzione della
Procura, a una “repentina accostata per evitare la collisione con
un’altra nave” il cargo Cragside. Una manovra che avrebbe causato “ un’inclinazione impressionante” del cargo Grimaldi e la perdita in mare dei 198 bidoni tossici.
Alla vigilia del secondo anniversario dell’incidente il presidente della commissione Ambiente della Camera Ermete Realacci ha depositato un’interrogazione ai ministri dell’Ambiente Andrea Orlando e della Salute Beatrice Lorenzin. Un atto, si legge, “per sapere a che punto sia il monitoraggio e quali siano le iniziative in atto per arrivare al completo recupero dei fusti tossici ed escludere definitivamente qualsiasi rischio per la salute dei cittadini e dell’ambiente”. Iniziativa, quella del deputato del Pd, che raccoglie la soddisfazione di “Togliete quei bidoni”, l’associazione che fin dai primi giorni ha cercato di tenere alta l’attenzione sulla questione ambientale arrivando a raccogliere diverse migliaia di firme per una petizione.
A Livorno associazioni e comitati ricorderanno il disastro di due anni fa come fanno d’altronde dalla fine del 2011. Nel centro della città Vertenza Livorno e Teatrofficina Refugio daranno vita ad una performance teatrale, Bidonville, dedicata ai bidoni ancora dispersi in fondo al mare e ai silenzi assordanti che, a tratti, hanno avvolto questa storia. A partire dall’inizio. “Da quanto possiamo ricavare dalla lettura dei quotidiani scrive in una nota Vertenza Livorno non sembra essere stata attribuita, da parte della magistratura, alcuna responsabilità a carico di chi, come la Capitaneria e il Comune di Livorno, ha taciuto l’avvenimento alla cittadinanza per 12 giorni…”. Di fatto, nonostante i fax inviati il giorno dell’accaduto dalla Capitaneria di Porto al Comune di Livorno e alle altre istituzioni regionali e nazionali coinvolte, i livornesi seppero di quanto accaduto a 20 miglia dalla costa solo 11 giorni dopo. E quasi per caso: fu grazie a un articolo della redazione di Cecina del Tirreno che trovò alcune circolari interne tra i Comuni della zona. “Effettivamente c’è stato un momento in cui la notizia non è uscita dal Comune” ammette Massimo Gulì, attuale assessore all’Ambiente del Comune di Livorno che all’epoca dell’accaduto era capogruppo del Pd in consiglio. “Abbiamo verificato che tutti gli enti controllori monitorassero la qualità del mare” assicura Gulì. L’ultimo controllo sui sedimenti nell’area dove sono caduti i bidoni è stato effettuato da Arpat e Ispra settimana scorsa e ne sono previsti altri fino al 2015: tutto ok, assicurano gli esperti. Intanto però gli altri bidoni restano sul fondo.
(Il Fatto)
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