06/11/13
Psicosi da rifiuti tossici.
Cominciano le campagne per boicottare i prodotti del sud
Dopo la nuova pubblicità della Pomì, che inneggia ai “soli pomodori della Pianura Padana”, come un orologio svizzero arriva il nuovo allarme per la martoriata Terra dei Fuochi e tutte le zone "contaminate": la camorra sta uccidendo anche gli alimenti. Oltre i prodotti davvero inquinati, ne pagano le conseguenze anche quelli "buoni" con un calo delle vendite. Il rischio è di affossare ingiustamente l’economia campana, capro espiatorio della camorra attraverso un boicottaggio di gruppo. «Purtroppo gli agricoltori se la prendono con i comitati additandoci come la causa di questo tracollo» cosi ci dice Lucio Iavarone presidente del Coordinamento Comitato Fuochi, da tempo in prima linea nella lotta all’ecomafia..rifiuti tossici
Maria Cristina Giovannitti Un "al lupo, al lupo" e nessuno più acquista i prodotti del meridione, in particolare quelli della Campania. Puntuale arriva la campagna pubblicitaria di Pomì http://www.pomionline.it/ che in rilievo nella home del sito evidenzia la provenienza dei prodotti pomodori, rigorosamente e solo del nord.
E’ giusta la salvaguardia della salute dei cittadini ma è anche giusto tutelare l’economia – quella ‘buona’ ed il lavoro onesto delle aziende del meridione, quelle che oltre a pagare i danni ‘fisici’ causati dalle industrie in crescita al nord, ora sono attaccate sul piano economico.
In questo modo denunciare l’ecomafia ha anche il suo rovescio della medaglia: se da un lato permette di riconoscere e mappare i luoghi inquinati, dall’altro sta generando allarmismi che paralizzano l’economia di una terra già troppo provata. Di conseguenza gli stessi agricoltor,i che vedono i loro prodotti boicottati, attaccano i Coordinamenti di cittadini che denunciano i danni ambientali.
Ce lo racconta Lucio Iavarone, presidente del Coordinamento Comitato Fuochi in Campania, da sempre in prima linea nella lotta all’ecomafia accanto all’oncologo Antonio Marfella, dell’Ospedale Pascale di Napoli e don Maurizio Patriciello.
Dall’ecomafia campana, all’agromafia il passo è breve. Il timore è che i prodotti campani vengano boicottati …
I due fenomeni sono strettamente interconnessi. Non ci sono evidenze giudiziarie per il momento ma è estremamente probabile che chi abbia avvelenato i terreni si sia poi posto come intermediario per la commercializzazione dei prodotti avvelenati. Le multinazionali, che hanno lucrato comprando a prezzi stracciati i prdotti di questi territori, oggi sono le prime a boicottare quei prodotti e pubblicizzare che l’origine di quello che producono non è campana. E’ una vergogna, dopo lo sfruttamento ecco l’abbandono e a negazione.
Conseguenza prevedibile è la psicosi generale sugli alimenti campani, un ulteriore danno economico alla vostra regione. Come fare per evitarlo?
E’ un danno enorme, parliamo di un calo notevole. Purtroppo gli agricoltori oggi ce l’hanno con i comitati, se la prendono con noi additandoci come la causa di questo tracollo. Non capiscono che noi, insieme alla salute dei cittadini, chiaramente salvaguardiamo anche la loro salute e quella dei loro familiari. Le responsabilità sono altre, sono degli imprenditori senza scrupoli che hanno fatto presto a liberarsi dei propri rifiuti a basso costo servendosi della camorra, delle istituzioni e del mondo politico che hanno fatto finta di non vedere, di non sapere e che continuano a negare l’evidenza. La responsabilità di chi sapeva e non ha fatto nulla è enorme, in primis l’attuale Presidente della Repubblica, che nel ’97, anno a cui risalgono le prime confessioni secretate del boss Schiavone, era Ministro degli Interni. Questo non possiamo accettarlo, non possiamo accettare il fatto che le più alte istituzioni si siano rese complici di questo biocidio. Adesso con l’agricoltura bisogna correre ai ripari sperando che non sia tardi.
D’altro canto, come tutelare, però, la salute dei cittadini anche attraverso i cibi?
Vanno mappati con attenzione e cura tutti i terreni e le falde, vanno isolati quelli contaminati e su cui non si dovrà più coltivare cibo. Bisogna invece subito tutelare i terreni sani, che attingono da falde non compromesse, tracciare con un marchio di qualità quei prodotti in modo che per i consumatori sia facile riconoscere subito il prodotto sano. Vogliamo pagarli di più ma essere certi di quello che acquistiamo
L’Assessore all’Agricoltura Daniela Nugnes parla con speranza del progetto Life Ecoremed per la bonifica e rifunzionalità dei territori. Voi che ne pensate?
Il progetto Ecoremed non ci convince e non ci piace. Come al solito ci si lancia come avvoltoi su tutte le occasioni di lucrare e fare business. Ecoremed è uno di questi perché punta, col passaggio al no food dei terreni inquinati, ad ottenere coltivazioni per le biomasse, quindi destinate alla produzione di energia, quindi finanziate con soldi pubblici. Noi non vogliamo tutto questo, non vogliamo soluzioni che servano a far arricchire i soliti noti. Noi chiediamo soluzioni a vantaggio della collettività: quindi niente produzione di energia ed impianti di combustione che creano altri problemi ambientali. Chiediamo biorimediazione e fitodepurazione destinate alla commercializzazione e a catene produttive sane, non alle biomasse.
Anche l’Assessore all’Ambiente Giovanni Romano dice di essere a lavoro per la salvaguardia dei prodotti alimentari. Secondo voi cittadini perché non si è provveduto prima ad una mappatura agroalimentare?
Perché non si è provveduto prima, per gli stessi motivi per cui non ci si è mai attivati seriamente a fermare gli sversamenti di rifiuti industriali e roghi tossici, tutto doveva continuare indisturbato. Il disegno è sempre stato preciso: fare della Campania e del Sud Italia la pattumiera del Nord Italia ed Europa, affinché i sistemi industriali malsani e monchi (senza alternative serie di smaltimento rifiuti) consentissero a questi paesi di formare questa finta Europa a trazione tedesca (tanti rifiuti di aziende arrivano proprio dalla Germania). Un’industria europea che sarebbe totalmente da risanare e da rivedere nei suoi processi produttivi e di smaltimento. Un equilibrio che fino ad oggi si è poggiato tutto su falso sviluppo, consumismo sfrenato che doveva spingere la produttività di un capitalismo antietico, ma i nodi stanno arrivando al pettine. O si passa oggi ad una nuova rivoluzione industriale europea oppure non ne usciamo. Una rivoluzione solidale in cui l’azienda etica deve essere il nuovo perno degli equilibri sociali. Il tutto passa imprescindibilmente per la tutela dell’ambiente, non si accetterà più il ricatto salute-lavoro.
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