Secondo un nuovo rapporto del Climate Accountability Institute
statunitense, «90 sole aziende hanno causato i due terzi delle emissioni
responsabili del cambiamento del clima di origine antropica». Quindi la
crisi climatica del XXI secolo nella quale i governi sono impantanati
ala Cop19 Unfccc di Varsavia è in gran parte colpa delle grandi imprese.
Il
rapporto (Tracing anthropogenic carbon dioxide and methane emissions to
fossil fuel and cement producers, 1854–2010) pubblicato su Climatic
Change, dice che la stragrande maggioranza delle compianies maggiori
emettitrici sono nel business dell’energia e che comprendono Big Oil
come Chevron, Exxon, Bp e Royal Dutch Shell e King Carbon come British
Coal Corp, Peabody Energy e BHP Billiton e 31 imprese statali come la
saudita Saudi Aramco, la russa Gazprom e la norvegese Statoil. 9 sono
industrie gestite dai governi, che producono principalmente carbone in
Paesi come Cina, ex Unione Sovietica, Corea del Nord e Polonia, il
Paese che ospita la Cop19 Unfccc e che non a caso negli stessi giorni ha
ospitato un contestatissimo summit dei grandi produttori di carbone. Se
si escludono 7 grandi produttori di cemento, i restanti grandi
emettitori di gas serra sono compagnie energetiche che producono
petrolio, gas e carbone.
Il principale autore dello studio,
Richard Heede, ha detto al Guardian: «Ci sono migliaia di produttori di
petrolio, gas e carbone al mondo, ma i decision makers, gli
amministratori delegati o i ministri del carbone e del petrolio, se si
restringere la scelta ad una sola persona, possono stare tutti su un bus
di linea o due».
Quasi il 30% delle emissioni di gas serra sono state prodotte dalle 20 compagnie più grandi ed a produrre più inquinamento di tutte sono le imprese carbonifere e degli idrocarburi dell’ex Unione sovietica: circa l’ 8,9% del totale. La Cina, con le sue imprese energetiche governative, è al secondo posto con l’8,6% del totale delle emissioni globali.
Tra le multinazionali private è la ChevronTexaco l’emettitore leader, avendo provocato fino ad oggi il 3,5% delle emissioni di gas serra fino ad oggi, la tallona la Exxon al 3,2% e terza è la BP con il 2,5%.
Secondo il noto scienziato climatico Michael Mann «Queste informazioni potrebbero contribuire a dare maggiore attenzione alle attività future delle companies dei combustibili fossili. Quello che penso è che potrebbe essere un punto di svolta: ecco le potenziali impronte digitali che mostrano in modo chiaro le fonti di queste emissioni future. Aumenta la responsabilità per la combustione di combustibili fossili. Non è possibile bruciare combustibili fossili senza che il resto del mondo lo sappia».
Naomi Oreskes, docente di storia della scienza a Harvard, spera che «Forse questo potrebbe rompere l’impasse. Ci sono tutti i tipi di Paesi che hanno prodotto una enorme quantità di emissioni storiche di cui normalmente non parla. Normalmente non parliamo del Messico o della Polonia o del Venezuela. Quindi non è solo ricco contro povero, è anche produttori contro consumatori e ricchi di risorse contro poveri di risorse».
John Ashton, che è stato capo negoziatore britannico all’Unfccc per 6 anni evidenzia che i risultati riaffermano il ruolo centrale dei combustibile fossili nell’economia: «La sfida che abbiamo di fronte è quella di spostarci, nello spazio di poco più di una generazione, da un sistema energetico ad alta intensità di carbonio al un sistema energetico carbon neutral. Se non lo facciamo non avremo alcuna possibilità di mantenere il cambiamento climatico entro la soglia 2° C. Mettendo in evidenza il modo in cui un numero relativamente piccolo di grandi società sono al centro dell’attuale modello di crescita ad alta intensità di carbonio, questo rapporto mette in evidenza quale sia la sfida fondamentale»
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