Il Commissario Potocnik ha fatto spesso riferimento alla
consultazione pubblica sui sacchetti lanciata nell’agosto 2011, a cui
hanno risposto 15.000 persone, e di cui la Commissione vuole tener conto
per individuare le misure da adottare a livello europeo. Bisogna
bandire o tassare? La definizione di biodegradabile andrebbe modificata?
Ecco, nei dettagli, che cosa chiedono i cittadini europei
L’obiettivo è sempre quello: ridurre il consumo di sacchetti in plastica usa e getta, in tutta Europa. Quale sia la strada migliore per farlo è la domanda a cui la Commissione Europea sta
cercando di dare una risposta ormai da tempo. La presa di posizione
italiana, sicuramente la più energica in Europa, è tuttora sotto esame,
come dichiarato dalla Commissione stessa, che apprezza ogni intervento a
tutela dell’ambiente ma ricorda anche l’importanza di agire nel
rispetto delle direttive, limitando il più possibile l’impatto
socio-economico delle misure prese. ( Qui e qui)
Uno degli strumenti scelti dalla Commissione per “annusare” l’aria, e avere un’idea dell’opinione dei cittadini è la consultazione pubblica on line, lanciata nell’agosto del 2011 e a cui hanno partecipato, volontariamente, 15.538 persone,
quasi tutti privati cittadini, o almeno che si sono identificati come
tali. La consultazione era aperta a tutti, non solo agli addetti ai
lavori. (Per quanto probabile si possa ritenere che un cittadino X
decida un giorno di fare un giro sul sito della Commissione per vedere
se per caso, da qualche parte, e con scarsa visibilità, gli si chieda di
esprimere un parere sulla definizione di compostabile…). Vediamo, nei
dettagli, che cosa chiedono i 15.000 europei che hanno partecipato alla
consultazione.
Troppi sacchetti: l’Europa deve intervenire
Sulla necessità di un intervento a livello europeo per ridurre il consumo di sacchetti di plastica usa e getta è d’accordo il 78%
dei partecipanti. Il che non significa per forza che il restante 22%
non lo ritenga un problema. Anzi. Paradossalmente, oggi un sostenitore
del bando italiano potrebbe preferire che Bruxelles “si facesse i
fattacci suoi”, visto che la linea italiana è la più rigorosa fra quelle
al vaglio della Commissione.
Sacchetti: sette su dieci vogliono bandirli
Alla domanda “Siete d’accordo sulla necessità di un bando europeo dei sacchetti di plastica usa e getta?” ha risposto sì il 69% dei cittadini. Contrario il 27%. (Non si esprime il restante 4%).
Tassarli potrebbe funzionare...
Che la tassa sui sacchetti possa ridurne in modo effettivo il consumo lo pensa il 61% dei cittadini. Non è d’accordo il 26%. (Gli altri non sanno). Peccato però che non ci fosse una domanda con il confronto diretto fra le due alternative. Meglio bandirli o meglio tassarli? Sarebbe stato interessante vedere il risultato, e confrontarlo con la domanda precedente, per quanto a rigor di logica sia ragionevole ipotizzare che la maggioranza preferirebbe il bando, altrimenti non si sarebbe detta d’accordo prima. In ogni caso, per il 57% dei cittadini, in caso di tassazione, il prezzo dei sacchetti dovrebbe stabilirlo la Commissione Europea.
La biodegaradabilità conta più del riutilizzo?
Si fa presto a dire sacchetto. Ma come sa bene chi ha avuto la pazienza di seguire la Saga del Sacchetto in tutti questi anni, i criteri per definire cosa esattamente vada contenuto o direttamente abolito, sono tutt’altro che univoci. Per quanto riguarda il sacchetto per eccellenza, quello che chiss à perché in Italia è stato ribattezzato shopper, che in inglese vuol dire acquirente, i "capi d’imputazione" principali sono due: l’essere usa e getta, il concetto meno ecologico del mondo, e l’essere realizzato in plastica, materiale che impiega migliaia di anni a biodegradarsi e che va a finire nella pancia di cormorani e colleghi, quando non preferisce incastrarsi negli alberi o in mezzo al muschio. Tra i due problemi, a quanto pare è la biodegradabilità a stare più a cuore ai cittadini europei . Il 57% dei partecipanti al questionario ritengono che un provvedimento “anti-sacchetto” sia esso una tassa o un bando dovrebbe distinguere fra sacchetti biodegradabili e non. (E qui comincia la guerra: che cosa intendiamo per biodegradabile? Ampia letteratura in merito, su questo giornale su quelli dei colleghi). Appena il 23% invece sembra toccato dalla questione della riusabilità. Scarsa fiducia nel fatto che un sacchetto possa vivere più di una vita? C’è poi un ulteriore 23% il totale non fa 100 perché la domanda era a risposta multipla che non ritiene debbano essere fatte distinzioni. Sono tutti sacchetti, che siano bio, o spessi poco importa. Il 12% non sa cosa pensare.
Biodegradabile: definizione da riscrivere?
Sono appropriati gli attuali criteri che definiscono la compostabilità e la biodegradabilità nella Direttiva Imballaggi? (Ndr: UNI EN 13432, che come insegna Assobioplastiche) Questi criteri sono considerati pienamente appropriati da appena il 12% dei partecipanti alla consultazione . Parzialmente appropriati dal 26%. Inappropriati dal 29%. Il 31% non sa come esprimersi. Ma in che direzione dovrebbe essere fatta un'eventuale correzione? Il 79% di chi ha risposto, ritiene che dovrebbe potersi definire biodegradabile esclusivamente ciò che si biodegrada naturalmente in acqua o nel terreno . Domanda ambigua purtroppo, visto che non c’è un’indicazione di tempo, fattore chiave in questo campo, che ha generato più discussioni di quelle che avremmo mai pensato di riuscire a seguire. (Eco dalle città)
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