26/07/13

Pale eoliche, autorizzazioni selvagge, la Regione scrive a comuni e procura


Sembra che il vento stia cambiando: prima il viceministro Bubico nell’incontro sull’eolico a Matera conferma perplessità sull’opportunità di proseguire la strada sulla energia eolica, ora la regione Puglia si rende conto che qualcosa non funziona come dovrebbe, peccato che nel frattempo il danno sia stato fatto.
Nel Foggiano i casi più eclatanti. A Sant’Agata c’è un impianto ogni 19 abitanti e gli enti locali non comunicano a Bari la loro esatta localizzazione
Pale selvagge. Le tirano su da un capo all’altro della Puglia per macinare vento e produrre energia elettrica, ma come stanno le cose la Regione non conosce quante sono e dove sono soprattutto perché fino a un megawatt di potenza non è necessaria la cosiddetta autorizzazione unica concessa dall’amministrazione Vendola. Si rischia il pasticcio perché, in particolare, non è possibile “valutare gli effetti cumulativi degli insediamenti” fa notare Salvatore Giannone, dirigente dell’Ufficio energia, che insieme con il dirigente del Servizio energia, Giuseppe Rubino, scrive a una cinquantina di amministrazioni comunali per metterle in riga. Non accadeva da mai. Quella delle rinnovabili corre il pericolo di essere la classica terra di nessuno, teatro perciò di eventuali scorribande economiche, peraltro sempre dietro l’angolo visti i lauti finanziamenti statali che riescono a intascare gli investitori. Giannone, nel ruolo della testa d’ariete, dà l’impressione di non guardare in faccia a nessuno: racconta della “esistenza di numerosi impianti eolici già realizzati e in fase di esercizio”, ma “non presenti nel catasto” tenuto da lungomare Nazario Sauro.
I casi più eclatanti riguardano la provincia di Foggia, quella maggiormente presa d’assalto dagli industriali a caccia di vento. Si contano 689 “ventilatori”, ospitati in ventisette delle sessanta città della Capitanata. Quelle che appaiono imbattibili sono Troia (98 pale, una ogni 75 abitanti) e Sant’Agata (111 pale, una ogni 19 abitanti), come testimoniano le fotografie aeree. Annotano Rubino e Giannone: “Gli impianti realizzati e non censiti, possono interferire con quelli per i quali è in corso il procedimento amministrativo finalizzato al rilascio dell’autorizzazione unica”.

Un papocchio che non è facile esorcizzare e che potrebbe nascondere chissà quali inciuci fra amministratori locali, proprietari dei terreni e imprenditori fin troppo intraprendenti. Pure solo perché in ballo ci sono cifre da capogiro. Per dirne una: riuscire a ottenere il “sì” destinato a materializzare un megawatt, ha un valore di mercato che ammonta a 400mila euro. Tant’è che i manager regionali inviano “per conoscenza” queste stesse missive ai magistrati delle procure della Repubblica. Perché bisogna tenere gli occhi aperti. Pare anche che le “situazioni più delicate” riguardino il fotovoltaico: altre lettere dello stesso tenore, sarebbero in partenza dall’assessorato allo Sviluppo economico. Le maglie dei controlli, insomma, si stringono. Né potrebbe essere diversamente. I progetti “verdi” che vorrebbero vedere la luce da queste parti, corrispondono a una cifra astronomica: 74 miliardi di euro.

Ascolta anche l’intervista al viceministro Bubico



(a latere dell’incontro sull’eolico di Matera del 29 giugno scorso):
in particolare questa la parte più significativa dell’intervista rilasciata :



” Io penso che sia ancora necessario mettere a punto norme più stringenti perchè gli obiettivi di Europa 2020 non devono comportare la compromissione di interi territori che poi significa escludere dal ciclo delle generazioni di nuove ricchezza e di nuove opportunità beni non ripetibili perche l’habitat rupestre, il contesto territoriale che caratterizza la città di Matera non è ripetibile da nessuna parte e quindi sarebbe un grave scempio e una grave limitazione delle potenzialità di crescita e di sviluppo di questa città e di questo territorio e della regione nel suo complesso ove non si ponesse la necessaria attenzione a preservare quei beni non riproducibili”.

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