07/07/13

Industrie pericolose in Italia, oltre 1100, record in Lombardia

L’ISPRA ha presentato la sua nuova mappa delle industrie pericolose in Italia, e i dato sono allarmanti. In tutto l’istituto ha registrato la presenza di 1142 impianti industriali a rischio di “incidente rilevante” (sigla RIR), dislocate su tutto il territorio italiano ma concentrate soprattutto al nord, Lombardia in primis. Tra i comuni il peggiore è Ravenna.

LISPRA pubblica le sue nuove analisi sulle industrie pericolose in Italia, e i dati sono alquanto tetri. Ben 1142 in tutto quelle a rischio incidente rilevante dislocate complessivamente in 756 comuni (ovvero nel 9% dei comuni italiani. Quasi un comune su 10 presenta uno stabilimento industriale pericoloso). Come dicevamo è il nord Italia la zona in assoluto più problematica. Nella sola Lombardia sono presenti il 25% degli impianti industriali pericolosi italiani.

Inoltre l’Emilia Romagna, il Veneto e il Piemonte presentano alti numeri di stabilimenti a rischio incidente rilevante. Per quanto riguarda il centro sud, invece, le regioni con più industrie pericolose sono Sicilia, Lazio e Campania (il 6% circa per ciascuna), mentre Puglia e Sardegna sono relativamente meno affette dal problema (in termini percentuali, si intende).
Ravenna presenta addirittura 26 industrie pericolose, risultando di gran lunga il comune d’Italia con il maggior numero di industrie pericolose, primato davvero poco invidiabile. A Ravenna fanno seguito nella classifica “nera” Venezia, con 15 industrie pericolose, e Genova con 14. Napoli e Brindisi registrano ciascuna 9 industrie pericolose, e 10 se ne trovano solo a Trecate, vicino Novara (e vicino a dei poli petrolchimici). Inutile dire che anche a Porto Marghera e a Taranto si registrano stabilimenti considerati Rir, a rischio incidente rilevante.

La speranza, naturalmente, è che in futuro queste percentuali piuttosto inquietanti registrate dall’ISPRA possano diminuire, così come il numero delle province che presentano di questi stabilimenti. Migliorare a oggi non è difficile, dato che l’unica provincia “libera” da questi stabilimenti in tutta Italia è quella di Macerata.

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