Lo scioglimento della calotta della Groenlandia è il doppio di quello dell’Antartide, ma i ghiacciai montani arretrano meno velocemente di quanto si credesse
Secondo uno studio pubblicato oggi su Nature (Ice-sheet mass balance and climate change), il miglioramento delle misurazioni satellitari e delle simulazioni al computer delle calotte di ghiaccio sta fornendo un quadro più preciso della crescita attuale e futura nel livello globale del mare. Per la prima volta un team di ricerca, guidato da Edward Hanna dell’università di Sheffield, che ha riunito scienziati provenienti da 12 centri di ricerca polare di tutto il mondo, ha potuto studiare contemporaneamente sia progressi fatti dalle osservazioni che dalle simulazioni delle variazioni della massa delle calotte polari. Secondo Hanna, «Le stime della variazione della massa dei ghiacciai hanno cominciato a convergere nel corso dell’ultimo anno, anche se rimane ancora notevole incertezza riguardo l’attuale tasso di variazione di massa per la calotta antartica. Riteniamo che il contributo attuale all’ innalzamento del livello marino globale dalla calotta antartica potrebbe essere solo la metà di quello riportato solo un anno o due anni fa in alcuni importanti studi precedenti. Confermiamo anche i risultati precedenti che suggeriscono una maggiore perdita di accelerazione di massa, del doppio del tasso dell’Antartide, dalla calotta glaciale della Groenlandia».
Il livello globale del mare sta crescendo ad un tasso di poco più di 3 millimetri all’anno, a causa sia dello scioglimento dei ghiacci che dell’espansione dell’acqua marina provocata dal global warming. Ma i ricercatori hanno anche scoperto che i futuri aumenti di perdita di massa della calotta della Groenlandia e dell’Ice Sheet dell’Antartide occidentale rischiano di aumentare in modo significativo il tasso globale di innalzamento del livello del mare, mentre i cambiamenti della calotta della Groenlandia daranno un contributo sempre più dominante.
Pippa Whitehouse, del dipartimento di geografia dell’università di Durham, ha studiato come le masse terrestri reagiscono al cambiamento di peso delle calotte polari, attualmente le sue ricerche si concentrano sull’Antartide ed ha spiegato che «Il mio contributo particolare è quello di studiare i cambiamenti passati nelle calotte di ghiaccio e stimare la reazione in corso sulla Terra a questi cambiamenti, in genere in termini sollevamento del terreno. L’ Antarctic Ice Sheet era molto più grande durante l’ultima era glaciale, e questa massa in più è stata sufficiente a spingere la superficie della terra in basso di diverse decine di metri. Quando il ghiaccio si è sciolto, la terra ha cominciato a risollevarsi. Ma questo rimbalzo non è istantaneo, continua per diverse migliaia di anni dopo che il ghiaccio è scomparso, come l’assestamento del contenuto di un barattolo di miele di assestamento dopo che se ne prende un grosso cucchiaio. Il segnale di sollevamento in corso a causa delle precedenti modifiche nelle banchise e calotte glaciali risulta essere molto simile al tipo di segnale che ci aspetteremmo in risposta agli attuali cambiamenti nell’ice-sheet, quindi il mio lavoro cerca di separare i segnali dovuti al cambiamento passato e presente nella calotta. La separazione di tali segnali è risultata essere fondamentale per conciliare diversi metodi di misurazione delle attuali modifiche nello strato di ghiaccio».
I climatologi non si nascondono che, nonostante i dati più accurati, rimane ancora una notevole incertezza nelle previsioni, anche perché le banchise polari mostrano una risposta complessa al cambiamento climatico, che solo ora sta diventando evidente attraverso l’utilizzo di migliori modelli di computer models.
L’articolo di Nature mostra come le incertezze dei metodi di modellazione siano stati ridotti grazie a una migliore comprensione teorica della fisica delle banchise e dai progressi fatti dalle tecniche di misurazione che fanno uso di radar, laser e di dati satellitari, che permettono agli scienziati di prevedere meglio l’impatto dei cambiamenti climatici sul bilancio di massa dei ghiacci galleggianti e sull’innalzamento del livello globale degli oceani. Molti di questi miglioramenti sono avvenuti dopo che il rapporto 2007 dell’Intergovernmental panel on climate change (Ipcc) dichiarò che la comprensione del comportamento delle banchise non era sufficiente a prevedere in modo attendibile l’evoluzione futura degli ice sheets in Antartide e Groenlandia.Slawek Tulaczyk, un professore di scienze della terra e planetarie dell’università di California di Santa Cruz che negli ultimi 20 anni ha studiato la fisica del movimento delle banchise dice che questi progressi tecnico-scientifici sono essenziali per capire il comportamento di ghiacci marini e calotte polari: «Dal rapporto Ipcc del 2007, il ritmo di miglioramento nel rappresentare i processi chiave delle banchise di ghiaccio con modelli numerici è stato davvero impressionante. Tuttavia, ci sono ancora gap significativi nella conoscenza e le ipotesi utilizzati per colmare queste lacune tendono a fare in modo che le simulazioni dei cambiamenti negli ice sheets siano relativamente lente nel tempo. Il pericolo è che questa tendenza potrebbe rendere difficile per i modelli di computer prevedere una forte accelerazione in futuro del contributo delle banchise al tasso di innalzamento del livello del mare».
Hanna conclude che lo studio pubblicato da Nature «Dovrebbe influenzare gli scienziati che lavorano in campi differenti, le organizzazioni che finanziano la ricerca ed i policymakers».
Un’altra ricerca sui ghiacciai montani di tutto il mondo, pubblicato su Science e che esclude proprio le calotte e le banchise di Groenlandia ed Antartide, si basa sulle osservazioni da due satelliti della Nasa ed ha contribuito a risolvere le differenze nelle stime su quanto i ghiacciai stiano scomparendo velocemente e contribuiscano all’innalzamento del livello del mare. Il nuovo studio, che ha coinvolto 16 ricercatori di 10 Paesi, ha trovato che i ghiacciai montani, depositari dell’1% di tutto il ghiaccio terra, durante il periodo di studio, dal 2003 al 2009, hanno perso una media di 259 miliardi di tonnellate di massa all’anno, facendo così salire il livello degli oceani di 0,7 mm all’anno. Secondo la Nasa «Questo è pari a circa il 30% dell’aumento globale totale osservato del livello del mare durante lo stesso periodo e corrisponde al contributo combinato al livello del mare a partire dagli ice sheets della Groenlandia e dell’Antartide».
Il leader del team di ricerca, Alex Gardner, della Clark University del Massachusetts, spiega: «Per la prima volta, siamo stati in grado di collegare molto precisamente quanto questi ghiacciai nel loro insieme contribuiscono all’innalzamento del livello del mare. Questi corpi glaciali più piccoli stanno attualmente perdendo all’incirca tanta massa quanto le calotte polari».
Secondo la nuova ricerca tutte le regioni glaciali tra il 2033 e il 2009 hanno subito perdite di massa, ma i cali più grandi dei ghiacciai si sono avuti nel Canada Artico, in Alaska, lungo la costa della Groenlandia, nelle Ande meridionali e nell’Himalaya. Invece i ghiacciai periferici dell’Antartide, piccoli corpi glaciali non collegati alla calotta di ghiaccio principale, hanno contribuito poco all’aumento del livello del mare.
Lo studio si basa su un’altra ricerca del 2012 che utilizzava solo i dati di Grace e che aveva trovato che il calo dei ghiacciai era inferiore alle stime ricavate dalle misurazioni terrestri. Le stime attuali prevedono che tutti i ghiacciai montani del mondo contengano abbastanza acqua da poter far aumentare il livello del mare di ben 60 centimetri. Per fare un confronto, l’intera calotta glaciale della Groenlandia, ha il potenziale per contribuire a far aumentare il livello del mare di ben 6 metri e la calotta antartica addirittura di circa 60 metri.
Tad Pfeffer, un glaciologo dell’università del Colorado Boulder, chiosa: «Dato che la massa globale di ghiaccio dei ghiacciai è relativamente piccola in confronto alle enormi distese di ghiaccio che coprono la Groenlandia e l’Antartide, le persone tendono a non preoccuparsi. Ma è come un piccolo secchio con un buco enorme sul fondo: non può rimanere acqua per molto tempo, appena un secolo o due, ma finché c’è ghiaccio in quei ghiacciai, è un importante contributo all’innalzamento del livello del mare».
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