Secondo un rapporto del gigante petrolifero russo Lukoil (la terza compagnia privata del mondo in termini di riserve accertate di idrocarburi) dedicato allo sviluppo del mercato mondiale degli idrocarburi fino al 2025, «Il consumo mondiale di petrolio aumenterà al ritmo dell’1,2% all’anno per raggiungere i 105 milioni di barili al giorno (mbd) entro il 2025». Per avere un riferimento l’Opec ha deciso poche settimane fa di mantenere stabile produzione a 30 mln di barili al giorno.
Il rapporto Lukoil dice che «Dal 2010 al 2025, il parco mondiale di veicoli automobilistici aumenterà di 670 milioni di unità, il che farà crescere il consumo di carburante di 9 milioni di barili al giorno su questo periodo». Ma Lukoil, che ha entrate annue superiori a 100 miliardi di dollari e un beneficio netto di 9 miliardi di dollari, assicura che la Russia continuerà ad essere protagonista di questo mercato: «Entro il 2025, la produzione di petrolio in Russia potrebbe aumentare al ritmo di 100 milioni di tonnellate, grazie alla valorizzazione di nuovi giacimenti». Ma il rapporto avverte che «Per prevenire il calo naturale della produzione, è indispensabile mettere in sfruttamento ogni anno tre o quattro giacimenti paragonabili a quello di Vankor, le cui riserve di petrolio superano i 524 milioni di barili e quelle di gas raggiungono circa 30 miliardi di m3».
Lukoil sa bene dove andare a cercare il nuovo petrolio con il quale la Russia disseterà le auto e le industrie del mondo: in uno dei posti più pericolosi e fragili del pianeta. «Se le modalità stabilite per autorizzare le compagnie a lavorare sulla piattaforma continentale artica saranno mantenute spiega la multinazionale russa la produzione di petrolio in questa regione raggiungerà circa 12 milioni di tonnellate entro il 2025».
Attualmente solo due società statali russe, Gazprom e Rosneft, hanno licenze che le autorizzano a sfruttare i giacimenti di idrocarburi sulla piattaforma continentale dell’Artico, che la Russia rivendica in gran parte, contestata dagli altri Paesi che si affacciano sull’Oceano Artico.
Intanto, il 21 giugno, l’amministratore delegato di Rosneft, Igor Setchin, e quello della China National Petroleum Corporation (Cnpc), Zhu Jiping, hanno firmato, alla presenza del presidente russo Vladimir Putin e del vice premier cinese Zhang Gaoli, un contratto a lungo termine per la fornitura di petrolio russo alla Cina. Il contratto fa parte di un accordo intergovernativo russo cinese concluso a marzo.
Tanto per capire dove andrà a finire il petrolio della piattaforma continentale artica rivendicata dalla Russia, Setchin ha detto che «Nel corso dei prossimi 25 anni, il gruppo Rosneft pensa di fornire alle Cina 360 milioni di tonnellate di petrolio per un ammontare di 270 milioni di dollari». Da qualunque parte la si tiri, la coperta petrolifera sembra comunque sempre più corta.
Umberto Mazzantini
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