Dopo oltre dieci mesi, l'Ilva ha ottenuto dal gip di Taranto Patrizia
Todisco la facolta' d'uso degli impianti dell'area a caldo sequestrati
il 26 luglio 2012 per inquinamento e disastro ambientale. Impianti che
invero non si erano mai fermati e nel possesso dei quali l'azienda era
stata gia' reimmessa sulla base della legge 231/2012, cosiddetta 'Salva
Ilva'. L'ordinanza scioglie la riserva del gennaio scorso quando erano
state sollevate questioni di legittimita' costituzionale sulla legge
231/2012, non ritenute poi valide dalla Consulta. Il provvedimento del
gip e' stato notificato dai carabinieri del Nucleo operativo ecologico
(Noe) di Lecce all'azienda e ai quattro custodi giudiziari (gli
ingegneri Barbara Valenzano, Emanuela Laterza e Claudio Lofrumento e il
commercialista Mario Tagarelli). Proprio ai custodi, che dovranno
avvalersi dei carabinieri del Noe, il gip ha disposto che ''mediante
accessi e sopralluoghi assidui, anche notturni, presso i siti in
sequestro, verifichino e documentino lo stato delle aree e degli
impianti sottoposti a vincolo cautelare'' e controllino ''la situazione
in atto riguardante le emissioni inquinanti degli stessi impianti ed il
relativo sistema di monitoraggio''. I custodi e i carabinieri dovranno
riferire ''puntualmente'' al giudice la situazione ''con relazioni
scritte almeno settimanali''.
Nel provvedimento il gip, richiamandosi a quanto affermato dalla Corte Costituzionale, sottolinea che la facolta' d'uso concessa ''potra' non essere (ulteriormente) consentita dall'autorita' giudiziaria'' nel caso in cui ''nel futuro vengano trasgredite le prescrizioni dell'Aia riesaminata''. Il giudice valuta peraltro negativamente l'eventualita' che siano concesse proroghe per adempiere alle prescrizioni dell'Aia. ''Non potrebbero essere concesse - scrive - senza realizzare un obiettivo sbilanciamento nella tutela dei diritti in gioco, a detrimento del diritto alla salute e all'ambiente salubre''.
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