Il mondo continua a confrontarsi con una minaccia di aumento medio
della temperatura globale di almeno 4°c rispetto all’epoca
preindustriale.
Innalzamento del livello del mare, incremento
di ondate di calore e periodi di siccità, alluvioni, tempeste e uragani
in aumento per frequenza e intensità. Complici le emissioni di gas
serra in costante aumento, gli effetti del riscaldamento globale si
stanno facendo sentire, mettendo a dura prova il pianeta. Secondo il Wwf
i governi e le aziende stanno rispondendo con colpevole lentezza. E
intanto, il mondo continua a confrontarsi con una minaccia di aumento
medio della temperatura globale di almeno 4°c rispetto all’epoca
preindustriale.
Il 5 giugno è l’occasione per fare il punto
sulle grandi emergenze con la Giornata Mondiale dell ’Ambiente promossa
dalle Nazioni Unite. L’obiettivo è sensibilizzare le persone sui
problemi ambientali e favorire l’attenzione e quindi l’azione dei
governi. I cambiamenti climatici, spiega all’Adnkronos Corrado Clini,
direttore generale del ministero dell’Ambiente, «cominciano a
manifestarsi seppur in modo non omogeneo in diverse aree del nostro
pianeta. Ci sono dei segnali che si accompagno anche ad eventi climatici
estremi con danni importanti e perciò la comunità scientifica
internazionale continua a richiamare con pia forza l’attenzione alla
comunità degli stati, e quindi delle istituzioni ad assumere impegni
urgenti». Dall’altro lato, aggiunge l’ex ministro, «le istituzioni, in
particolare gli Stati, stanno negoziando un accordo che dovrebbe essere
raggiunto entro il 2015 con una certa fatica e ancora con molte
divergenze». In attesa dell ’accordo, però, il vecchio continente può
già iniziare a lavorare a partire da due priorità: riduzione emissioni
di Co2 e cambiamento degli stili di vita.
Secondo Vittorio Cogliati Dezza, presidente di Legambiente, «l’Europa e l ’Italia devono lavorare su due leve. La prima è quella di ridurre rapidamente l’uso delle fonti fossili che sono le principali cause di emissioni di Co2 soprattutto in Italia. L’altra leva su cui lavorare è il cambiamento degli stili di vita, il risparmio energetico degli edifici e la rimodulazione della mobilità in città». Nel frattempo l’Italia deve fare i conti anche le proprie emergenze. Basti pensare che quasi la metà della popolazione italiana, 27 milioni di persone, è esposta a rischio sismico o idrogeologico. Il 13% del territorio nazionale è a rischio erosione e frane. Per risolvere e prevenire i disastri Clini ricorda di aver presentato al Cipe il piano nazionale per l’adattamento ai cambiamenti climatici e la prevenzione del rischio idrogeologico. « È un piano che prevede misure finalizzate da un lato a ridurre il rischio nelle zone più vulnerabili e dall’altro ad avviare, in modo programmato, interventi che nell' arco di 15 anni dovrebbero mettere in sicurezza il nostro territorio ». Mettere in sicurezza il nostro territorio costerebbe oltre 40 miliardi di euro. Una cifra importante ma è niente se si considera che, solo per riparare i danni del maltempo, spendiamo un milione di euro al giorno.
(La Stampa)
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