Non è facile vedere arabi ed ebrei stare assieme dalla stessa parte.
Eppure ieri coloni israeliani e residenti palestinesi hanno manifestato
congiuntamente per protestare contro la realizzazione di una nuova
discarica per rifiuti solidi urbani, finanziata dal Governo tedesco, nei
pressi di una riserva naturale nella zona C della Cisgiordania (West
Bank).
La Società per la Protezione della Natura in Israele
(SPNI) ha lanciato una battaglia contro la discarica di Rimonim, "arruolando" coloni ebraici e cittadini palestinesi, uniti dal fatto che
la discarica è una problematica ambientale, quindi non conosce confini
territoriali, deologici o religiosi.
Turbato dalla vulnerabile
localizzazione della discarica, questo insolito gruppo di manifestanti
ha intenzione di presentare un reclamo ufficiale alla sua costruzione
verso l'Alta Corte di Giustizia. Guidati da Roee Simon, coordinatore di
SPNI Giudea e Samaria, la lotta si è estesa ai rappresentanti della
tribù beduina locale Kaabene, ai villaggi palestinesi di Ramun e
Nu'eima, agli insediamenti israeliani di Mikhmas e Rimonim,
all'Associazione Comunale Ambientale della Giudea e la Samaria e al
Consiglio regionale Binyamin, che copre 44 insediamenti in Samaria
meridionale.
Poiché il progetto è stato ufficialmente pubblicato l'8 marzo, i cittadini hanno avuto 60 giorni di tempo per presentare obiezioni al piano, prima di un'udienza pubblica, ha spiegato un rappresentante della banca di sviluppo governativa tedesca, Kreditanstalt Fyr Wiederaufbau (KfW ), che finanzia il progetto. Quindi i termini sarebbero già scaduti per la via amministrativa, da cui il tentativo di ricorrere direttamente alla massima istanza d'appello del Paese.
La futura discarica è prevista vicino a Rimonim Junction, a pochi passi a nord della riserva naturale di Nahal Makoch nel Deserto di Giudea nord. Una riserva naturale che secondo i contestatori ha "caratteristiche uniche" per la sua posizione al confine della dorsale montuosa centrale e con la valle del Giordano.
Entro il letto del fiume presso la riserva sono presenti molte grotte con rare condizioni che permettono ai pipistrelli il letargo, spiegano dall'associazione SPNI. Ma il sito sarebbe particolarmente pregiato anche per la presenza di molte testimonianze archeologiche, legate alle vicende storiche di antenati religiosi a Gerusalemme e a Gerico. Quindi non solo gli ambientalisti temono impatti ambientali per le acque sotterranee e il torrente ma anche danni alla sacralità della riserva stessa.
Tuttavia, fino ad oggi nessuna manifestazione o protesta è stata organizzata per contestare le numerosissime discariche illegali presenti in tutta l'area e verso le quali sono indirizzati gli scarichi pirata di entrambe le comunità.
E che quella di ieri non si sia trattata di una protesta legata effettivamente alla protezione del bene comune lo si capisce meglio se andiamo ad analizzare a fondo la questione e vediamo che in ballo non ci sono solo questioni di impatti ambientali. Infatti, il pomo della discordia sembra essere più il fatto che nella nuova discarica potranno essere conferiti solo i rifiuti urbani dei palestinesi e non quelli dei coloni israeliani, anche perché si tratta di aiuti allo sviluppo e quindi legati ai soli territori occupati.
Attualmente ci sono solo quattro discariche autorizzate in Cisgiordania - di cui solo due possono assorbire rifiuti israeliani - per cui la "spazzatura" prodotta degli insediamenti di quest'area dovrà essere trasportata verso destinazioni lontane, a costi elevati.
Gli israeliani, pur ammettendo che la discarica verrebbe costruita secondo gli standard tedeschi, quindi con piene garanzie ambientali, poiché verrebbe donata all'Autorità Palestinese di Ramallah, nutrono forti dubbi semmai circa la reale capacità di questa di saperla gestire correttamente. "Se non riescono a gestirla bene, poi ci potrebbero essere problemi. La riserva naturale potrebbe venire danneggiata, come anche le specie animali presenti", ha detto infatti Roee Simon.
Per contro le autorità palestinesi la vedono diversamente. Husain Abuoun, direttore esecutivo dei servizi tecnici comunali, ha detto che la discarica fornirà occupazione ai residenti locali, con priorità per coloro che vivono a Ramun, in virtù della loro vicinanza al sito. Nella regione di Ramalllah-Al-Bireh ci sono 320.000 abitanti che generano 300 tonnellate di rifiuti al giorno, per cui la discarica sarà "un importante progetto internazionale per il popolo palestinese", ribadisce Abuoun "La struttura andrà inoltre a sostituire i 78 siti pirata di scarico della spazzatura presenti della regione, che sono molto pericolosi in quanto inquinano le acque sotterranee e l'ambiente circostante". Infine sottolinea come "La costruzione della discarica non compromette la zona vicina al progetto, e la zona è stata mai identificata da alcuna autorità come riserva naturale".
Avi Ro'eh, che è a capo del Consiglio delle Comunità ebraiche di Giudea, Samaria e nella Striscia di Gaza, è tra coloro che si oppongono con forza al progetto per ragioni pragmatiche: "I rifiuti degli insediamenti della regione Binyamin sono attualmente scaricati nella discarica Psagot, situata nell'area appena a est di Ramallah e sud di Al-Bireh. Sia Ramallah e il suo sobborgo di Al-Bireh, così come altri villaggi palestinesi, scaricano i loro rifiuti lì. Il governo israeliano, tuttavia, prevede di chiudere la discarica Psagot nel mese di agosto, una decisione che è stata sostenuta dalla High Court of Justice". Ora quindi i coloni saranno costretti a inviare i loro rifiuti presso siti israeliani più lontani, mentre i palestinesi potranno conferire i loro nella nuova e vicina discarica regalata dai tedeschi.
Aldo Ferretti
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