Un arcipelago che galleggia tra il Mar dei Sargassi, l ’Atlantico e
l’Oceano Indiano. Un nome, Garbage Patch State, una capitale,
Garblandia, e una bandiera: campo azzurro con cinque vortici rossi, che
simboleggiano le cinque isole di rifiuti che si sono accumulati sul
pianeta. E’ una nazione che non ha forma definita, né confini, ma è una
nazione (quasi) a tutti gli effetti dopo che l’Unesco con una cerimonia
nella sede di Parigi dell’organizzazione delle Nazioni Unite che si
occupa di scienza e cultura, lo ha ufficialmente riconosciuto.
L’evento/provocazione è stato presieduto da Irina Bokova e da Maurizio
Serra, rispettivamente direttrice generale e ambasciatore della
delegazione dell’Italia presso l’Unesco.Questo «Stato» è formato di
buste di plastica, tappi e altri infiniti rifiuti di questo tipo e
naturalmente non è calpestabile né visitabile. Lo si può solo
fotografare e si può monitorare il suo vagare inquinando i mari.
Come tutti gli stati che si rispettino, anche Garbage Patch ha i suoi artisti di riferimento. A ominciare da Maria Cristina Finucci, architetto e artista che con la collaborazione dell’Università di Venezia Ca' Foscari e con il patrocinio del Ministero dell’Ambiente, ha lanciato l’idea di celebrare questo continente fluttuante con una installazione fatta da migliaia di tappi di plastica colorati chiusi in sacchetti trasparenti. «Qualche anno fa fui colpita dalla notizia di un’isola fatta di rifiuti plastici, galleggiante nell ’oceano Pacifico, grande quanto il Texas e profonda trenta metri – spiega Finucci –. Decisi subito di visitarla. Dopo aver fatto una ricerca su internet però mi resi conto che le isole erano in realtà cinque e che non erano calpestabili come le avevo immaginate ».
«Quella prima immagine mi ha suggerito l’idea di dare l’avvio al progetto Wasteland, un grande mosaico formato da una serie di installazioni incatenate in un percorso di relazioni e comportamenti che si svolgeranno in un arco di tempo non inferiore ad un anno. L’opera consiste in ciò che nel suo complesso produce in termini sia di reazioni sia di coinvolgimento intellettuale ed emotivo nelle persone da cui il progetto trae il suo nutrimento. Ritengo che il sistema culturale, formativo e artistico debba farsi carico delle istanze per la sopravvivenza del pianeta, aiutando ad invertire la tendenza all’inquinamento e allo spreco globale. Il primo passo è stato quello di fondare il «Garbage Patch State», in considerazione del fatto che le isole di plastica, con la loro superficie totale di sedici milioni di chilometri quadrati, costituiscono un cambiamento nell’assetto geografico e geologico del pianeta, una realtà che non si potrà più a lungo ignorare».
L’opera sarà esposta alla Biennale di Venezia, dal 29 maggio al 24 novembre, all’Università Ca’ Foscari, eletta sede del padiglione del Garbage Patch State. A settembre un’altra performance della Finucci sarà allestita al Museo MAXXI di Roma. Per saperne di pi ù e seguire la “cronaca” del nuovo Stato http://www.garbagepatchstate.org; ma c’è anche un profilo facebook: https://www.facebook.com/pages/Garbage-Patch-State/476188872436898https://www.facebook.com/pages/Garbage-Patch-State/476188872436898
michela tedeschi
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