19/05/13

Ambiente di sana e robusta Costituzione: si comincia con la tutela della biodiversità

Domenica la Giornata delle Oasi del Wwf Italia

Domenica prossima, 19 maggio, torna la tradizionale href="http://www.wwf.it/oasi">Giornata delle Oasi del WWF Italia, nell'ambito della quale sono previste una serie di iniziative organizzate nell'intero sistema delle Oasi, che   costituiscono una sorta di ampio "parco diffuso" in tante aree  italiane e che coprono oltre 35.000 ettari. Collegata alla Giornata è già partita la campagna fondi dal 5 al 26 maggio (donando al 45506 via sms o chiamata) e l'iniziativa del WWF, presentata ufficialmente il 15 maggio scorso in conferenza stampa con il neo ministro  dell'Ambiente Andrea Orlando, per inserire l'ambiente tra i principi fondamentali nella nostra  Costituzione nell'articolo 9 (oltre al concetto di tutela del paesaggio e dei beni culturali) e per mettere il capitale naturale al centro delle nostre impostazioni economiche, come base essenziale per le nostre economie e per il nostro benessere, avviando finalmente una contabilità ecologica che  affianchi quella economica (seguendo le impostazioni del Sistema di contabilità ambientale ed  economica approvata lo scorso anno dalle Nazioni Unite - System of Environmental and Economic  Accounting SEEA).

La giornata delle Oasi, che anticipa di qualche giorno la href="http://www.cbd.int/">Giornata Mondiale della Biodiversità, che avrà luogo il 22 maggio prossimo, non può non farci riflettere sullo stato di salute dei nostri sistemi naturali e sulla crescente pressione che su di essi esercita il continuo e pressante intervento umano. L'IUCN (International Union for Conservation of Nature) l' autorevole organizzazione   internazionale, nata subito dopo la seconda guerra mondiale nel 1948, che presenta un singolare mix nei suoi membri che sono sia istituzioni scientifiche e governative (per esempio, per l'Italia, il  Ministero degli Esteri, il Ministero dell'Ambiente e il CNR), sia Organizzazioni Non Governative (NGOs) è molto famosa perché, da decenni. cura una Lista Rossa (la ben nota "Red List") delle specie di fauna e flora minacciate di estinzione nel mondo, ggiornata regolarmente insieme al   Programma Ambiente delle Nazioni Unite - UNEP con il href="http://www.unep-wcmc.org/">World Conservation Monitoring Centre.

Dal 2008 l'IUCN ha iniziato un importante processo per individuare criteri scientifici e validi per elaborare una Red List IUCN degli ecosistemi a rischio nel mondo.

Gli studiosi che elaborano le Red List delle specie minacciate di estinzione hanno sempre aggiornato le categorie nelle quali ascrivere le diverse specie a seconda del loro status di conservazione. href="https://www.iucn.org/knowledge/publications_doc/publications/?uPubsID=4821"&gthttps://www.iucn.org/knowledge/publications_doc/publications/?uPubsID=4821%22%3ELe%20revisioni;Le revisioni ultime prevedono le seguenti categorie:

1. Estinto (EX, Extinct): taxon per il quale è certo che l'ultimo individuo è deceduto; accurate e ripetute ricerche nell'areale in cui la specie era sicuramente presente hanno dimostrato che non vi è più alcun individuo in vita.

2. Estinto in natura (EW, Extinct in the Wild): taxon esistente soltanto in coltivazioni (piante), in cattività (animali), oppure con popolazioni naturalizzate che si trovano al di fuori dell'areale   originario. In seguito a ripetute ricerche non è stato trovato alcun individuo nelle località dove era certa la presenza storica del taxon.

3. Gravemente minacciato (CR, Critically Endangered): taxon ad altissimo rischio di estinzione nel futuro immediato. Rientrano in questa categoria le specie e i taxa inferiori per i quali è stata osservata di recente una forte riduzione della dimensione della popolazione o una rapida contrazione dell'areale, oppure le cui popolazioni sono formate da pochissimi individui o hanno una bassissima probabilità di persistere nell'immediato futuro.

4. Minacciato (EN, Endangered): taxon ad alto rischio di estinzione in natura nel futuro prossimo e che può diventare gravemente minacciato.

5. Vulnerabile (VU, Vulnerable): taxon ad alto rischio di estinzione in natura a medio-lungo termine e che può diventare minacciato.

6. Quasi a rischio (NT,
Near Threatened): il taxon non è attualmente a rischio, ma potrebbe in futuro rientrare nella categoria "vulnerabile".

7. A rischio minimo (LC, Least Concern):
il taxon non è a rischio né è prossimo a diventarlo;
rientrano in questa categoria le specie gli altri taxa ad ampia diffusione e non soggetti ad alcuna minaccia.

8. Dati insufficienti
(DD, Data Deficient): taxon per il quale le informazioni disponibili non consentono di valutare il grado di rischio. Un taxon può anche essere ben conosciuto dal punto di vista biologico ed ecologico, ma se mancano dati sulla sua distribuzione e sul suo stato di conservazione deve essere inserito in questa categoria. Questa non è quindi una categoria di grado di rischio.

9. Non valutato
(NE, Not Evaluated): taxon che non è stato valutato secondo i criteri IUCN.

Come ricordavo sopra dal 2008 l'IUCN ha iniziato un importante processo per individuare criteri scientifici e validi per elaborare una Red List IUCN degli ecosistemi a rischio.


Sulla nota rivista scientifica "PLOS ONE" (nel numero 5 del volume 8 del maggio 2013) è stato  pubblicato un interessantissimo articolo prodotto da ben 34 studiosi
(tra i quali, unico italiano,  Alberto Basset, ecologo dell'Università del Salento a Lecce) dal titolo "Scientific Foundations for an IUCN Red List of Ecosystems", primo autore David Keith dell'Università del New South Wales di Sidney, in Australia.

Questo lavoro presenta un nuovo modello concettuale per un assessment degli ecosistemi a rischio basati sulla sintesi delle più rilevanti teorie ecologiche. Tale modello identifica quattro livelli di sintomi degli ecosistemi a rischio, relativi alla distribuzione ed alle funzioni ecosistemiche, come base per individuare i criteri di assessment: i tassi di declino nella distribuzione degli ecosistemi, la distribuzione ristretta che presenta continui livelli di declino e di minaccia, i tassi di degrado  ambientale e abiotico e i tassi di distruzione dei processi biotici. A questi si aggiunge un quinto livello di sintomo, costituito dalle stime quantitative del rischio di collasso ecosistemico, capace di integrare gli assessment di processi multipli e provvedere ad un ancora concettuale per gli altri criteri.

Uno dei primi tentativi per ragionare su una Lista Rossa degli ambienti naturali a rischio è stato prodotto dal team dei biologi della conservazione del Conservation Science Department del WWF USA nel volume curato da Wikramanayake E. et al:, 2003, Terrestrial Ecoregion of the Indo-Pacific, Island Press.

Questi studiosi hanno provato ad applicare le categorie che già si utilizzano per indicare lo stato di salute delle singole specie viventi nella Red List IUCN, e che sono frutto di un'ampia riflessione della comunità scientifica, allo stato di salute degli habitat.

Le categorie proposte in quel volume sono le seguenti:


1. Habitat estinto. Non restano comunità riconducibili agli ecosistemi originali. Alcuni biota possono permanere, ma solo in comunità o paesaggi fortemente modificati. Non esistono opportunità di ripristinare le originali comunità naturali a causa delle condizioni fisiche alterate in modo  permanente, della perdita dei pool delle specie autoctone, dell'alterazione dei processi ecologici naturali o delle impossibilità di controllare o eradicare le specie aliene.

2. Habitat critico. Gli habitat intatti rimanenti sono ridotti o isolati in piccoli frammenti con la scarsa possibilità di persistere nei prossimi cinque o dieci anni senza un'immediata attività di ripristino e protezione. Molte specie sono già estinte per la perdita di habitat idoneo. I frammenti rimanenti non assicurano i requisiti minimi per mantenere le popolazioni di molte specie e i processi ecologici. L'uso del suolo nelle aree tra i frammenti rimanenti è spesso incompatibile con il mantenimento della maggior parte delle specie e delle comunità originarie. La diffusione di specie aliene è un serio problema ecologico, in particolare nelle isole. I predatori all'apice delle catene alimentari sono, o stanno per essere quasi del tutto, estinti.

3. Habitat in pericolo.
Gli habitat intatti rimanenti sono limitati a frammenti isolati di diversa dimensione (persistono comunque ancora ampi blocchi) con una media o bassa probabilità di persistenza nei prossimi 10 o 15 anni sena un'immediata e intensa attività di ripristino e protezione. Alcune specie sono già estinte per la perdita di habitat idoneo. I frammenti rimanenti potrebbero non assicurare i requisiti minimi per mantenere le popolazioni di molte specie e i processi ecologici a larga scala. L'uso del suolo nelle aree tra i frammenti rimanenti è ampiamente incompatibile con il mantenimento della maggior parte delle specie e delle comunità originarie. I predatori all'apice delle catene alimentari sono quasi estinti.

4. Habitat vulnerabile. Gli habitat rimanenti sono presenti in blocchi che variano da grandi a piccole dimensioni; in molte aree probabilmente persisteranno nei prossimi 15 o 20 anni, specialmente se oggetto di un'adeguata protezione e un moderato ripristino. In molte aree, alcune specie sensibili o oggetto di sfruttamento, particolarmente i predatori all'apice delle catene alimentari, i grandi primati, le specie oggetto di interventi venatori sono estinte o in declino. L'uso del suolo nelle aree tra i frammenti rimanenti è a volte incompatibile con il mantenimento della maggior parte delle specie e delle comunità originarie.

5. Habitat relativamente stabile. Le comunità naturali sono state alterate in alcune aree, causando locali declini delle popolazioni animali e vegetali sfruttate e l'interruzione dei processi degli ecosistemi. Queste aree disturbate possono essere estese, ma sono istribuite a mosaico in un contesto ancora di habitat intatti. Le connessioni ecologiche tra i blocchi di habitat intatti sono ampiamente funzionanti. Le specie che sono sensibili alle attività umane, come i predatori all'apice delle catene alimentari, i grandi primati, gli uccelli terrestri, sono presenti, ma con densità più basse rispetto ai livelli di variazione naturale delle popolazioni.

6. Habitat relativamente intatto. Le comunità naturali in un'ecoregione sono ampiamente intatte con la presenza di specie, popolazioni e processi degli ecosistemi presenti entro i livelli di variazione naturale. Le specie che sono sensibili alle attività umane, come i predatori all'apice delle catene alimentari, i grandi primati, gli uccelli terrestri, sono presenti con densità entro i livelli di variazione naturale delle popolazioni. Le specie si muovono e si disperdono in modo naturale nell'ecoregione. I processi ecologici fluttuano naturalmente attraversando habitat contigui di ampia estensione.

E' evidente che dobbiamo sempre di più monitorare lo stato di salute di quella "scorza" del pianeta (la biosfera) dove ha luogo la vita e la nostra esistenza come specie ma, nello stesso tempo, non  possiamo più perdere tempo per agire concretamente e salvare il meraviglioso capitale naturale che ci garantisce sviluppo e benessere.

Gianfranco Bologna

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