L’austerità del governo Monti fa saltare i conti pubblici e mette a rischio anche le pensioni Inps che avrebbe voluto salvare
Arriva dalla Corte dei conti l'ultima mazzata al governo Monti, che solo da pochi giorni ha passato il testimone al suo successore Enrico Letta. Secondo la relazione che la Corte dei conti ha illustrato al parlamento, le leggi di spesa pubblicate negli ultimi quattro mesi dal governo dei professori assomigliano molto a un colabrodo. Una volta morto, chiunque diventa un santo. L'esecutivo Monti non sembra però seguire la stessa sorte, tanto che anche il Sole24Ore riassume si tratta di un «rosario di norme e normette prive di copertura e stimate approssimativamente, o addirittura nemmeno stimate - riassume il Sole24Ore -, spesso inserite più o meno di soppiatto in maxi emendamenti corredati di voto di fiducia perfino aggirando i veti dell'Economia, della Ragioneria o delle commissioni Bilancio di Camera e Senato».
Quello che doveva essere il governo dei professori - algido ma pragmatico e lontano dai vezzi e dalla confusione cui la politica italiana ci ha ormai abituato - cade proprio sul rigore dei conti, il suo cavallo di battaglia. Ma c'è di più. Secondo l'allarme lanciato dai professionisti dei calcoli previdenziali in vista delle Giornate nazionali della previdenza, il sistema pensionistico «non può essere considerato finanziariamente sostenibile». La posizione degli attuari, spiegata dal quotidiano di Confindustria, è che la riforma Monti-Fornero non elimina «le problematiche legate alla diminuzione del tasso d'occupazione e alla possibile riduzione dei redditi a fronte di un aumento del costo delle pensioni per l'allungamento della vita media».
C'è solo da immaginare che ne pensa il presidente dell'Inps, Antonio Mastrapasqua, che appena l'anno scorso dichiarava all'Ansa «I numeri confermano che il sistema è in sicurezza. Le riforme fatte stanno dispiegando i loro effetti con risultati positivi sulla finanza pubblica». Adesso, gli attuari affermano il contrario, ed è rapido il nesso alle crescenti pressioni per la diffusione di fondi pensione integrativi (e privati). In realtà, si tratta soltanto dell'ennesima conferma di quanto sia non solo inutile, ma anche dannosa, la purga della vuota austerità che l'Europa continua a sorbirsi sotto l'ideologia dei paesi filo-tedeschi, sperando invano che il mal di pancia della crisi passi. Ottenendo soltanto, invece, di peggiorare ulteriormente i conti pubblici, che colano a picco insieme all'economia mantenuta in recessione. Allo stesso modo, il prolungamento dell'età pensionabile non è la soluzione ai conti dell'Inps - e nemmeno quello alla vecchiaia degli italiani. Aggrava anzi la precondizione stessa per il pagamento delle pensioni, ossia l'entrata nel mercato del lavoro di forza lavoro fresca che, insieme al proprio reddito, possa creare le risorse economiche per pagare le pensioni ai propri padri.
Da questo punto di vista rimane dunque interessante la proposta d'introdurre la staffetta generazionale, «un esame - scrive il Corriere della Sera - che partirà da un disegno di legge già pronto, sul quale lo stesso Letta ha messo gli occhi, e presentato da Giorgio Santini, ex segretario aggiunto Cisl ora senatore del Pd». Con la staffetta, un lavoratore anziano (a parità di contributi pensionistici) accetta un part-time per far entrare in azienda un giovane a tempo indeterminato a cui fare da tutor. Una strategia con del potenziale per rilanciare specialmente l'occupazione femminile, da sempre attenta al part-time.
Ma un'azione di respiro complessivo e dall'impatto immediato, date le condizioni macroeconomiche attuali, al momento rimane soltanto la creazione diretta di lavoro da parte dello Stato. Quell'Agenzia per l'occupazione illustrata dal sociologo Luciano Gallino sulle nostre pagine, che avrebbe le porte spalancate in Parlamento (è o non è l'emergenza lavoro, quella su cui a parole si sperticano tutti i partiti).
Questa manovra di lavoro minimo, indirizzata sulla mitigazione del rischio idrogeologico, sulla tutela del territorio, sulla valorizzazione del patrimonio pubblico e la cura del tessuto sociale, darebbe lavoro utile per un'economia più sostenibile, reddito e speranza per tanti italiani. Senza essere un costo reale per lo Stato, divenendo immediatamente nuova ricchezza in circolo. «Ipotizzando una cifra pari a 25mila euro a occupato - ha spiegato Gallino - per un milione di disoccupati avremmo un totale di 25 miliardi». L'1,5% del Pil italiano, quando solo rimediando agli sprechi della spesa pubblica per appalti potremmo recuperane il doppio, 50 miliardi di euro. Su tali e piccoli numeri (per il bilancio di uno Stato come l'Italia) balla il destino di tanti concittadini.
Luca Aterini
Nessun commento:
Posta un commento