Siamo ormai al conto alla rovescia. Riva Fire, la capogruppo della famiglia Riva, annuncia che «sono a rischio 20.000 posti di lavoro» dei dipendenti diretti e altrettanti di indiretti, «ed è fortemente compromesso l’iter per l’approvazione del piano industriale 2013-2018». Il presidente dell’Ilva spa, Bruno Ferrante, e l’ad Enrico Bondi, dimissionari, incontrano al ministero per lo Sviluppo economico ministri e sottosegretari e denunciano che il sequestro degli 8,1 miliardi equivalenti rende impossibile la produzione e il risanamento degli impianti.
In fabbrica a Taranto, siamo alla vigilia di forti tensioni provocate dalla protesta del quadro dirigente intermedio che non si sente più garantito economicamente - essendo dipendenti della Riva Fire - e con le spalle coperte, temendo di finire sotto inchiesta della procura di Taranto. Carte di credito bloccate, impossibilità di pagare trasferte, pranzi. E si dimettono pure una trentina tra capi reparto e capi squadra. Insomma, siamo allo sbando. La riunione di ieri convocata dal ministro allo Sviluppo economico, Flavio Zanonato, doveva servire per istruire la «pratica» Ilva che si discuterà oggi a Palazzo Chigi. Il premier Enrico Letta e il governo incontreranno le parti sociali. A un certo punto l’incontro è proseguito senza la delegazione dell’Ilva. Mentre Zanonato, il ministro per l’Ambiente, Andrea Orlando, il governatore Nichi Vendola, il sindaco di Taranto Ippazio Stefano, viceministri e sottosegretari continuavano la discussione, da Taranto, dal Garante per l’attuazione dell’Autorizzazione integrata ambientale (Aia), Vitaliano Esposito (ex procuratore generale della Cassazione), è arrivato un segnale di cambiamento di rotta. «Sono molto preoccupato per la tensione che si respira - dice il Garante - Invito tutti alla calma. Ai sindacati ho detto che siamo di fronte a gravi inadempienze da parte dell’azienda nell’attuazione dell’Aia ».
Le prescrizioni non attuate sono una decina, la più grave è la mancata copertura del treno nastri; e adesso, annuncia Esposito, «si passerà alla fase sanzionatoria di competenza del prefetto». E’ nei fatti l’anticamera del commissariamento. Esposito mette in risalto «la convergenza del provvedimento giudiziario con la filosofia della legge che stabilisce che l’Ilva deve applicare gli adempimenti dell’Aia».
Il garante, l’ex procuratore generale della Cassazione Esposito invita ad aspettare la nuova relazione trimestrale dell’Ispra, che dovrebbe essere consegnata il 7 giugno, sullo stato dell’arte della messa in sicurezza degli impianti. Una relazione che si annuncia fortemente negativa per l’Ilva. Già un dossier del ministero dell’Ambiente, ieri sul tavolo del ministro Andrea Orlando, evidenzia «le inadempienze dell’Ilva e le sue criticità molto forti». Esplicito ieri il governatore della Puglia, Nichi Vendola: «Di fronte alle inadempienze dell’Ilva si deve procedere alla sua messa in amministrazione straordinaria».
E dire che la legge 231 del 24 dicembre del 2012 andava incontro alle esigenze della grande fabbrica, stabilendo una moratoria di 36 mesi entro i quali continuare a produrre e vendere acciaio, mentre procedevano i lavori per mettere a norma gli impianti. Uno schema per nulla apprezzato dalla magistratura tarantina che ha sollevato prima il conflitto di attribuzione e poi l’incostituzionalità della legge davanti alla Consulta che, invece, ha legittimato la legge.
La situazione sta precipitando. Sul tavolo del governo ci sono due opzioni: contestare le inadempienze nella applicazione dell’Aia, e quindi arrivare al commissariamento dell’Ilva spa, o sfruttare la legge sullo stato di crisi delle aziende in fase di pre fallimento e nominare il commissario. Sarà decisiva la scadenza del 12 giugno quando la Commissione Europea varerà il Piano dell’acciaio, che dovrebbe prevedere un prestito di 3 miliardi di euro: risorse decisive per l’attuazione dell’Aia.
GUIDO RUOTOLO
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