Il gip Patrizia Todisco ha esaminato le relazioni tecniche e le
azioni dell'azienda; l'atto d'accusa in 46 pagine. E Ferrante è indagato
Hanno
inquinato. E hanno continuato a farlo anche nei mesi scorsi,
avvelenando aria e mare. Hanno inquinato e hanno incassato, nascosto
miliardi di euro giocando sulla salute dei tarantini. Non hanno messo a
norma le attrezzature e anche per questo motivo tre operai sono morti
nell'ultimo anno e mezzo. Accuse gravissime quelle che il gip di Taranto
Patrizia Todisco mette nero su bianco nelle 46 pagine di provvedimento
con il quale ha dato disposizione alla Guardia di Finanza di sequestrare otto miliardi e cento milioni di euro di beni della famiglia Riva.
Tracciando, tra le altre cose, anche un filo di collegamento tra la
vecchia gestione (nelle mani interamente della famiglia Riva) e quella
nuova, con il prefetto Bruno Ferrante scelto nel ruolo di presidente
garante dell'azienda e oggi nella veste di indagato.
LE CRITICHE ALL'AIA
Il giudice parte del presupposto che ieri come oggi l'Ilva abbia disatteso gli impegni presi con governo ed enti locali. Lo faceva l'Ilva di Riva. E lo farebbe l'Ilva di Ferrante. "Non si ha evidenza - scrive - di alcuna iniziativa intrapresa dalla società per ottemperare alle disposizioni prima impartite dai custodi e poi, in parte, confermate dall'Aia del 2012". Un provvedimento che non piace alla Todisco perché, spiega, "non prevede alcuna pianificazione economico-finanziaria dei predetti interventi. Motivo per cui lo stesso, allo stato attuale, oltre a non risultare congruo in termini temporali (sono previsti tempi estremamente lunghi in considerazione dell'attualissimo problema sanitario-ambientale) non dà alcuna garanzia di realizzazione, non avendo la società, allo stato e per quanto espresso, disponibile una adeguata copertura economica". Una situazione le cui responsabilità sono da rintracciarsi anche negli atti e nelle decisioni politiche. "Non può essere sfuggito che il legislatore ha inteso rimettere l'Ilva in possesso degli impianti sottoposti a sequestro preventivo ed assicurarle la prosecuzione dell'attività produttiva". Un'intenzione portata avanti "senza esigere dalla stessa la presentazione di adeguate garanzie finanziarie a sostegno sia del piano di investimenti previsto dall'Aia, sia del pagamento delle eventuali sanzioni amministrative pecuniarie di, e senza che sia stato presentato dalla società il prescritto piano di dismissione dell'impianto e ripristino ambientale".
LA RESPONSABILITÀ DI NESSUNO
Di chi è la colpa se le cose non vengono eseguite? E' questo un altro dei punti fondamentali alla base del sequestro effettuato dal gip. Scrive il procuratore Franco Sebastio, insieme con i sostituti Mariano Buccoliero e Giovanna Cannarile: "Con specifico riferimento agli aspetti di tutela ambientale, il modello organizzativo e gestionale adottato dalla direzione di stabilimento, in relazione all'estensione dei poteri delegati ai singoli responsabili d'area ai fini dell'attuazione degli interventi previsti dall'Aia, di fatto, non garantiva e non garantisce la sussistenza di una struttura organizzativa tale da individuare ruoli, compiti e responsabilità di ciascuna figura aziendale che permetta di individuare le attività nel cui ambito possono essere commessi reati".
I MORTI SUL LAVORO
Proprio la "mancata attuazione di un modello organizzativo e gestionale adeguato rispetto alla complessità aziendale" scrive il giudice a pagina 20 del provvedimento, "ha rapresentato una concausa non trascurabile in relazione agli infortuni occorsi negli ultimi mesi che hanno comportato lesioni gravissime di un lavoratore ed il decesso di altri tre operatori, tutti impegnati nello svolgimento delle proprie attività lavorative, svolte in assenza di adeguate istruzioni operative e di misure tecniche atte a prevenire e ridurre i rischi per la salute e la sicurezza degli stessi". Un'accusa spietata, che si riferisce alla morte dei 29enni Claudio Marsella, (30 ottobre 2012) e Francesco Zaccaria (28 novembre 2012) e del 42enne Ciro Moccia (28 febbraio 2013).
IL NUOVO INQUINAMENTO
Il 12 marzo del 2012 i custodi giudiziari depositano in Procura una nuova relazione con la quale "hanno illustrato - ricostruisce il giudice nel decreto di sequestro - anzitutto gli esiti dei controlli ambientali svolti dall'Arpa, con prelievi e formazione di campioni nelle acque di Taranto, al fine di procedere ai controlli analitici finalizzati ad accertare l'eventuale presenza di diossine, furani e policlorobifenili, Idrocarburi policiclici aromatici (IPA) e metalli pesanti". Bene, la relazione è molto chiara: si parla di un "superamento dei valori delle concentrazioni soglia di contaminazione" da parte di inquinanti di origine certamente siderurgica. "Inoltre - aggiunge l'Arpa - si fa presente che allo stato attuale non risultano intraprese attività di messa in sicurezza d'emergenza". In sostanza, dice l'Arpa, si sta inquinando come sempre. E più del solito. Senza prendere alcun tipo di contromisura.
GIULIANO FOSCHINI
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