24/05/13
Il clima cambia le città. A Venezia la Conferenza internazionale dell'adattamento climatico
Inu: «La fragilità idrogeologica del nostro Paese richiede iniziative diffuse e celeri di manutenzione del territorio»
Oggi e domani a Venezia si tiene la prima conferenza internazionale conferenza internazionale sul clima e le città, promossa dall'Università Iuav e da Legambiente, che affronta il tema della dimensione dei cambiamenti climatici e della consapevolezza della necessità di doverli affrontare con strumenti di intervento nuovi e specifiche risorse relative alla dimensione urbana. Alla conferenza, alla quale partecipano relatori europei e americani, ricercatori e amministratori locali, sono state illustrate ricerche e studi che da New York a Stoccarda dimostrano i problemi degli impatti dei cambiamenti climatici e le strategie per far loro fronte, e gli studi per comprendere cosa potrebbe succedere nel centro di Roma piuttosto che di Napoli o Milano se, come previsto dall'Ipcc, la temperatura media continuerà a salire nei prossimi anni con conseguente aumento degli effetti climatici estremi.
I primi dati che emergono sono preoccupanti: «Le città sono sempre più calde. Negli ultimi 30 anni si è verificato un incremento delle temperature medie in tutte le grandi città italiane con un aumento record nell'ultimo decennio. La temperatura rilevata nei centri urbani, inoltre, risulta sempre più elevata di quella rilevata in aree meno urbanizzate (gli aeroporti cittadini nello specifico) con differenze fino a 3 gradi dovuti all'effetto isola di calore, ossia all'aumento della temperatura dovuto all'asfalto e al cemento che catturano le radiazioni solari, oltre che dal calore prodotto da impianti energetici e scarichi dei veicoli. Le temperature estive nel corso dello scorso anno in nove città italiane, sono risultate sempre superiori ai valori medi trentennali fino al 1961 confermando l'aumento delle anomalie nelle temperature come già avvenuto nel 2003 e nel 2007».
Anche le piogge sono maggiormente concentrate e intense che nel passato, intervallate da periodi di siccità più lunghi. Secondo un dossier presentato oggi da Legambiente, «I dati evidenziano come in Italia stia aumentando la frequenza di fenomeni estremi violenti come trombe d'aria e alluvioni che sempre più spesso fanno registrare danni ingentissimi e vittime perché aggravati da decisioni scellerate di trasformazione del territorio e degli ecosistemi (fiumi intubati, aree urbane completamente impermeabilizzate, edifici realizzati in aree a rischio idrogeologico, inadeguatezza della rete di convogliamento delle acque piovane ecc.).
La risposta a impatti di questa dimensione, che in assenza di una inversione nella curva delle emissioni di gas serra rischiano addirittura di accelerare nei prossimi decenni, chiama quindi in causa i governi locali e le politiche. L'Unione Europea ha infatti definito una strategia per l'adattamento ai cambiamenti climatici che tutti i Paesi sono chiamati a seguire e in molte città europee e degli Stati Uniti sono stati definiti nuovi strumenti di pianificazione e intervento che hanno al centro il tema del l'adattamento ai cambiamenti climatici. Capire i rischi e gli impatti legati ai cambiamenti climatici nel territorio, con specifica attenzione alle urbane, è dunque oggi una priorità».
Il presidente di Legambiente, Vittorio Cogliati Dezza, ha sottolineato che «Il tema dell'adattamento ai cambiamenti climatici deve entrare urgentemente nell'agenda politica nazionale e del governo delle città. L'impatto devastante di piogge intense, alluvioni, esondazioni ci ricorda la fragilità del nostro Paese e l'impellenza di far diventare la sicurezza e la manutenzione del territorio una priorità di azione del nuovo Governo. Auspichiamo che si arrivi quanto prima alla definizione e approvazione di un Piano nazionale di adattamento al clima, come previsto dall'Unione Europea, con una specifica attenzione alle questioni urbane. E' fondamentale, infatti, individuare obiettivi, progetti e risorse per intervenire nelle aree più a rischio e riqualificare anche i quartieri dove invece il pericolo viene dall'effetto "isola di calore", ossia dall'innalzamento delle temperature legato all'asfalto e al cemento che può avere effetti drammatici su alcune fasce della popolazione durante i picchi di calore».
Tra gli studi presentati, quello realizzato in collaborazione con Legambiente dall'Osservatorio meteorologico di Milano Duomo, ha analizzato i cambiamenti e gli aumenti delle temperature dal 1961 ad oggi a Torino, Milano, Trieste, Bologna, Firenze, Roma, Napoli, Bari, Palermo, valutando anche gli effetti critici dal punto di vista energetico (con maggiori consumi per la climatizzazione) e dal punto di vista della salute, per la maggiore frequenza di picchi di calore nelle ore diurne, temperature calde anche nelle ore serali e disagio termico per l'afa e l'umidità. «Un esempio - spiegano gli ambientalisti - è l'aumento della mortalità avvenuta nella caldissima estate del 2003 (secondo il Ministero della Salute superiore al 50% rispetto ai dati medi in alcune città italiane) e pur non esistendo ulteriori monitoraggi, è evidente che l'aumento della frequenza dei picchi di calore sta determinando in intere zone urbane del nostro Paese condizioni di vita sempre più difficili, in particolare per le persone in età avanzata e per chi soffre di malattie croniche». Uno studio specifico su Milano ha evidenziato che, dal 1961 ad oggi, «Il numero di giorni con temperature massime diurne superiori ai 35 gradi e minime notturne superiori ai 25 gradi si siano concentrate per oltre l'85% tra il 2001 e il 2012 evidenziando, ancora una volta, la necessità di affrontare il tema dei cambiamenti climatici e del loro impatto sulle città in modo innovativo e urgente».
La seconda indagine, elaborata dall'associazione del cigno verde, ha messo in evidenza la vulnerabilità delle città italiane rispetto ad eventi estremi di pioggia avvenuti negli ultimi anni: «Le tendenze previste dall'Ipcc come conseguenza dei cambiamenti climatici e cioè l'aumento di fenomeni estremi e violenti quali alluvioni e trombe d'aria, fanno già parte della cronaca quotidiana del nostro Paese». La ricerca ha analizzato, nello specifico, l'alluvione e le esondazioni del 4 novembre 2011 a Genova il, il nubifragio di Roma del 20 ottobre 2011, l'esondazione del Seveso a Milano del 18 settembre 2010, la straripamento dei fiumi e le frane a Messina dell'1 ottobre 2009, «Tutti eventi accomunati dalla caduta di enormi quantità di acqua in poche ore (a Messina la metà dell'acqua che cade nell'arco di un anno, a Genova 1/3) con conseguenti danni in termini di vite umane e economici rilevantissimi che potranno, nel futuro essere limitati grazie a nuove strategie di adattamento urbano da mettere in campo al più presto, a partire da nuovi e più attenti ragionamenti sulla trasformazione del territorio e degli ecosistemi».
Secondo il vicepresidente di Legambiente, Edoardo Zanchini, «L'accelerazione dei processi climatici impone dei cambiamenti nell'approccio a questi problemi, a partire dall'attenzione alle risorse idriche, ma anche nello studio degli impatti di questi cambiamenti sulla popolazione attraverso specifici studi epidemiologici. Per questo, il prossimo passo della collaborazione tra Legambiente e Università Iuav di Venezia, sarà la creazione di un Osservatorio sull'adattamento al clima nelle città italiane e del mediterraneo».
La Conferenza di Venezia è patrocinata anche dall'Istituto nazionale di urbanistica (Inu) e il presidente della sua commissione ambiente Stefano Pareglio ha detto: «L'Inu condivide le motivazioni e le finalità della conferenza. E' innegabile, infatti, che i cambiamenti climatici e il frequente susseguirsi di eventi meteorologici estremi, anche in Italia (gli eventi dei giorni scorsi ne sono l'ultima triste testimonianza) espongono a rischi maggiori soprattutto le aree più densamente urbanizzate. Occorre mettere rapidamente a punto strategie di adattamento e avviare interventi che limitino gli effetti del cambiamento in atto. Occasioni di confronto come quella di Venezia sono assai utili per scambiare esperienze, per favorire la riflessione disciplinare e per invocare una nuova cultura e pratica di governo del territorio. La rigenerazione delle risorse ambientali e la riqualificazione dell'esistente sono le priorità degli anni a venire, anche perché possono assicurare un importante dividendo economico e sociale».
Il presidente Inu, Federico Oliva Oliva, sottolinea che «l'Istituto è presente alla conferenza di Venezia perché è consapevole dell'importanza dei temi discussi. Lo stato di fragilità idrogeologica del nostro Paese richiede iniziative diffuse e celeri di manutenzione del territorio. Il cambiamento climatico rende ancora più manifesta questa urgenza. In particolare è prioritario contenere il consumo di suolo, perché l'impermeabilizzazione dei terreni aggrava criticità già evidenti. Questo e altri temi devono trovare spazio all'interno di una nuova legge nazionale sui principi del governo del territorio, per la quale l'Inu sollecita ormai da molto tempo il Parlamento».
Pubblicato da
Alessandro Bratti
alle
10:35
Etichette:
Ambiente,
Clima e Cambiamenti climatici,
Scienza e studi ambientali
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