Anna-Maija Nyman, Anita Hintermeister, Kristin Schirmer e il britannico
Roman Ashauer, dell'environment department dell'università di York, ha
scoperto che «Le api non sono le sole a patire la presenza di
nicotinoidi nell'ambiente. Questi insetticidi particolarmente solubili
nell'acqua sono pericolosi anche per gli organismi acquatici. Delle
deboli concentrazioni possono rivelarsi mortali».
E' la conferma
che la Commissione europea aveva ragione quando a fine aprile ha
ordinato una forte limitazione dell'utilizzo c dei composti m
neurotossici della famiglia dei nicotinoidi con una moratoria di due
anni. Subito dopo l'Ufficio federale svizzero dell'agricoltura (Ufag)
aveva annunciato la sospensione per due anni dell'autorizzazione
concessa per l'impiego di tre insetticidi per la concia di sementi di
colza e mais: «Tali insetticidi, appartenenti alla classe chimica dei
neonicotinoidi, sono stati oggetto di una valutazione seguita a una
pubblicazione dell'Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efs).
L'Ufag giunge alla conclusione che il margine di sicurezza è basso
benché tali prodotti, se utilizzati conformemente alle prescrizioni, non
costituiscano un rischio inaccettabile per le api. Lo scopo del periodo
di sospensione è mettere a punto tecniche che consentano di ridurre il
rischio per le api e di aumentare il margine di sicurezza».
Ma lo studio dell'Ewag pubblicato su PlosOne dimostra che i problemi ambientali e sanitari degli insetticidi neonicotinoidi vanno ben oltre le api e gli insetti impollinatori e che sono ugualmente tossici anche per gli invertebrati acquatici. L'insetticida neonicotinoide imidacloprid è una sostanza neurotossica che agisce specificamente sul sistema nervoso delle api e di altri insetti e lo studio dimostra che «Ha il potenziale di causare indirettamente letalità nelle popolazioni di invertebrati acquatici a basse concentrazioni sub-letali, compromettendo così i loro movimenti e le attività di alimentazione».
I biologi hanno esposto gli artropodi acquatici Gammarus Pulex, piccoli crostacei autoctoni, a concentrazioni elevate ma intermittenti e a concentrazioni deboli ma parmanenti di insetticida imidacloprid e spiegano che «I picchi di inquinamento si producono generalmente nei corsi d'acqua quando una parte delle sostanze solubili, ma poco biodegradabili sono coinvolte nel ruscellamento in seguito a delle piogge intervenute durante o subito dopo le applicazioni nei campi. Curiosamente, I picchi di breve durata - Massimo un giorno - colpiscono meno gli animali esposti delle concentrazioni molto più basse ma mantenute durante diversi giorni o più settimane. Mentre i gammari si rimettono abbastanza rapidamente da un'esposizione forte ma passeggera quando vengono rimessi nell'acqua pulita, muoiono di fame nel giro di due o tre settimane di esposizione cronica in seguito ad un'azione perturbatrice del prodotto neuro-tossico sulle loro funzioni motorie ed alimentari». Su Plos One si legge: «L'alimentazione del G. pulex così come il contenuto lipidico si sono significativamente ridotti sotto esposizione alla bassa concentrazione costante di imidacloprid (15 mg/l). Gli organismi non sono stati in grado di muoversi e di nutrirsi e questo ha causato un'elevata mortalità dopo 14 giorni di esposizione costante. Al contrario, l'alimentazione e il contenuto di lipidi non sono stati colpiti dagli impulsi ripetuti di imidacloprid». Quindi una lenta agonia provocata dagli effetti di una debole ma cronica esposizione ai nicotinoidi che non viene rilevata nei test di tossicità classici perché, come spiega il team elvetico-britannico «Non sono realizzati sulla durata di più settimane che sarebbe necessaria». Lo studio ha d'altronde rivelato che «La stagione in cui i gammari sono prelevati nei corsi d'acqua per gli esperimenti e l'ambiente nel avevano vissuto in precedenza possono avere una grande influenza sulla gravità degli effetti». A quanto pare «Il loro stato di salute iniziale e le loro riserve adipose influiscono fortemente sui risultati dei test».
Per evitare queste interferenze e determinare i processi che agiscono a complemento della perturbazione trofica sulla sopravvivenza dei Gammarus Pulex, i ricercatori dell' Eawag hanno sviluppato un modello matematico che permette di predire le concentrazioni e le durate di esposizione che sono pericolose per gli organismi studiati. Infatti hanno anche eseguito un esperimento sulla fame senza esposizione all'imidacloprid che «Ha dimostrato che la fame da sola non spiega la mortalità nell'esposizione costante all'imidacloprid. Utilizzando un approccio di modellazione "multiple stressor toxicokinetic-toxicodynamic" - concludono i ricercatori - abbiamo dimostrato che sia la fame che altri effetti tossici dell'imidacloprid svolgono un ruolo determinante per la mortalità con una costante esposizione all'insetticida».
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