Insulti e cori da stadio contro Dario Franceschini, a cena con Bratti vicino al Quirinale dopo l’elezione di Napolitano
«Il 90% di chi era a protestare non sa nemmeno chi sia Rodotà». Ore 22.15, Hostaria Romana, a due passi dal Quirinale. È qui che sabato sera Dario Franceschini e Alessandro Bratti, i due deputati ferraresi del Pd, stanno consumando la cena. È la sera della rielezione di Napolitano, dopo tre giorni di lotte intestine nel Pd che hanno spaccato una larga parte di consenso della base, impegnata in quelle stesse ore a protestare contro la mancata elezione di Stefano Rodotà, candidato del M5S. Ed è qui, nella trattoria scelta da Bratti, che Franceschini diventa bersaglio dei manifestanti diretti verso il Quirinale, coperto da insulti e aggredito verbalmente tra cori da stadio. Decine le telecamere accese. E il video fa il giro del web e delle televisioni. Franceschini, si direbbe che dopo Bersani lei sia diventato uno dei bersagli preferiti dei manifestanti. «Credo che chiunque fosse stato lì al posto mio avrebbe avuto lo stesso trattamento. E comunque io non ho mai parlato di aggressione, ma di insulti. Mi hanno dato del traditore. Ma di cosa? Credo che un conto sia essere contestati a un comizio, un altro nei modi dell’altra sera». Come sono andate le cose? «Si trattava della coda di un corteo di circa 600 persone. I primi non mi avevano visto, poi circa 200 mi hanno notato. Si sono messi attorno al locale, io mi sono affacciato, ho cercato di colloquiare con loro, volevano Rodotà come presidente. Io ho detto loro che io ero per Napolitano». Molti hanno contestato la rielezione di Napolitano grazie al voto di Berlusconi «È vero, abbiamo eletto Napolitano anche con i voti di Berlusconi. Ma è esattamente ciò che è avvenuto anche nel ‘99 con Ciampi». Un manifestante le ha chiesto “perchè non Rodotà”. Lei gli ha risposto ad un orecchio. Cosa gli ha detto? «È legittimo il loro sostegno a Rodotà. Io gli ho risposto semplicemente che preferivo Napolitano. Senza contare che Rodotà non avrebbe avuto i numeri. Ma ciò che mi preoccupa è il clima che si è creato». Ovvero? «Stiamo parlando di una contestazione per una elezione che ha ottenuto 700 voti in Parlamento. Ma basta scrivere una frase su un social per ottenere un messaggio di solidarietà a fronte di quaranta insulti». Segno di un Paese allo stremo? «Non confondiamo. Gli italiani sono un popolo di 60 milioni di persone, che hanno ben altri problemi a cui pensare. C’è un pezzo di loro che frequenta la rete e che in parte è aggressiva. Ma chi va sui social non rappresenta tutta l’Italia.
Questo è il meccanismo Casaleggio». E il Pd? Può ancora fare la propria parte? Sembra ormai allo sbando... «Mi sono impegnato direttamente per l’elezione di Prodi, contattandolo mentre era in Africa. Quel che è successo è inqualificabile. Bersani ha pagato per colpe non sue. Io mi sono impegnato perchè non si mandasse in fumo nel giro di pochi giorni un lavoro di anni. Se ci sono nodi politici si affrontano, se ci sono protagonismi si eliminano». Protagonismi. È ciò che è successo nella mancata elezione di Prodi? Chi sono stati i franchi tiratori? «Non mi infilo in nomi, ci sono problemi più urgenti. Siamo senza segretario e c’è un Paese che non può più aspettare». Qualcuno sospetta anche suoi sostenitori... «È proprio questa la logica dei franchi tiratori: creare sospetti su tutti». Adesso si spianerà la strada per il Governo? «Dopo due mesi, questa potrebbe essere la settimana buona. Ma sarà comunque una settimana difficile». Tornerà a cena in un locale consigliato da Bratti? «Direi che la prossima volta non seguirò il suo consiglio (ride, ndr)».
Evaristo Sparvieri
Nessun commento:
Posta un commento